martedì 2 settembre 2014

LA MALEFICA TIRANNIA DELLA LONLEY PLANET



  Io non vi parlerò delle montagne del Nepal, dell’Annapurna e delle lunghe scarpinate -vesciche- nelle foreste, delle grandi sanguisughe attaccate alle caviglie, della via del sale che collega l’India al Tibet con i suoi ripidi scalini di pietra; non vi racconterò delle vette innevate e delle scimmie, macachi per lo più, che si avventano sul turista sprovveduto, del mio impermeabile sempre, perennemente, bagnato e del raffreddore preso a tremila metri; non vi dirò delle persone, dei nepalesi, di un popolo che non ha niente ma il sorriso non gli manca mai; non vi narrerò delle cene a casa di sconosciuti, dei momo e dei noodles e del riso e dell’incenso sempre e ovunque; non vi parlerò dei tetti di Patan, dei monasteri, di Katmandu e del Boudhnath (i suoi occhi ti guardano, ti fissano ogni istante, scrutano dentro di te, nei meandri più nascosti dell’anima), di Bhaktapur e di Durbar Square, dei capricci erotici degli artisti, delle pose quasi pornografiche, del principio del piacere come atto religioso, di Thimi, la piccola Thimi, e dei suoi vasi seccati al sole e dei vecchi e delle mani callose e della fornace immensa fornace, del tempio di Changu Narayan e delle sue statue, dei naga, dei mostri terrificanti, degli squartamenti; non vi riferirò della marijuana che cresce libera sul ciglio della strada né delle comunità di tibetani e delle bandierine colorate, mantra ripetuti ossessivamente, dei mandala disegnati con cura da artigiani del pennello, delle cittadine newari e dei palazzi con le finestre in legno e delle persone che ci vivono, dentro i palazzi, e del buio nei palazzi e dell’elettricità che va via ogni due ore; non vi dirò della cucina e del mal di pancia e neanche dei sacrifici di animali in onore della terribile dea Kali (ho visto uomini, donne e bambini camminare su pavimenti di sangue galline sgozzate teste di capra); non vi parlerò della sanità che non esiste, dell’assenza di scuole pubbliche, degli ottanta euro al mese guadagnati da un nepalese medio.
  No.
Io vi parlerò della
MALEFICA TIRANNIA DELLA LONLEY PLANET
  La Malefica Tirannia della Lonley Planet (MTLP) colpisce i viaggiatori zaino in spalla, quelli «No Alpitour, ahi ahi ahi», coloro che prendono, fanno il biglietto e partono. Colpisce un po’ tutti quindi, almeno tutti quelli che hanno sotto i quaranta anni e che non vogliono il viaggio preconfezionato in un albergo di lusso o in un villaggio turistico. Colpisce giapponesi, italiani, americani, francesi, spagnoli, tedeschi, polacchi, australiani, thailandesi e così via. È una dittatura e quando viaggi (e chi viaggia, Amici & Amiche, lo sa) la guida preferita è proprio l’in/fallibile Lonley Planet. È uguale in tutto il mondo, la copertina è sempre la stessa e a suo favore c’è da dire che è molto resistente, sembra quasi la carta sia dotata di un ottimo sistema di impermeabilità che neanche la North Face made in Vietnam riesce ad eguagliare. Molti la chiamano La Bibbia, altri, più semplicemente, Il Libro.
  Schiere di turisti vagano infaticabili sulle vie delle metropoli più oscure, nei recessi di Katmandu alla ricerca del tocco di fumo, sempre e comunque con Il Libro in mano. Il Libro ti consiglia, ti aiuta, ti guida. Il Libro ti organizza i trekking, ti salva, ti ordina dove non andare e dove andare. Il Libro sa. Sa tutto, ogni cosa. È Il Libro, è La Bibbia fratello. Ti dice, «Stai attento, non andare nei dance bar, lì ci sono le prostitute e la clientela è soprattutto indiana», ti dice, «Assaggia questo piatto, prova quest’altra cosa», ti sussurra all’orecchio dove bere, dove mangiare, dove dormire. Ha un potere illimitato, è illimitata. Può tutto Lonley Planet, ogni cosa. Può far fallire ristoranti e gettare oro su alberghi, può scegliere quale città visitare e quale no e tu, piccolo viaggiatore solitario, seguirai ogni suo ordine e vedrai solo i paesi che Il Libro ti ordina e ammirerai solo i monumenti scritti nelle sue pagine. Ha potere Lonley Planet, è l’autoritarismo da viaggio. Alberghi orribili guadagnano decine di quattrini e piccole guest house finemente decorate e dai prezzi imbattibili sono costrette a chiudere. È una droga Lonley Planet e tutti noi ne siamo assuefatti.
  AH!
  Milioni di persone tengono stretto Il Libro da almeno quarant’anni!
Io, Viaggiatori & Viaggiatrici, sono uno di loro.
Ho la guida del Nepal, della Cambogia, del Vietnam, della Turchia, della Croazia, del Marocco, del Laos, della Thailandia, della Francia, della Spagna, della Germania, dell’Olanda e medito, ebbene sì, di comprare quella di Roma.
  Ho visto ristoratori strapparsi le vesti pur di finire nel Libro, uomini e vecchie costretti al lastrico, guide sprovvedute indicare lo stesso giro proposto dalla Bibbia. Ho ascoltato le suppliche di una donna senza denti in un inglese stentato, «Ti prego!», mi implorava in ginocchio, «Scrivi alla Lonley Planet, dì loro quanto sei stato bene da noi!».
  In un paese povero Lonley Planet fa la differenza, se la tua guest house è scritta nella guida vivrai di rendita, altrimenti il tuo albergo sarà costretto a chiudere.
  Il mondo, Signore & Signori, gira dove Lonley Planet vuole che giri.

  Ho conosciuto Zoé a Katmandu, in un ristorante che cucina ottimi momo (consigliato dalla Bibbia); eravamo soli entrambi e, senza neanche accorgercene, siamo finiti allo stesso tavolo. Ci siamo innamorati in poco tempo e gran parte del viaggio l’abbiamo fatto insieme.
  Zoé è spagnola e ha due occhi da favola.
  Zoé starà via un anno in giro per l’Asia.
Insieme abbiamo girato Katmandu, insieme ci siamo persi e insieme abbiamo dormito.
  Abbiamo fatto l’amore su letti sgualciti, siamo stati morsi dalle sanguisughe, attaccati da un branco di mucche impazzite e abbiamo riso così tanto da lacrimare.
Ma soprattutto abbiamo ubbidito al Libro.
Il Libro ci ha stregato obbligandoci a seguire i suoi percorsi.
  È scritto. È tutto scritto.
  “Partendo dal (1) Kasthamandap, nell’angolo sud.ovest di Durbar Sq, prendete la strada di destra presso il (2) Signh Sattal -oltrepassate un tempio dedicato a Shiva con un riparo per i pellegrini finemente scolpito. Dopo poco si giunge a una grande (3) hiti, o cisterna, situata accanto al tempio di Bhimsen (p83), riccamente decorato. Proseguite verso sud oltre il tempio di Bhimsen, all’incrocio andate dritto e poi girate a sinistra passando accanto alla profonda e decoratissima (5) cisterna di Kohiti”.
  «Una caccia al tesoro», dico a Zoé. «Perdiamoci per la città, vediamo dove arriviamo».
  «No!», mi risponde, «Seguiamo la guida, ci sono i cortili!»
  «Sì ma tu lo sai qual è il nord?»
  «Dovresti saperlo tu».
Sono un uomo. Dovrei sapere dove si trova il nord. Un uomo!
  «Di qua!», indico sicuro di me bagnando l’indice con la saliva.
  “Giunti in cima alla collina vi troverete di fronte all’alto (6) tempio di Jaisi Deval (p85), del XVII secolo, che si erge con i suoi tre tetti sopra una base a sette gradoni”.
  «Lo vedi?», mi chiede Zoé.
  «Il tempio?»
  «Eh.»
  «Eccolo».
  «Elia, ti sembrano tre tetti quelli?»
Cazzo cazzo cazzo, il mio senso dell’orientamento fa sempre cilecca. Mia mamma mi diceva, «Potresti perderti nel tragitto dal salotto alla cucina!»
  “Poco lontano sorge il (7) tempio di Ram Chandra (p85). Procedendo verso sud-ovest si attraversa il vivace cortile di (8) Tukan Bahal, al cui centro campeggia un bellissimo stupa del XIV secolo in stile Swayambhunath”.
  Ho comprato di tutto per il viaggio: il coltellino svizzero, le medicine, il disinfettante, il poncho, le torce (adoro le torce), le batterie, le schedine per la macchinetta fotografica, tre quaderni rossi, due penne, le scarpe ma la cosa più importante no. La bussola maledizione.
  «Stai tranquillo», mi sussurra il Karma. «Non agitarti, ogni cosa ha un fine».
  Mi sono perso. Ma Zoé non deve accorgersene.
Camminiamo. Ecco un cortile. Okay. Ci sei.
  «Il Nirvana», mi dice Karma. «È dentro di te».
  «Karma, ascolta. Vedi questa ragazza che mi cammina affianco? Credo di amarla, ma non ho senso dell’orientamento! Aiutami tu, ti prego! Fammi trovare la retta via!»
  «Oh, giovane Mangiaboschi. Segui Il Libro. Lui sa tutto, ogni cosa. Segui Il Libro. Che la forza sia con te».
  “La strada disegna qualche curva, poi svolta bruscamente a sinistra (est) all’incrocio con Wonde, dove si trovano diversi templi tra cui un alto e bianco (9) tempio shikhara”.
  «Lo vedi?», mi domanda Zoé. «Il tempio bianco dico, lo vedi?»
No no no! «Certo, ora lo raggiungiamo».
Che cazzo significa qualche curva!?! Cos’è il Wonde? Dove si trova l’est? E la storia del muschio a nord? Ne vogliamo parlare?
  Sono perso, non ce la farò mai. La mia mascolinità ne risente.
  «Eri un grande condottiero Elia Mangiaboschi», mi rimprovera Karma, «guidavi le truppe senza mai perderti. Questa era la tua vita precedente, che fine ha fatto il tuo senso dell’orientamento? L’uomo evolve, non arretra. Ricorda, ‘Il verme tagliato perdona l’aratro’».
  “L’itinerario oltrepassa Brahma Tole e raggiunge il (10) Museum Bahal, con i suoi chaitya di forma fallica in stile Licchavi, un pozzo recintato e bahal collegati tra loro. Tornati in Brahma Tole, girate a destra e, in prossimità dell’incrocio principale successivo, a sinistra (nord). Dopo 25 m, in fondo a un vicolo sulla destra, si trova l’ampio e soleggiato (11) Ta Bahal, con graziosi chaitya”.
  «Accetta la sconfitta profano!», mi sgrida Ganesh.
  «Zitto tu! Io so perché hai la testa d’elefante! Tuo padre ti ha trovato al letto con tua madre! Me l’ha detto Lonely Planet!», gli sputo in faccia.
  «Non è come pensi! Stolto! La sua fu confusione! Leggi meglio Il Libro! Venni scambiato per un amante, fu un errore che pagai con la decapitazione!»
  «Testa di elefante!», canticchio.
  «Non farlo arrabbiare», mi suggerisce Karma.
  «L’ira degli dei si abbatterà su di te!», minaccia Ganesh puntandomi la proboscide addosso.
  Kali ride.
Ed io mi sono perso.
Zoé mi studia spazientita. «Elia», dice, «posso fare io? Guardo la strada, troviamo i templi, cerchiamo i cortili, sono bellissimi… credo.»
  «Giammai!» urla Ganesh. «È un lavoro da uomini! Così facendo distruggerai il maschio che è in te! Non accettare l’umiliazione!»
  «‘La vita ti sorprende sempre. Lenta, tranquilla e monotona scorre’», mi insegna Karma
  «Nietzsche?», domando.
  «No, Vasco Rossi».
  “La strada si immette in una piazza aperta, Lagan, dove si trova il bianco (12) tempio di Machhendranath, alto 5 m; di tanto in tanto la gente del posto gioca a cricket nella piazza”.
Hmmm. Un tempio di cinque metri. Dovrei vederlo…
  Mi muovo lento, goffo, accendo una sigaretta Surya e il fumo piroetta soffice nell’aria.
  Odore di incenso.
Cammino piano, Zoé al seguito.
Tremo.
La rabbia mi assale.
Tiro una lunga boccata dalla cicca.
Mille clacson di automobili e motorini mi colpiscono nervosi, frantumandomi il timpano.
  «Zoé», sussurro mortificato.
  «No!», mi dice Karma.
  «Ecco vedi…»
  «Non farlo!», urla Ganesh.
  «…Mi sono perso».
Ganesh capitombola a terra. Il Karma si allontana da me. Ogni cosa si annebbia, solo il rumore del traffico a farmi compagnia.
  Zoé sorride. «Lo so», mi dice. «Ma è stato divertente, non trovi? Abbiamo visto la città, ci siamo persi tra i vicoli, ecco… credo proprio che…», guarda la cartina, «sì, noi siamo qui», annuisce indicando un punto di Katmandu, estrema periferia.
  Oh oh.
  «Ora dammi la guida», mi dice dolce. «Ti porto io in centro, ti faccio vedere i cortili, vuoi?»
La guardo e mi perdo, nei suoi occhi questa volta.
  E dal basso, nel profondo, negli angoli più remoti del pianeta, il signor Tony Wheeler e la signora Maureen Wheeler, inventori della Lonely Planet, se la ridono.

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