martedì 22 settembre 2015

DODICI POSTI DOVE LEGGERE I RACCONTI DI ELIA MANGIABOSCHI



  Salve,
mi presento: mi chiamo Freud Sigmund, sono nato a Přìbor, Repubblica Ceca, nel lontano 1856. Alcuni di voi mi ricorderanno per i miei scritti, tra cui: “L’interpretazione dei sogni”, “Totem e tabù”, “Studi sull’isteria”, “Quant’è buono il Tavernello”, “Il disagio della civiltà”, “L’avvenire di un’illusione”, “Introduzione alla psicalanlisi” e “Sulla cocaina”, a mio avviso una delle migliori cose che ho scritto. Altri, forse i più colti, mi ricorderanno in quanto appartenente alla setta segreta della Stanza dei Bottoni. La Stanza dei Bottoni è, a mio avviso, un capolavoro dell’inconscio. È nella Stanza infatti che, assieme ad alcuni colleghi, vengono prese decisioni importantissime che influenzano la vita di Elia Mangiaboschi. Potremmo, a torto o a ragione, definirci agenti del Super-Io. Nella Stanza dei Bottoni decidiamo ogni cosa e ognuno di noi rappresenta parti dell’adorato.
  Il suddetto, in preda ad una crisi esistenziale senza precedenti ha preferito, per un tempo oscuro, affidare a noi la realizzazione di quelli che vengono chiamati i racconti del martedì. Fino ad ora, per due volte di seguito, il compito è stato portato avanti da Ganesh, il migliore di noi, ma oggi ad affrontare l’ingrato compito sarò io, l’inventore della psicanalisi, modestamente.
GRANDE PUFFO: E’ sì, adesso fa lo scocciato.
GIOVANNI PASCOLI: Però poi quando abbiamo tirato a sorte.
IL CRICETO: La monetina.
GIOVANNI PASCOLI: Eh, la  monetina, testa o croce.
CARL GUSTAV JUNG: Lo sai che salto ha fatto… sempre stato fortunato, il tossico là.
MASTRO LINDO: Lasciatelo parlare. Oggi è lunedì, ricordate cosa mi avevate promesso la settimana scorsa?
BATMAN: Infatti. Una promessa è una promessa.
OSHO RAJNEESH: E’ tempo che tu smetta di cercare fuori di te tutto quello che a tuo avviso potrebbe renderti felice. Guarda in te, torna a casa.
MASTRO LINDO: Diglielo un po’. Bisogna pulire. ‘Sto posto è un cesso. Fortuna che abbiamo i migliori prodotti in commercio (i miei). Mastro Lindo Aromi di Pino, Mastro Lindo Fresco Limone, Mastro Lindo Spray, Mastro Lindo Ultra e Mastro Lindo Gomma Magica.
BATMAN: Wow!
GRANDE PUFFO: Io c’ho un impegno. Con Marx. Vero Karl?
KARL MARX: Vero. La rivoluzione puzza. Il vero rivoluzionario non pulisce. Mai. Pulire la casa è un privilegio piccolo borghese che non possiamo permetterci.
MASTRO LINDO: Ma l’avevate promesso!
UNA MOSCA: Io mi sono opposta fin da subito.
KUNDALINI: …
  Vorrei continuare, se possibile.
La testa di Elia, scusate, è un turbinio, un caos.
  Perdonateci dunque, ancora una volta.
Torniamo a noi.
  Più volte ci siamo chiesti come, dove e perché le storie di Elia vengano seguite con tanta passione. Come mai, persone oneste e mature come voi, si divertano a leggere tali assurdità, infantili e spesso inutili. La risposta, Amici & Amiche, è ignota e non sarò certo io, umile padre della psicanalisi, a fornirla… (forse un attaccamento eccessivo all’infanzia? Un bisogno irrazionale di rimanere giovani?) mi limiterò più semplicemente ad analizzare quelli che potremmo definire come:
I DODICI LUOGHI DOVE VENGONO LETTI I RACCONTI DEL MARTEDI’
SUPERSTELLINO DEGLI SNORKY: Ohhh.
PIERO ANGELA: Questo sì che è un argomento intelligente.
GRANDE PUFFO: E’ che ha studiato lui. Mica come me che sono nato dentro un funghetto.
  Ci siamo domandati dove viene letto il Mangiaboschi. Ecco quindi una breve lista, non avendo niente di meglio da scrivere, dei dodici luoghi dove vengono assaporati i racconti del martedì.

IN METROPOLITANA:
  È nella metropolitana che Elia ha avuto una delle sorprese più gradite di sempre: osservare da vicino un esemplare umano che leggeva un suo racconto. Scaltro come un gorilla obeso il Mangiaboschi si è avvicinato così tanto al monitor del cellulare del vicino da farsi scoprire. Ha sorriso quindi con nonchalance e si è spostato, mantenendo intatto così l’incredibile segreto che nasconde la sua identità (segreta).
BATMAN: Un po’ come me che nessuno sa chi sono io.
CARL GUSTAV JUNG: Tu sei Bruce Wayne, lo sanno tutti. Cioè, anche i bambini lo sanno. C’hanno fatto i fumetti su di te. E pure i film. E i videogiochi. E i pupazzi. E i giochi di ruolo. E le magliette. E lo zaino per la scuola. E le merendine.
  Leggere in metropolitana i racconti di Elia è un ottimo modo per passare il tempo, per non far caso alle continue lamentele dei passeggeri, alle borse della spesa posate sui piedi, ai ragazzini appena usciti da scuola, al tanfo che si leva nell’aria, ai ritardi del prodigioso mezzo pubblico e alle ascelle malandate dell’ignaro vicino.
  Leggere i racconti di Elia, in questi casi, fa bene al cuore e alla mente e rende il lettore più allegro, frizzante quasi.

NELLA SALA D’ATTESA DEL DOTTORE:
  L’intervento è vicino?
  L’estrazione del dente è ormai prossima?
  Manca poco all’asportazione totale del cuore?
Non c’è problema! Una buona lettura è quel che ci vuole! Tra bambini urlanti, vecchi decrepiti e suore della domenica, il bravo lettore ha sempre con sé una copia del buon Elia. Grazie al Mangiaboschi, ne sono sicuro, ogni pensiero negativo cesserà e il dolore svanirà come per magia. I racconti di Elia sono uno squisito rimedio all’insonnia, al mal di testa, alla paralisi totale del corpo, all’infarto. Leggere fa bene alla salute e aiuta alla vista, domandatelo al vecchio Leopardi Giacomo, magistralmente interpretato da Elio Germano nel bel film “Il giovane favoloso”.
GIACOMO LEOPARDI: La vita, signor Freud, fu dura con me. Ascolti questa, la scrissi ormai tanto tempo fa: “Sempre caro mi fu quest’ermo colle e questa siepe, che da tanta parte dell’ultimo orizzonte il guardo esclude”. Vede, in molti pensano che la frase si riferisse ad una qualche impossibilità di scorgere il panorama dell’esistenza. Non è così. Eppure la mia fu sempre una prosa semplice, chiara. C’era questa siepe, okay? Che copriva un po’ tutto. Inoltre io ho problemi di vista, quindi non vedevo niente. Poco. Poco o niente. Cioè, insomma, sì. C’avevo voglia di un paio di occhiali, tutto qui.

IN FILA ALLE POSTE:
  La fila alle poste è, per molti, un incubo ricorrente. Vorrei, se posso, provare ad interpretarla qui sul monitor, con piccole immagini che ricordano il pene maschile poco prima di contorcersi nell’atto sessuale:
 IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII
  Visto? 
  Ogni “I” è uno di voi. Alcuni sono seduti, altri in piedi. Su ogni sedia c’è un prototipo di persona diversa. Ognuno pensa, tutti fanno qualcosa. C’è chi legge il giornale, chi mangia merendine scadute, chi le unghie, chi le unghie dei piedi, chi i piedi, chi si incarta a studiare le scarpe della vicina. C’è il padre di famiglia fermo, la donna in carriera in ritardo al lavoro, il nonno in attesa della pensione. Certi osservano il mondo attenti, guardinghi. La paura di essere superati sempre in evidenza, feroci come lupi in una foresta. L’aggressività è non solo un’emozione o un comportamento, bensì è la manifestazione di una pulsione. La pulsione è l’espressione psichica di un bisogno che vive e si muove nell’inconscio condizionando le scelte e i comportamenti a causa della tensione generata dalla fonte somatica di questa eccitazione. Alle poste l’aggressività è collettiva, contagiosa, s’incancrenisce sulla pelle delle persone. È per questo che leggere il Mangiaboschi aiuta a risolvere il problema. Un buon Mangiaboschi rimane pur sempre un buon Mangiaboschi. Se tutti leggessero più Mangiaboschi e meno stupidate il mondo, a mio avviso (che sono sempre il padre della psicanalisi) sarebbe un posto migliore, senza guerre e con le bandiere della pace appese a tutti i balconi (assieme alle teste mozzate dei padroni e degli sgherri del Capitale, ma questo è un altro argomento).
KARL MARX: A morte il Capitale!
MICHAIL BAKUNIN: A morte i crumiri! Servi della borghesia!

NEL BAGNO DI CASA:
  È proprio in questo luogo che il Mangiaboschi pensa la maggioranza delle sue storie: ben ancorato sulla tazza, lo sguardo concentrato, lo sforzo segnato attorno agli occhi. Elia deve ancora superare quella che mi diverto a chiamare (tra amici) Fase anale.
  Ma veniamo a voi.
Chi non passa le ore al bagno?
Chi non legge mentre, come dire, caca?
  Il bagno è quella che da molti viene definita come La-Stanza-Più-Importante-Della-Casa. È giusto quindi darle l’adeguata rilevanza ad un tale capolavoro dell’ingegneria casalinga. Un’intera camera creata appositamente per i bisogni umani. Il bagno è, a mio avviso, il luogo stesso dove la psicanalisi si concentra (assieme alla camera da letto). Io, che sono Sigmund Freud (mica uno qualunque), vi dico: usate il bagno, rendetelo bello, riempitelo di piante e poster e disegni. Ma soprattutto, imparate ad apprezzare il Sacro Momento della Cacata. Il Mangiaboschi, grazie alle sue parole, vi accompagnerà nel sublime sforzo, semplificando il gesto e anzi aiutando lo stimolo.
CACCA: Ciao, sono Cacca.
MASTRO LINDO: Nooo! Cacca no! Stiamo pulendo!
  Leggere Elia al bagno aiuta l’organismo e stimola la diuresi.

SUL LUOGO DI LAVORO:
  Il lavoro vi opprime? Il principale vi stressa? I vostri colleghi hanno fatto baldoria la sera prima senza chiamarvi? Vi sentite inutili, esclusi e privi di forze? Il licenziamento è ormai prossimo? Il contratto è scaduto da tre mesi e ancora non è stato rinnovato? Vi pagano con il contagocce, una volta ogni tre anni, e manco tutto lo stipendio? Hanno smesso di darvi i buoni pasto? Il dirigente vi ricorda, in maniera del tutto irrazionale, vostro padre?
  Abbiamo la soluzione che fa per voi!
Davanti al computer, tra un conto e l’altro, quando nessuno può vedervi, nel silenzio del vostro ufficio (interrotto solamente dal suono monotono del fax), cliccate sul blog di Elia (o Diario, come lui preferisce venga chiamato), rimpicciolite un poco la schermata e leggete. La vita si riempirà di colori e ogni cosa vi apparirà più chiara. Splendente quasi. Se poi un giorno malauguratamente il vostro capo dovesse scoprirvi non abbiate paura, consigliate anzi un Mangiaboschi, la promozione è assicurata.

IN CAMERA DA LETTO:
  Di notte, dopo una lunga giornata di lavoro, teneramente adagiati sul letto, non potrete fare a meno di leggere il Racconto del Martedì, ottimo rimedio all’insonnia, ben più utile di una dose di morfina, di un corso di yoga o di un digiuno forzato.

IN SPIAGGIA:
  Sotto un sole cocente, il mare davanti, i gabbiani che librano nell’aria, il corpo che si scioglie, il Lettore Compulsivo non potrà non leggere l’ultima storia di Elia, sorridendo ad ogni battuta e rischiando gravemente di entrare a far parte della categoria degli Ustionati.  

DURANTE I NOIOSI PRANZI DI FAMIGLIA:
  Appoggiato sulle ginocchia al posto del fazzoletto, tra una portata e l’altra, durante il pranzo di matrimonio del cugino di sesto grado,  mentre la cravatta vi stringe e il cibo sembra non finire mai, attorniato da decine di ragazzini in tenuta antisommossa e animatori di settant’anni travestiti da clown inquietanti, avvolti da parentame vario che non smette un attimo di ciancicare argomenti di scarso interesse, leggere il Racconto del Martedì potrà distrarvi un poco, regalandovi momenti di piacevole intimità.

A SCUOLA:
  Elia, al liceo, leggeva sempre. Di nascosto, all’ultimo banco, coperto dallo zaino rosso, prendeva un romanzo qualunque e iniziava a sfogliare le pagine con sempre maggiore attenzione. Adorava il suono della classe, il brusio dei compagni e le urla delle professoresse. Non di rado scriveva alcune storielle adolescenziali.
  Elia, la scuola, l’adorava.
E adorava leggere. Fate come lui, giovani adolescenti, rifiutate le parole degli insegnanti e immergetevi in una lettura senza dubbio più costruttiva e intellettualmente elevata.

ALL’UNIVERSITA’:
  [Vedi sopra, sezione “A SCUOLA”]

MENTRE SI GUARDA INSIDE OUT, IL FILM DELLA PIXAR
  Credo che chiunque abbia visto il film e conosca le storie di Elia non potrà non aver avuto un piccolo déjà vu notando una certa somiglianza tra Elia e la protagonista del lungometraggio. È per questo che vi consiglio caldamente (e in fondo sono pur sempre il padre della psicanalisi) di leggere i racconti del martedì durante la visione del film (peraltro bellissimo, ahinoi).

AL PARCO:
  I parchi sono bellissimi, inutile negarlo.
Scegliete il vostro preferito (qualunque persona sana di mente ne ha uno), arrivateci in bicicletta, adagiate un telo sull’erba (io adoro quelli con i motivi psichedelici), acchiappate il libro dalla borsa (nel caso di Elia il cellulare ché su carta ancora non è uscito), bevete un pochino d’acqua (bere acqua fa bene, noi dottori lo diciamo sempre), e leggete. Leggete tanto, sempre e comunque. Leggere aiuta la mente e svaga. La lettura è evasione. Finite in altri mondi, in altri universi, mano per la mano con lo scrittore che vi rivelerà ogni cosa di lui (e dei suoi amici). Il Mangiaboschi lo fa. Vi rivela le cose, anche le robe più intime.
  È amore la lettura. Curiosità, passione. Il libro, il romanzo, il racconto, è una macchina fantascientifica. Le parole scritte creano mondi, condizionando la vostra mente. Si riempie di immagini, la vostra mente.
  È incredibile.
  Ed è bellissimo.

Finito.
  Non so, illustri pazienti, se ci sono altri posti dove leggete le storie di Elia. Sarebbe carino scoprirlo però.
  Fine dell’episodio.
GRANDE PUFFO: E’ che in verità non c’aveva un cazzo da dire. Lo psicanalista qui, il signor Freud.
CARL GUSTAV JUNG: In generale, questa settimana, non è che avessimo molte idee. L’alternativa era il silenzio.
KARL MARX: Lo difendi?
CARL GUSTAV JUNG: Lungi da me!
IL CRICETO: Secondo me ha tanto insistito perché non aveva voglia di pulire la Stanza dei Bottoni.
GRANDE PUFFO: Che qua ci stiamo a puffando un culo tanto.
MICHAIL BAKUNIN: Mica tutti. La Kundalini là… sempre sbracata sul divano sta. Oh, non ha mosso un dito.
YOGI BHAJAN: Mica c’ha le dita. È un serpente…
MICHAIL BAKUNIN: Però a bere eccome se ci riesce, ‘st’alcolizzata.
BATMAN: Basta parlare… mancano ancora le finestre. Ecco lo spray! Al volo!
MASTRO LINDO: Bravo Batman, il mio campione!

  Ignoriamo le voci di dissenso che crescono nella testa dell’adorato e concentriamoci, per chiudere in bellezza, sull’immagine di Elia che sfuma, nel tramonto del lunedì pomeriggio, proprio in un parco, dopo una giornata di letture. Ammiriamolo allontanarsi, bellissimo, lungo la via dell’ignoto, verso il tunnel dell’esistenza, accompagnato mano per la mano da Vecchiaia, la vecchina nepalese entrata da poco nel quartier generale del cervello.
-Il tunnel, per inteso, ricorda ovviamente la vagina femminile-
  Grazie, grazie mille. Ora la Stanza dei Bottoni è pulita. Basta manovrare il Mangiaboschi che si volta un’ultima volta a salutarvi.
  «Ciao ciao», vi fa con la manina.
FINE
(questa volta veramente).

lunedì 14 settembre 2015

TERZA ETA'



  Lui non la nota.
  Fa finta di niente.
  Tende a sorvolare.
Ma lei è lì.
  Io, miseri umani, non la conosco. Non posso conoscerla.
  È una cosa che, come dire, non mi riguarda.
  Ma voi, beh… colpisce ognuno di voi.
  Tutti, nessuno escluso.
  Anche tu che stai leggendo.
Sì, ci ho preso gusto.
  Prendere il posto di Elia Mangiaboschi. Scrivere come Cristo comanda, ammaliarvi con le mie parole.
  Chi sono?
Dovreste saperlo.
  Cosa voglio?
Conquistare il mondo.
  Ovvio.
Io non ho età.
Sono l’amico di Elia.
  Io sono Dio.
Molti mi chiamano Ganesh. Altri, compreso il Mangiaboschi, testa d’elefante.
  Tra tutti i compagni nella Stanza dei Bottoni sono io, sicuramente, il più importante.
  Cammino accanto a lui.
  Comunico con lui.
  Agisco assieme a lui.
Ed ora sì, scrivo al posto suo.
  Dialettica.
  Parlo, senza dubbio alcuno, di temi delicati, importanti, che il diletto non sarebbe mai stato in grado di affrontare.
  La settimana scorsa ad esempio il racconto verteva sui tipi da spiaggia, sciagurati esseri umani; oggi invece narreremo le gesta dell’amica oscura che colpisce tutti, ma proprio tutti, i mortali.
  Voi.
  Tu.
  Inutili esseri creati per sbaglio e condannati a morte certa.
UNA MOSCA: Beh, non per darti torto Ganesh, però anche noi colpisce.
IL CRICETO: Già, noi che ci abitiamo.
GRANDE PUFFO: Cioè sì, insomma. Nella Stanza dei Bottoni, nella capoccia di Elia.
  Io non ascolto.
Io posso tutto.
  Mettetevi comodi dunque, rilassatevi, oggi vi parlerò di:
COME ELIA MANGIABOSCHI SCOPRI’ LA VECCHIAIA
CARL GUSTAV JUNG: Ovvero declino fisico e cognitivo.
PIERO ANGELA: Invecchiamento delle cellule.
IL NEURONE: Scomparsa dei miei fratelli (avvenuta molto tempo fa ad essere onesto).
OSHO RAJNEESH: Per raggiungere la luce e così rigenerarci…
GRANDE PUFFO: Aho, e ‘mo questo da dove spunta?
YOGI BHAJAN: L’ho invitato io, tranquilli!
GRANDE PUFFO: Tranquillo è morto inculato. E scusa il francesismo.
SIGMUND FREUD: Il problema, miei cari, è che il nostro amato, il buon Mangiaboschi, non accetta l’arrivo della vecchiaia. Come molti soffre di quella che può essere definita “Sindrome di Peter Pan”.
PETER PAN: Embè? Che c’avete contro la Sindrome di Peter Pan? Ve lo immaginate Elia adulto?
BATMAN: Ribrezzo!
SUPERSTELLINO DEGLI SNORKY: No! Moriremo tutti! Elia non si fermerà più davanti alle vetrine dei giocattoli! Non farà gli scherzi al coinquilino Simone! Non si metterà più le dita nel naso! Non scoreggerà in metropolitana! E neanche al lavoro! È la fine!
BATMAN: E il gioco dei mimi? E nascondino? E strega di mezzanotte?
IL CRICETO: I film con i supereroi? Vogliamo parlare dei film con i supereroi? Quelli che gli intellettuali di mezzo mondo, e sicuro di tutta Roma, chiamano americanate?
SUPERSTELLINO DEGLI SNORKY: Non ci siamo andati a vedere neanche i Fantastici 4!
BATMAN: E’ una cacata.
SUPERTELLINO DEGLI SNORKY: Tu sei di parte.
KARL MARX: Ma soprattutto… la PlayStation! Con il coinquilino già si pensava di unire i due stipendi e comprarci l’ultimo modello! Rinunciando al cibo, inutile spreco consumistico del Capitale!
YOGI BHAJAN: Fermi tutti! Anche la Kundalini, adagiata sul divano, si muove…
OSHO RAJNEESH: In una società migliore, formata da persone più comprensive, nessuno vorrà cambiarti. Tutti ti aiuteranno ad essere te stesso perché essere te stesso è la cosa più preziosa del mondo.
GRANDE PUFFO: E quindi? ‘Cazzo ha detto questo?
KARL MARX: Che dobbiamo combattere amici, affinché la Vecchiaia non giunga nella Stanza dei Bottoni. Compagno Peter Pan, siamo con te.
  Capirete bene che, se il cervello del Mangiaboschi è comandato da simili entità, è molto difficile che il suddetto riesca a rendersi conto che, anche per lui, il tempo passa.
  Okay, come dite voi giovani.
  Consideriamo velocemente l’abbigliamento di Elia. Per farlo ho chiamato il noto stilista Giorgio Armani, che tutti conoscerete.
  «Buongiorno», dice Giorgio Armani, «osservando il vestiario di Elia non si può non notare un attaccamento, eccessivo e forse maniacale, ad una moda ormai passata da tempo. Il Mangiaboschi è infatti ancorato al passato, fermo a quando, poco più che ragazzino, indossava pantaloni che facevano inorridire i genitori e magliette rattrappite alla meno peggio. Lo stile, classico di un giovane di sedici anni, non è cambiato. A dirla tutta il modello ha ancora felpe che risalgono alla sua adolescenza (che indossa con orgoglio). Ma andiamo ad esaminare nel particolare lo stile, che potremmo catalogare come vintage/trasandato/inconsapevole, di Elia:

LE SCARPE:
  Il Mangiaboschi ha un solo paio di scarpe, modello quattro stagioni, che puzzano. Sono scarpe da skateboard adatte più ad un dodicenne che ad un trentenne. Elia però non se ne separa mai, come non si separa mai dai calzini a righe colorati.
  D’estate indossa le infradito comparate dai cinesi a due euro, marroni e bianche, stile balneare.

I PANTALONI:
  Elia indossa solo blu jeans larghi ma non troppo, sicuramente poco adatti alla sua età. I pantaloni sono spesso bucati, e non per moda, ma per necessità.

LE MAGLIETTE:
  Le t-shirt del Mangiaboschi sono tutte nere (tranne una gialla) e hanno tutte incredibili disegni. Elia non ha camice (tranne quella che usa ogni giorno per andare a lavorare, coperta da un misterioso alone proprio sotto le ascelle).

LE FELPE:
  [Vedi la sezione “Magliette”].

  Negli anni i ragazzi si stufano, crescono, cambiano. Il Mangiaboschi no. Lui è fermo all’adolescenza. A settant’anni lo troveremo ancora vestito come un giovane. Ma con il bastone. Credo quindi sia il caso di effettuare un cambiamento totale del suo guardaroba, onde evitare probabili nudità. Grazie, è tutto», conclude Giorgio Armani.
  Andiamo avanti.
BATMAN: C’abbiamo avuto Giorgio Armani con noi, vi rendete conto! Giorgio Armani!
MASTRO LINDO: Sì, e la casa è tutta sporca, sai che figura?
GRANDE PUFFO: Manco ‘na biretta gli abbiamo offerto.
OSHO RAJNEESH: La saggezza non ha nulla a che fare con la conoscenza, proprio per nulla; ha qualcosa a che fare con l’innocenza. È necessaria una certa purezza del cuore, è necessario un certo spazio dell’essere perché la saggezza possa crescere.
PETER PAN: Oh. Diglielo un po’ va…
  I nostri amici nella Stanza dei Bottoni non si rendono conto però che la Vecchiaia, come un mostro feroce, ha messo gli occhi su Elia.
  L’ignaro, poverino, fa finta di niente.
Osserviamolo prego:
  Elia si sveglia, totalmente nudo.
Ha mal di testa, un mal di testa forte e prepotente che gli trapana il cranio. A diciassette anni, quando faceva baldoria la sera prima, il dolore non era mica così forte. Ma tant’è.
  Si alza piano e si avventura al bagno, strusciando i piedi come un bradipo ubriaco.
  Eccolo.
  Guardatelo.
Si osserva allo specchio il petto nudo.
  «‘Cazzo sono questi?», geme inorridito.
Angiomi.
Decine e decime di angiomi rossi gli spuntano sul corpo.
  «Sì ma uno al giorno!», urla.
  «Lo so», gli faccio. «Sai, con l’età…»
  «Ma che età! Questi ce li ha pure mio padre, è ‘na cosa di famiglia, com’è che si dice?»
  «Genetica…»
  «Ereditaria».
  «Vabbè, grazie. Una cosa così».
 Elia è coperto da piccoli puntini rossi che formano bei disegnini concentrici.
SIGNOR WIKIPEDIA: L’angioma è un tumore benigno formato da cellule derivate dall’endotelio o dall’epitelio del sistema circolatorio linfatico o da cellule dei tessuti che circondano tali strutture.
L’ANGIOMA: Ciao, io sono Angioma!
PIERO ANGELA: Salve amico Angioma, benvenuto.
L’ANGIOMA: Unendo i vari Io potrete leggere il futuro del vostro adorato, la mia sarà una costellazione di puntini rossi!
OSHO RAJNEESH: Vivi momento per momento, muori al passato, non proiettare alcun futuro… godi il silenzio, la gioia, la bellezza di questo momento.
  «‘Nsomma Ganesh, dici che non c’è da preoccuparsi?»
  «Ma no Elia, l’angioma è tuo amico, ce l’ha pure tuo padre!»
  «Quindi non sarà che sto…»
  «Non dire quella parola umano! Non dirla!»
Infatti, Amici & Amiche, al solo pensiero qualcosa, nella Stanza dei Bottoni, si è mosso:
KARL MARX: Combattiamo!
PETER PAN: Guardate le crepe sui muri!
BATMAN: Presto! Non deve guardarsi allo specchio, muoviamo il joypad verso l’alto… così…
  Elia si veste, fa colazione con le merendine Mulino Bianco (i flauti) ed esce.
  In bicicletta, per la prima volta, avverte un dolore lancinante alla milza.
SIGMUND FREUD: Qualcuno ha voglia di pomodori secchi?
KARL MARX: Mi sa tutti.
GRANDE PUFFO: Chi doveva comprarli?
SUPERTELLINO DEGLI SNORKY: Oh, ma perché sempre io?
  Il dolore non cessa. Elia si ferma, si tocca e alza gli occhi al cielo. “Sarà ‘sta voglia di pomodorini secchi improvvisa che c’ho. Quelli buoni del Todis… credo la milza sia collegata ai pomodori”, pensa.
  Aspetta che il dolore cessi e si rimette in marcia.
Eccola, la sede di Meccanic. A, l’azienda per cui lavora.
  Oggi non ha voglia di fare le scale, diversamente dal solito. La bicicletta l’ha stancato. Il bisogno di pomorodini secchi sempre più forte.
  Aspetta.
Le porte dell’ascensore si aprono.
  Entra.
È solo.
  Non un suono.
È come se…
avvertisse una presenza. Una sensazione strana, oscura.
  Si volta.
Sinistra.
Desta.
  Lo specchio è lì che lo fissa. Elia si guarda ammaliato, osservando vanitoso il suo viso. Gli occhi, la bocca, le rughe…
  «Le rughe?», dice. «Che rughe?»
Attorno agli occhi.
Non se n’era mai accorto prima.
  “Sarà un effetto ottico”, pensa sorridendo.
Esce dall’ascensore.
  Si siede alla sua postazione, il mal di testa sempre più forte.
  Vorrebbe un Moment.
Ancora la sensazione di essere osservato.
  A metà mattina va in bagno e scopre:
I SEGNI INCONFUTABILI DELLA VECCHIAIA
  «Tu nei sai niente Ganesh?»
  «Di che?»
Elia osserva i capelli.
  Ora, dovete sapere che il nostro amato ha sempre avuto una folta chioma lucente, nera nera, più nera del petrolio. Al liceo, davanti al povero Cavucco, già vittima di calvizie, Elia si divertiva a passarsi una mano sulla testa, più rigogliosa di un cespuglio a primavera. Era così, un tantinello cattivo.
  Fino a oggi.
Oggi il suo sguardo cambia (nuove rughe) e il Mangiaboschi si studia, contemplando un’immagine che non gli appartiene.
  «Che sono quelli?», chiede.
Io non rispondo, non posso rispondere perché, come già vi ho spiegato, la vecchiaia non mi appartiene.
  Mi piace osservarvi, ammirare come improvvisamente vi rendete conto della vostra fragilità. Siete esseri deboli, facili da rompere, difettosi. In men che non si dica diventate vecchi. Per me, che esisto da sempre, le vostre esistenze sono lunghe quanto un battito di ciglia.
  Ecco, così.
Adoro vedere il terrore nei vostri occhi.
  Fino a trent’anni vi credete imbattibili, la vita è eterna, ogni cosa vi è dovuta. Voi, semplicemente, credete nell’immortalità della carne. Dopo, di colpo, invecchiate. Le dita si fanno grinzose, gli zigomi si abbassano, il corpo fa fatica a seguire la testa. E il tempo d’improvviso vola. Le giornate diventano velocissime, un giorno dietro l’altro, un giorno dietro l’altro. Fino a che non resta la polvere.
GIOVANNI PASCOLI: Infondi negatività amico mio.
GRANDE PUFFO: Dice bene il poeta qua. Porti sfiga cazzo.
  Non ci si arrende mai. Alcuni vogliono il corpo giovane, altri bramano la fantasia. Ma il vostro destino segnato.
GRANDE PUFFO: Decantagli un po’ la poesia dai…
GIOVANNI PASCOLI: Non l’età grave impedisce di udire la vocina del bimbo interiore, anzi invita forse e aiuta, mancando l’altro chiasso intorno, ad ascoltarla nella penombra dell’anima. E se gli occhi con cui mira fuori di noi, non vedono più, ebbene il vecchio vede allora soltanto con quelli occhioni che son dentro di lui, e non ha avanti sé altro che la visione che ebbe da fanciullo e che hanno per solito tutti i fanciulli.
GRANDE PUFFO: ‘Nsomma, è un po’ rinco. Quando invecchia no?
SIGMUND FREUD: Non credo che il signor Pascoli intendesse proprio questo.
GRANDE PUFFO: Però, voglio dire. Cioè, la prosa…
  Ne stacca uno. «Ahi», frigna.
Il capello è spesso, bianco, quasi trasparente.
  Ne cerca altri.
  Ce ne sono.
Elia si guarda meglio. Ha una valanga di capelli bianchi.
  «Oh oh», sussurra.
Un suono.
Si volta.
  Nessuno.

  «Non è niente, vedrai che passa!», dico.
  «Zitto testa d’elefante! C’è gente che si tinge per questo! Conosco uno, amico mio, che si colora la barba di nero! Ti rendi conto? ‘Sta terza età che avanza miete più vittime del vaiolo!»
  «Ma a te non cresce».
  «Che?»
  «La barba».
  «Perché sono giovane io!»
  «E i capelli bianchi?»
  «Stress, come Nathan Never».
  «Ma a lui gli hanno ammazzato la moglie…»
Il problema, per Elia, è che l’essere adulti lo terrorizza. Fin da piccolo, grazie anche ai racconti del papà, l’uomo, il grande, è sempre stato un esempio negativo, da non prendere in considerazione e, anzi, da evitare. L’adulto è, per Elia
SUPERTELLINO DEGLI SNORKY: Posso dirlo io, posso dirlo io?
KARL MARX: Ma perché sempre tu? C’abbiamo pure William Blake che è venuto a trovarci…
WILLIAM BLAKE: Certo, nei miei scritti affronto spesso il tema della perdita dell’innocenza. Conosco metodi infallibili per ritrovarla. Una volta, mia moglie ed io, per diletto, totalmente nudi, recitammo Paradiso perduto di Milton in giardino, per il solo gusto di farlo. Che grande donna! Pace all’anima sua… Scusate, i ricordi… se possibile, farei una breve summa del prototipo di adulto immaginato da Elia. Detto anche: Uomo Grigio.

L’UOMO GRIGIO
[enunciato dal Maestro William Blake]
  Ed ecco dunque giunger silenzioso il Vecchio. L’abito scuro, grigio; portava addosso, come un mantello di nebbia in una landa deserta, un fardello che pareva un ruscello. Il suo cuore, ormai nero, era duro più della pietra e gli occhi che un tempo ormai sconosciuto avevano riso si erano chiusi, fessure troppo spente per poter gioire. La morte circondava i suoi pensieri…

  Okay, continuo io. Il problema di Elia è che l’Uomo Grigio è sempre stato il suo terrore: per lui gli adulti sono tutti sbagliati. Non si divertono, non giocano, non ridono, passano le ore a tavola a mangiare, sbraitano tutto il tempo, pensano poco, sono arroganti, si vestono male (giacche & cravatte), hanno gli occhi tristi, la lingua triste, la fronte triste. Sono ridotti ad uno stato larvale. Fanno  lavori noiosi, hanno una casa noiosa e una famiglia noiosa. Pensano, secondo Elia, di aver scelto. Hanno scelto l’auto nera parecchio grossa con i vetri oscurati, il cane di razza e la partita la domenica. Sono convinti di decidere, di scegliere. Si deliziano. Però sentono che c’è qualcosa che non va, come se la propria vita fosse già lì, bella scritta sull’albo della burocrazia cosmica.
  Gli Uomini Grigi si crogiolano nell’attesa dei quindici giorni di ferie, per andare a spendere duemila euro in una spiaggia strapiena di esseri umani ad ingurgitare Fanta e patatine e gelati al cioccolato. Bramano la ricchezza e risparmiano risparmiano risparmiano. Non diventeranno mai ricchi, non hanno invettiva, iniziativa, fantasia. Loro, semplicemente, vegetano. Attendono con ansia la carta prepagata, il calcio in streaming, i programmi sul cellulare. Si svegliano allo stesso orario ogni mattina, tutte le mattine, e indossano divise sempre uguali, gli stessi colori per tutta la vita, anche lì giù, sotto terra, nella tomba.
  «Viva il tubo catodico!», urlano in coro.
Sono il novantanove per cento della vostra società.
  Ecco, più o meno, quel che pensa Elia.
  «Io l’avrei detto meglio», mi fa William Blake.
Comprenderete quindi perché il Mangiaboschi è così terrorizzato.
  A casa c’è Simone, il suo coinqulino.
  «Salve Elia», saluta.
  «…»
  «Che c’è, t’hanno licenziato?»
  «…»
  «Vedrai, passerà. Al giorno d’oggi licenziare sembra diventato lo sport nazionale. Prendi me, un anno senza lavoro e poi, di colpo, eccomi qua.»
  «Non è il lavoro».
  «E che è? Donne non ne hai, l’affitto l’abbiamo pagato, la Play funziona a meraviglia, c’abbiamo il frigo pieno di cibi già pronti. Che vuoi di più dalla vita?»
  «Io…»
  «‘Ste generazioni d’oggi, non s’accontentano mai. Vieni, fatti una partitina. Vedrai che ti passa. Oh, prendi anche la birra dai».
  «Non ne ho voglia, veramente…»
  «Tirati su».
  «In che senso?»
  «Hai la gobba, hai tipo la scogliosi, credo. Una roba così con l’età poi peggiora, tra cinque anni baci il pavimento. Io lo dico per te, mica no, c’è ‘sto tipo, amico di mio padre, che è così gobbo che se ci parli devi metterti seduto a terra. Ormai hai una certa Elia, dovresti far qualcosa per la schiena. Ho certe cosette dello yoga che fanno al caso tuo, vuoi?»
YOGI BHAJAN: Con lo yoga, amici, non avremo più problemi… la pratica mantiene giovani.
PETER PAN: L’ultima volta che Elia ha fatto yoga avete visto com’è finita?
PIERO ANGELA: Il ragazzo non ha tutti i torti, abbiamo risvegliato quel mostro. La Kundalini… eccola là, distesa sul divano. Un’alcolizzata l’avete ridotta.
GRANDE PUFFO: E’ che tu rosichi. Ché se c’era Giacobbo sai quante trasmissioni c’aveva fatto?
KARL MARX: Rifiutiamo lo yoga compagni.
  «No grazie. Sono troppo giù di corda. Poi mi perdo…»
  «Beh, lo scopo dello yoga è un po’ quello. Allora fammi pensare, vuoi uscire? In giro tutta la notte a bere superalcolici a un euro? A fare gli scherzi ai passanti? A citofonare a mezzo mondo alle quattro del mattino? Facciamo la gara dei rutti? Io so dire tutto l’alfabeto, compresa la W, la, Y, la J, la K, la X. Eh.»
  «Non ho più l’età.»
  «Hai trent’anni, mica novanta… e conosco dei novantenni che fanno certi rutti...»
  «No Simo, veramente grazie».
  «Hai la crisi di mezza età, vero? Capita, ci sono passato anche io. Finisce. Devi accettarla, basta giochetti, cose da scemi. Fai come me, vedrai che cresci bene. Qualche esempio: il vino, il Tavernello stop, anche il Freschello, solo roba seria da due euro al discount. Le sigarette, il vero uomo fuma solo tabacco, tu già lo fai, ma fallo con ancora più convinzione. Anche l’ammazzacaffè. Basta amari, sei grande ormai, dacci dentro con il whisky. Mettiamo pure un camino qui in salotto… e una sedia a dondolo, fumiamo la pipa e dialoghiamo da persone civili. Possiamo parlare di corse di cavalli, se vuoi. Smetti di usare Facebook, è roba da ragazzini, prova con Twitter, lo usano gli intellettuali e i pensatori, come te no? Che scrivi tutte quelle stronzate il martedì. Il lavoro, basta angosciarsi. Ci rimane poco da vivere, meglio gustarsi le cose così come sono, altrimenti diventi come uno di quelli là fuori, quegli impiegati là».
  «Ma io sono un impiegato».
  «E allora? Elia, c’è impiegato e impiegato. Tu sei un sabotatore del sistema. Stai tutto il giorno sui social network invece che compilare le ricevute. Cioè, tipo anarchico del virtuale.»
  «Dici?»
  «Come no! Il problema, amico mio, è che hai troppa paura di crescere, quando sei già grande. Cioè, sei cresciuto. I ragazzini ormai ti danno del Lei. Per un quattordicenne sei un vecchio, tipo il nonno. Ti cedono il posto sull’autobus. C’hai anche i capelli bianchi. ‘Scolta a me, che sono socio tuo. Sei adulto, responsabile, vivi da solo da quindici anni, hai la patente e diritto al voto. Sei anche laureato!»
  «Quindi noi siamo… vecchi?»
  «No, non vecchi. Adulti. Uomini fatti e formati. E va bene così. Perché a noi mica ci cambiano.»
  «Dici che dovrei… farla entrare?»
  «Chi?»
  «Quella che mi segue. La Vecchiaia, nella testa mia dico…»
  «L’importante, coinquilino, è non perdere la fantasia che uno c’ha dentro; il fanciullino, diceva il poeta. La carne può anche invecchiare, è la capoccia che deve rimanere così com’è.»
CARL GUSTAV JUNG: Mi sa che ci tocca.
KARL MARX: Mi sa.
GRANDE PUFFO: Che dite, apriamo?
IL CRICETO: Sono ore che bussa.
SIGMUND FREUD: Però ci ha fatto prendere un bello spavento. Sono giorni che spiava il Mangiaboschi.
GRANDE PUFFO: Superstellino, apri un po’ la porta.
SUPERTELLINO DEGLI SNORKY: Sempre io, vado vado…
LA VECCHIAIA: Ce ne avete messo di tempo. Salve a tutti.
SIGMUND FREUD: Signora Vecchiaia, non la immaginavo così…
LA VECCHIAIA: Così come?
SIGMUND FREUD: Beh, sembra la vecchina di una fattoria nepalese.
LA VECCHIAIA: Giovanotto, non offendiamo.
GRANDE PUFFO: Giusto, non offendere la signora.
LA VECCHIAIA: Ma una cannetta non la fa nessuno? Una partitina a tresette?