Giorno
1
«Aho».
«Aho!»
Cristo.
È fredda.
«E che sarà mai… guarda me!», mi fa Ganesh spruzzandosi l’acqua con la
proboscide.
A me ‘sta cosa che mi faccio la doccia con l’amico immaginario mi fa un
po’ impressione eh.
«Lo so, mi ricorda i bagni al fiume, i bei tempi andati, quando ancora
non c’era tutto ‘sto confort che c’avete voialtri, qui in occidente
soprattutto, lasciamelo dire…»
«Non arriva l’acqua calda. E io sono tutto insaponato…»
GRANDE PUFFO: Lì sotto mica ce lo
mandiamo, ci congeliamo cazzo.
IL CRICETO: E lo lasciamo con tutto il
sapone addosso?
GRANDE PUFFO: Così profuma di più.
YOGI BHAJAN: Fratelli, ragioniamo.
Sappiamo tutti che una bella doccia con l’acqua fredda fa bene, attiva la
circolazione sanguigna e linfatica e va a stimolare il sistema nervoso,
mantiene pelle e capelli sani e rinforza le difese immunitarie. Provare per
credere.
SIGMUND FREUD: Chi sta ai comandi?
IL CRICETO: Karl Marx mi sa.
SIGMUND FREUD: Okay Karl, quando vuoi.
KARL MARX: E tre, due, uno. Via!
Il getto gelato mi colpisce, urlo.
«Ehi», dico a Simone sdraiato sul divano.
«Ma che t’urlavi prima?»
«Non esce l’acqua calda».
«Ah.»
«Eh.»
«E quindi?»
«E quindi fa freddo, è inverno e sono da poco uscito da un mese di
sinusite.»
«‘Fatti ti vedo meglio… cresciuto ecco.
Maturo. Responsabile. Sei un ometto Elia. Eri alto così… e in un attimo. Beata
gioventù. Vedi, la sinusite rappresenta tipo un passaggio no? Benvenuto nel
mondo dei grandi. Lo fai il caffè?»
«Devo uscire, vado al lavoro. Ma tu invece? Che fai?»
«Sciopero.»
«Come scioperi?»
«Già. Sciopero solitario, visto che nessuno vuole scioperare. Nelle
cooperative i sindacati mica le fanno ‘ste cose, incrociare le braccia ecco. No
no. Oh, non ci pagano da mesi. Io l’ho detto agli altri di fare un’azione tutti
insieme. Ma hai visto no come sono gli psicologi e gli educatori? Quindi mi
faccio il mio sciopero solitario, seduto composto sul divano. Davanti alla
Play. E non mi muovo. Cazzo giuro non mi muovo fino a che non mi pagano.»
«E non mangi?»
«No! Pure della fame! C’hai ragione!»
«Il caffè non lo vuoi?»
MICHAIL BAKUNIN: Ma che fa, lo tenta?
MASTRO LINDO: Non c’era Marx ai comandi?
UNA MOSCA: Macché, è andato a farsi un
tè. Ha lasciato spazio a coso là. A Ronald McDonald.
MICHAIL BAKUNIN: L’avevamo buttato giù
dal pozzo. Mica ci può stare al joypad.
IL NEURONE: Il joypad è sacro!
«L’unica cosa che faccio è giocare alla Play. Voglio vedere io. Mi
avranno sulla coscienza!»
«Bravo Simone! Diventerai il re dei precari! L’oppresso che s’innalza
contro gli oppressori… e io dirò: era il mio coinquilino…»
«Ah,
Elia, tra l’altro. C’è qualcosa che non va. Il frigo dico, cioè, il frigo ha
qualcosa che non va. È spenta, la luce. Del frigorifero. E sta allagando casa,
non la luce. Il frigo».
Vado in cucina. Dal vecchio frigorifero giallo non provengono suoni,
solo un ronzio lento e quasi impercettibile che non credo appartenga al cibo.
PIERO ANGELA: Oscure forme di vita…
«Mi sa che dobbiamo chiamare l’elettricista…», urlo a Simone. «Ci pensi tu
a pulire? Io corro al lavoro…»
Torno a casa alle sei e due minuti dopo una giornata in azienda a dir
poco distruttiva.
Anda (la portinaia) corre verso di me,
il respiro strozzato. «Elia!»
«Che succede?»
Riprende fiato, piroetta un attimo e
apre i grandi occhi dell’est.
«Alla fiera dell’est», mi dice, «per due soldi un topolino mio padre
comprò».
«Cosa?»
«Scusa, lapsus. D’altra parte sei tu che scrivi ‘ste storie.»
«Hai ragione, pardon. Ricominciamo.»
Anda (la portinaia) corre verso di me, il
respiro strozzato. «Elia!»
«Che succede?»
Riprende fiato, piroetta un attimo e
apre i grandi occhi dell’est azzurri, si sistema i capelli biondi e
dice, trafelata: «Abbiamo sentito Simone urlare, ma non vuole aprire a
nessuno!»
«Oh no!», mi fa Ganesh, «Sarà morto! Ucciso dai morsi della fame! Save
the Children ne trarrà uno spot per il prossimo Natale! Già lo immagino, la
pancia gonfia, la pelle scura… e tu, misero umano, l’hai lasciato solo di
fronte alla battaglia. Verrà posta una lapide in suo onore, sarai considerato
da tutti un traditore… corri ora! Andiamo a scoprire cosa è capitato al coinquilino.
Male che vada chiamiamo Taffo, l’agenzia di pompe funebri che fa quelle pubblicità
così carine.»
MORTE: Ciao, io sono Morte. Piacere.
LA VOCE DI DIO: E che ci fai qui? Mica è
giunta l’ora, l’adorato deve ancora vivere, è il suo amico ad essere morto. Se
non erro.
SUPERSTELLINO DEGLI SNORKI: E se invece
Elia fosse morto e noi non lo sapessimo? Se questo fosse il paradiso? O
l’inferno? Quali incredibili congiure astrali andrebbero a crearsi? Non è forse
la vita…
IMMANUEL KANT: Ebbasta co’ ‘ste pippe
mentali! Vogliamo andare avanti?
SERGENTE HARTMAN: Ordine &
disciplina!
Le lacrime scorrono copiose, il singhiozzo prende il sopravvento. Mio
Dio cosa ho fatto, il mio migliore amico morto così, ucciso da un sistema
repressivo che ha distrutto un’intera generazione (la nostra), creando una
serie di mostri (noi) che pensano ancora che Babbo Natale sia un’invenzione di
papà e mamma. Illusi! Babbo Natale esiste, è vivo e lotta insieme a noi!
«Sarà stata la Coca-Cola no? Che s’è rubata il vecchiaccio. So che lo
tengono imprigionato da più di cinquant’anni, ancora aspettano il riscatto quei
figli di puttana.», annuisce Ganesh. «Ma adesso vai. Apri la porta di casa. Il
cadavere di Simone si starà già putrefacendo. E poi puzza. E sporca.»
Le chiavi girano.
La porta si apre.
Anda mi tiene le spalle, terrorizzata.
Premo l’interruttore della luce. Niente,
andata.
Guardo
a terra. Fogli sparsi ovunque.
«I ladri», sussurra la portiera. «V’hanno svaligiato casa».
I pensieri scorrono veloci: i libri
sicuro non li hanno toccati, il computer ha almeno dieci anni e la batteria
funziona solo se la sai posizionare per bene, i DVD so’ tutti doppiati. Che
altro…
SUPERSTELLINO DEGLI SNORKI: No!
IMMANUEL KANT: No!
KARL MARX: No!
SIGMUND FREUD: No!
IL CRICETO: No!
BATMAN: No!
«No!», urlo. «La PlayStation!»
Corro in salotto e lo vedo, il mio
coinquilino, lo sguardo fisso sullo schermo del televisore.
GRANDE PUFFO: Che poi mo, a essere
precisi, vorrei spiegare una cosa ai radical chic, n’è che noi a casa c’abbiamo
la tv eh. Usiamo l’apparecchio giusto per giocarci ai videogiochi. Ché qui va
specificato perché il ragazzo nostro puffa ‘na cifra di gente da salotto bbbuono.
È immobile. Il joypad nero stretto tra le mani, gli occhi spalancati, le
guance rigate dalle lacrime.
Per un attimo solo avverto la puzza.
IL
CRICETO: Ma la puzza la mettiamo da parte. Ecco bravo Neurone. Posala
lì, nascosta nello scaffale delle cose da fare. Poi ci pensiamo.
MASTRO LINDO: Dici?
IL CRICETO: Dico dico.
«Simo che c’è, che succede? Anda, vai a prendere un bicchiere d’acqua,
ti va?»
«Elia», geme il coinquilino. «Alla fine è successo.»
«Cosa?», chiedo già allarmato.
Una catastrofe nucleare a Trigoria,
ridente periferia romana? Un’invasione di cavallette giganti? La scoperta
dell’esistenza dell’Uomo delle nevi? Occhi bianchi sul pianeta Terra?
«La PlayStation amico mio. Non funziona.»
Improvvisamente il mondo si blocca e un
fulmine squarcia il cielo. Le certezze di una vita vacillano, il mondo
conosciuto scompare per lasciar spazio all’ignoto, all’abisso, al vuoto.
Poi sento Anda urlare, «Ma che è ‘sto schifo?»
Giorno
2
Ora la puzza la sento. C’è tutto il cibo avariato che sta marcendo in
frigorifero e a terra si è formato un piccolo lago, con le cosettine strane che
galleggiano e un paio di insetti su una barchetta di carta.
Non c’è luce.
Mi alzo piano dal letto, uscendo dal
piumone. Una folata di vento mi atterra.
«’Mmazza che freddo», mi dice Ganesh.
«Pure i riscaldamenti sono andati».
«Mi sa».
«E adesso?»
«Copriti.»
Mi vesto a cipolla, indosso i guanti da
neve e il cappellino di lana.
Eccolo lì, il coinquilino bastardo, bloccato sul divano da ieri, il
joypad ancora in mano. ‘Sto stronzo.
«Ma scusa», dico, «le bollette no? Non dovevi pagarle te?»
«Io? Tu sei totalmente pazzo. Ti pare che io vado alle Poste, cioè, così. Aho, sto male! Hai presente sì la
fila chilometrica?»
IMMANUEL KANT: Conosco uno no? Che c’è
morto nella sala d’attesa. Avevano fatto tutto un accampamento, aspettando il
turno per prendere il numeretto per la fila. I più vecchi si erano impadroniti
delle sedie e donne e bambini non erano stati risparmiati. Fu un olocausto, una
guerra. Alla fine morirono tutti, nessuno escluso. Dicono si siano mangiati tra
loro.
«E perché ci devo andare io?»
«Perché tu sei quello responsabile, diligente, con un lavoro vero e
pagato…»
«Tu fai yoga!»
«E tu sei vegetariano!»
«Io non ho un euro in questo periodo».
«Io manco. Giusto i soldi per il Salvadanaio.»
«Ohhh. Il Sacro Salvadanaio…»
IL
SACRO SALVADANAIO
[Il
Sacro Salvadanaio venne eretto per l’unica vera spesa fondamentale che avrebbe
per sempre cambiato la vita dei due trentenni, qualcosa che tutti bramavano,
più importante del Necronomicon, dell’Area 51 e degli antichi testi alchemici.
Un oggetto che, una volta posseduto, dona la felicità eterna. Decisero così, i
due giovani, di unire le forze e mettere da parte il denaro, cinque centesimi
al giorno per settantasette anni e potersi così permettere la PLAYSTATION 4]
«No! Il Sacro Salvadanaio no! Sai che non può essere toccato!»
«Elia, non mi pagano da mesi, non posso permettermi il gas, la luce e
l’immondizia. Lavoro nel sociale io, mica come te, schiavo del sistema, a
timbrare pacchi e compilare ricevute.»
«Cioè, non hai pagato le bollette?»
«E mi rifiuto anche. Vivremo così, ci farà bene. Basta con questi confort
inutili, da piccolo borghese! A noi manca il rapporto con la natura! E poi così
manco inquiniamo più! Diciamo no al riscaldamento! Ai termosifoni! All’acqua
calda! Al frigorifero e alla lavatrice! Alla luce! Proclamo qui e ora la Libera
Repubblica Autarchica di Trigoria, anche detta LRAT!»
Giorno
3 [Primo giorno della LRAT]
Ci rifiutiamo di pulire.
Ci rifiutiamo di pagare le bollette.
Ci rifiutiamo di avere freddo.
Noi, Compagni & compagne, aborriamo
il mondo della tecnologia e della dipendenza.
La LRAT
si basa su due semplici principi: autosufficienza e autogestione. Per questo
abbiamo deciso di: coltivare broccoli e cavoli nella vasca da bagno della
stanza denominata bagno; rifiutare qualsiasi forma di igiene, l’igiene
allontana l’essere umano dalla terra, disprezziamo l’igiene; usare la stanza denominata
cucina come piccolo laboratorio chimico, sperimentando, attraverso i
resti del cibo ormai avariato, la creazione di nuove forme di vita; assaporare
il gelo.
Nella LRAT abbiamo tutti una
divisa: giacca da neve, moon boot, guanti touch.
Nella LRAT domina
l’uguaglianza, il rispetto reciproco e la totale anarchia.
Crediamo nel Caos.
E il Caos crede in noi.
Elia M.
Simone S.
Giorno
4 [Secondo giorno della LRAT]
«Cioè, questa è la vita che volete?», mi domanda Viola (mamma) mentre
mio padre gira per casa tappandosi il naso.
«Madre, dovresti ringraziare. La vostra educazione comunista ha portato
alla LRAT. Il compagno Simone ha dato
il via al Cambiamento e oggi, finalmente, possiamo definirci cittadini liberi.
Seguirò le vostre orme e cambierò il mondo».
«Dai», annuisce papà, «in fondo non è così male. Guarda qui, stanno
spuntando le prime piantine».
«Ma fa freddo!»
«Il freddo tempra lo spirito! Lo dice pure Yogi Bhajan».
«E chi è?»
«Uno che vive dentro la capoccia mia, ha portato lo yoga kundalini in
occidente. Mica cazzi».
«Chi? Kundalini chi?»
GRANDE PUFFO: Oh! Serprentò! Stanno a
puffa’ di te!
KUNDALINI: …
GRANDE PUFFO: Comunque… vorrei dire che
qui stanno finendo le birre e qualcuno si rifiuta di andare al discount, vero
Superstellino?
SUPERSTELLINO DEGLI SNORKI: Mi rifiuto
sì. Sempre io devo fare ‘ste cose. La LRAT
mi ha aperto gli occhi.
MASTRO LINDO: Non diciamo cazzate, già
la Stanza dei Bottoni è uno schifo. A proposito, non lo sentite che freddo? Le
pareti si stanno mezzo congelando… facciamo venire un brivido ad Elia.
Ho un brivido.
«Senti, chiamaci quando sarai rinsavito. Ti ho portato una cosa, sta in
cucina. È pesce».
«Ah ma’, io il pesce mica lo mangio! Sono vegetariano…»
«E che il pesce è carne?»
«Tranquillo Elia», sorride papà, «Simone sta accendendo il fuoco. Se lo
mangia lui».
Giorno
5 [Terzo giorno della LRAT]
Procacciare il cibo.
Trovare la legna per il fuoco.
Accendere il fuoco.
Simone esce tutte le mattine inoltrandosi lungo le campagne di Trigoria,
caccia da solo, senza aiuto, l’arco ben teso, la freccia puntata contro la
preda. Si concentra, ma la caccia non fa per lui.
(Nota: la LRAT è contro la
caccia -e la pesca-).
A casa non porta tante cose, quindi si
reca in paese e arraffa roba da discount, sottratta al padrone grazie al
potente mezzo della spesa proletaria.
Io mi occupo della legna, cerco l’albero perfetto, quello più alto,
perso nella fitta boscaglia della campagna romana e, con colpo sicuro e accetta
pronta (comprata all’Ikea), taglio i rami. Una volta lo giuro me la sono vista
brutta, affrontando da solo un cinghiale mutante, dotato di seicentosessantasei
zanne acuminate e dodici occhi (anche nel culo).
Insieme accendiamo il fuoco a casa, nella LRAT, nella stanza un tempo denominata salotto. Per
accendere il fuoco non usiamo carta o accendini. Solo fiammiferi.
La notte cantiamo canzoni e Simone suona l’armonica. I vecchi raccontano
storie dei tempi andati.
Sorrido, assaporando le fiamme e fumando piano la pipa della sapienza,
gli occhi di chi ne ha viste tante e lo sguardo perso in un punto ignoto
dell’esistenza (lo schermo nero della televisione).
Giorno
6 [Quarto giorno della LRAT]
I vicini ormai ci schifano, la stessa Lola ci rivolge appena il saluto.
La rivoluzione si sa allontana i più deboli, i traditori.
Non molliamo.
Non ci avranno mai.
Uno ne sconfiggerete, mille giungeranno
in suo soccorso.
Giorno
7 [Quinto giorno della LRAT]
Ho scelto di non andare più al lavoro. Mi sono preso qualche giorno, per
solidarietà nei confronti di Simone. Simone continua il suo sciopero solitario.
Dalla cooperativa per cui lavora non si sono ancora fatti sentire ma il
coinquilino è convinto che prima o poi lo faranno. Nel frattempo la LRAT vive e prospera.
Passiamo le giornate a casa, uscendo solamente per procurarci il cibo e
l’occorrente per il fuoco. La sera andiamo a dormire presto, per non consumare
le candele.
Lettera
all’amata
Carissima A., mia adorata,
la vita alla Lrat continua con alti e bassi.
Il
freddo è tanto e alle volte mi mancano i tuoi abbracci, il tuo corpo, il calore
che tengo vivo nella memoria. Ogni giorno il termometro scende di due gradi e
spesso ci domandiamo se non sia meglio cedere. So che ti manco ma non posso
abbandonare la lotta. La lotta (e il tuo ricordo) è quel che mi tiene in vita.
Di notte mi riscaldo col mozzicone della candela e le fiamme balenano alte,
imperturbabili. Io le guardo amore mio e penso al tuo viso, ai tuoi occhi, alle
tre macchie che disegnano l’iride. È l’immagine del tuo volto a tenermi
compagnia in questi momenti di solitudine. La battaglia sarà ancora lunga, lo
so. Il vicinato si lamenta della puzza e del marcio, alle volte sentiamo
confabulare da dietro la porta del luogo un tempo denominato ingresso.
Ieri notte li ho visti dalla finestra, i forconi in una mano e le fiaccole
nell’altra. È una battaglia contro la civiltà questa, contro l’opulenza
occidentale e le bollette della luce.
Ho scelto di seguire il compagno Simone in quest’impresa, nonostante
l’assenza quasi totale di cibo. Tesoro, mi iniziano a mancare anche gli
hamburger vegetariani del discount, quelli agli spinaci.
Rifiutiamo tutto noialtri. Anche gli hamburger agli spinaci.
Non nego di essere stanco. Stanco e
provato.
Questa mattina mi sono svegliato all’alba e, in bagno, mi è sembrato di
sentire un suono, come uno squittio. Ho aperto la porta di corsa ma non c’era
nessuno tranne il pinguino. I pinguini amore mio non hanno ginocchia, ma questo
sono sicuro tu lo sappia, colta come sei.
Le piantine che avevamo messo nella vasca sono tutte congelate.
Il pinguino è il nostro nuovo amico e vive nella stanza un tempo
denominata bagno. La notte ci sveglia con i suoi versi perversi, ci fa
paura.
E tu amore mio? Come stai? Come procede la vita in fabbrica? Salutami i
nostri tredici figli e dì loro che papà li porterà sempre nel cuore.
In fede
Elia, tuo amato
Giorno
8 [Sesto giorno della LRAT]
Bussano alla porta.
«Aprite!», urlano. «Aprite è un ordine!»
Riconosco il colpo. È Il Vecchio, colui
che riscuote l’affitto, nostro acerrimo nemico, nonno del proprietario del
palazzo.
«Mai!», rispondo.
Simone mi guarda preoccupato tenendo in
mano una scopa di legno.
Sbruffo freddo dalla bocca e una nuvola densa s’innalza nell’aria.
Mi volto, il pinguino è lì e mi guarda, come se volesse mangiarmi.
«Cosa state facendo?», chiede Il Vecchio. «C’è una puzza incredibile!»
«Scioperiamo! Lunga vita alla LRAT!»
«Gli hanno staccato la corrente», sento dire. È Lola, maledetta
traditrice.
«Lo dicevo io che erano strani, poco di buono. Due ragazzi che vivono
così… soli… che poi lo sa che cosa
fanno sì? Io li sento la notte, soprattutto il Mangiaboschi… parla da solo,
controlla che tutto sia in ordine…», sussurra un’altra voce, quella della
vecchia del piano di sopra, la stronza che si mette i tacchi alle quattro del
mattino. Che si sta a vendica’, ‘sta bastarda.
«C’è sempre l’opzione sfratto», annuisce Il Vecchio. «Non saranno i
primi che mando via…»
«Forse cacciarli è un po’ esagerato. Facciamoli ragionare…», dice Lola.
«Avete quarantotto ore per rimettere tutto in ordine e pagare le
bollette! Altrimenti chiamerò mio nipote e saprà lui cosa fare!», urla Il
Vecchio.
Poi cala il silenzio.
GRANDE PUFFO: Per tutti i puffi, che
fare?
MASTRO LINDO: Arrendiamoci finché siamo
in tempo. Abbandoniamo Simone a morte certa, qui stiamo diventando come
Leonardo DiCaprio nel film Revenant…
KARL MARX: Da oscar.
MASTRO LINDO: Grande interpretazione.
UNA MOSCA: Elia glie dà ‘na pista a
DiCaprio.
IMMANUEL KANT: Sì ma lo sentite che
freddo?
JOHN LOCKE (quello di Lost): Moriremo
tutti!
CARL GUSTAV JUNG: Guardate là, le pareti
della Stanza dei Bottoni sono tutte congelate. Il diletto sta morendo dal
freddo, non durerà molto.
BATMAN: Per di più di là c’è un pinguino
assassino che ci sta squottando il bagno.
Osservo Simone. Batte i denti, si siede sul divano, si rialza, mangia un
cioccolatino alla nocciola, fuma una sigaretta, trema, si muove, torna sul
divano, gira la testa a destra e a sinistra, digrigna i denti. È in astinenza.
Mi avvicino. «Amico mio, resisti. I tiranni non ci avranno».
«Elia, io posso tutto. So cosa significa lo sfruttamento, essere pagato
una volta ogni sei mesi se ti dice culo, vivere senza la certezza di un domani,
non potersi permettere un cinema ed essere costretti a rubare i libri alla
Feltrinelli, togliendo il codice a barre che un omino misterioso nascosto negli
scantinati della libreria e costretto a mangiare gusci di granchio appizza nei
posti più impensabili; so cosa vuol dire non andare mai a cena fuori, solo dal
cinese nei giorni di festa, essere terrorizzati alla fine del mese, quando devi
pagare l’affitto; gioire felice se per terra trovi due centesimi, mangiare solo
robe di scarsa qualità, anzi di pessima qualità; non avere manco un contratto a
progetto, non potersi permettere di sognare, di pagare la benzina della Vespa,
di uscire una sera, una cazzo! A bersi una birra senza stare ogni tre secondi a
controllare il portafoglio; so cosa si prova ad indossare sempre gli stessi
vestiti da dieci anni e a guardare con invidia chi guadagna
quattrocentoottantadue euro al mese. Lo so. Ma cazzo, a stare tutto il giorno
senza Play e senza manco una canna no. Non posso accettarlo! Ci hanno dato i
videogiochi e le droghe proprio per questo! Per renderci docili, servili! E noi
che facciamo? Occupiamo casa nostra e la rendiamo un cesso?!? E tutto per non
pagare una bolletta? Ma che, siamo matti?»
«Ma tu… sei stato te che… la LRAT…
lo sciopero…»
HAKIM BEY: L’adorato non può mollare
così! La T. A. Z. vive!
BATMAN: La che?
KARL MARX: La T. A. Z. ignorante… Zona
Temporaneamente Autonoma.
BATMAN: Allora scusa, doveva essere la
Z. T. A.
KARL MARX: Effettivamente…
BATMAN: Sarà tradotto…
KARL MARX: Comunque, c’ha ragione Hakim
Bey qua. Elia non abbandona la lotta. Ricordate, “Dai diamanti non nasce
niente, dal letame nascono i fior” e l’appartamento, lasciatemelo dire, è un
cesso.
«Proprio tu Simone?», urlo battendomi il pugno sul petto, «Non da te.
Non. Da. Te. Combatteremo fino all’ultimo. E vinceremo.»
Giorno
9 [Settimo giorno della LRAT]
Simone è fermo, immobile sul divano. Guarda il vuoto e suda.
Io ho un freddo cane. Lastre di ghiaccio
penzolano dal soffitto e sui vetri delle finestre una leggera brina copre il
paesaggio esterno.
Mi avvolgo nella coperta, oltre che con la divisa d’ordinanza della LRAT. La verità è che non ce la possiamo
fare da soli. Ci mancano i soldi, non riusciamo a pagare le bollette e ogni
mese quando Il Vecchio viene a riscuotere l’affitto ci manca sempre qualcosa.
Siamo al di sotto della soglia di povertà. In due facciamo uno stipendio
scarso. Siamo la scala più bassa della società, manco più proletari. Non
abbiamo niente: futuro, sogni, ambizioni. Si sono mangiati tutto, ogni cosa e a
noi hanno lasciato le briciole (tra l’altro vomitate). Hanno rubato i sogni
alla generazione nostra, tutti quanti e ci hanno pure ordinato di dire Grazie.
Siamo una massa di laureati sfigati senza un soldo per piangere. Mica se ne
rendono conto i genitori nostri, la generazione
che ha fatto il ’68; non lo capiscono cosa ci hanno lasciato. E però poi
in televisione dicono che c’è la ripresa, che i giovani stanno ricominciando a
lavorare e che chi non lavora è uno scansafatiche, che non c’ha voglia di fare
un cazzo. Dicono che adesso ci sono i contratti a tempo indeterminato e poi
però mica lo spiegano che per il datore di lavoro stipulare un contratto a
tempo indeterminato è una svolta, tanto poi ti possono licenziare lo stesso. La
precarietà è tipo un mostro che conviene, una bella bestia nera con gli occhi
rossi che ha mangiato tutto e che ha arricchito quei quattro stronzi macellai
di speranze. E adesso però noi siamo senza luce, nella LRAT e facciamo i raccontini che fanno ridere, perché se non
ridiamo di noi stessi è la fine.
GRANDE PUFFO: Vabbè, adesso basta eh.
Ché qui le pareti sono tutte congelate.
Comunque sì, c’ho quest’illuminazione. Che insomma, potrà salvare Simone
e me da una vita sotto ai ponti.
KARL MARX: Rapiniamo una banca?
SUPERSTELLINO DEGLI SNORKI: Le offerte
in Chiesa?
GRANDE PUFFO: Puffiamo una vecchietta?
Il giorno che va a ritirare la pensione?
IL CRICETO: Affittiamo l’utero nostro?
Pure se siamo maschi?
PIERO ANGELA: No amici, molto molto di
più.
Giorno
10 [Ottavo giorno della LRAT]
Lo studiamo.
Immobili.
Il martello in mano.
Ci guardiamo un attimo.
Gli occhi di Simone si stringono.
Per un secondo osservo la casa. I resti dell’ultimo falò, le cartacce
delle merendine gettate a terra, gli avanzi di cibo condensati in una poltiglia
marcia, le macchie d’acqua stagna sotto al vecchio frigorifero giallo.
Mi stringo nella giacca. La LRAT mi
mancherà. Per più di una settimana abbiamo vissuto così, abbandonando le
sicurezze della vita moderna e, sotto sotto, ci è piaciuto.
Ora però è il momento di fare gli adulti
e di pagare le bollette. Alla fine dai, la luce ci serve.
Alzo il martello, guardo il Sacro Salvadanaio a forma di maialino rosa e
poi lo colpisco, fendendo l’aria come un novello Thor. Il maialino si rompe in
mille piccoli pezzi e rivela le sue interiora. Afferriamo le monete felici,
sentendoci per un momento, uno solo, ricchi.
La PlayStation 4 in fondo può aspettare.
«Che poi», mi fa Simone, «senza elettricità col cazzo che ci giocavamo.
O no?»
«Avoja».
«Senti, un altro coinquilino? Potrebbe essere ‘na svolta, gli facciamo
pagare l’affitto a lui. Lo sfruttiamo. Lo prendiamo giovane e facciamo un po’
di nonnismo. Fico eh?»
«Ma che sei matto? Sai quanto sporca?»
Ci vestiamo di fretta e usciamo, i raggi
del sole ci colpiscono per un attimo, accecandoci; i risparmi di una vita usati
per pagare la luce di casa. Che la casa poi, a rifletterci, dovrebbe essere un
diritto, ma tant’è.
Epilogo
Nel buio della notte, quando le ombre inghiottono le case e gli umani
dormono beati nei caldi letti, nell’appartamento di Trigoria un tempo
denominato LRAT un’oscura
presenza si muove nel bagno; è grande e goffa, non ha ginocchia e un lungo
manto le copre il corpo. È il becco ad emettere il verso, un verso stridulo e
lancinante che fa accapponare la pelle. Il pinguino s’innalza fin sopra il wc e
geme, davanti ad un’orda di suoi simili.
«Compagni & Compagne», squittisce, «in questo bagno, qui e ora,
viene celebrato il Primo Raduno Mondiale di Pinguini Sovversivi (PRMPS); sono io, il pinguino vostro, compare
di mille avventure e protettore del cesso, ad inaugurare così la lotta per il
proletariato animale unito. LA LRAT
E’ MORTA, LUNGA VITA ALLA LRAT!»
« LA LRAT E’ MORTA, LUNGA VITA
ALLA LRAT!», ripetono gli altri
pinguini, ululando alla luna.