lunedì 7 marzo 2016

LA GITA IN MONTAGNA



  Ecco cazzo lo sapevo ho dormito ‘na merda.
  Tipo che c’ho l’ansia no?
Hai presente? Quando devi fare qualcosa di importante il giorno dopo, e ti svegli ogni tre secondi, con la paura che la sveglia non suonerà, che starai in down tutto il tempo, che non ricorderai niente? Generalmente, una cosa del genere, a te che stai leggendo, avviene solo la notte prima di un avvenimento importante, che ne so: il tuo matrimonio, il funerale del cane, l’ultimo esame prima della laurea, il primo giorno di lavoro.
SIGMUND FREUD: A Elia no. A Elia, nostro diletto, succede per ogni cosa, addirittura quando il giorno dopo ha una cena con gli amici. Di conseguenza, per l’adorato, ogni attimo è importante.
GRANDE PUFFO: E ci fa dormire un cazzo a noialtri. Ché soffre d’insonnia lo stronzetto e ci tocca svegliarci tutti. E di chi è la colpa? Di Superstellino, ve lo dico io! Si puffa addosso per ogni minima stronzata!
  Capirete quindi che, se il giorno dopo ho un appuntamento con Anita, sicuro non dormo.
  «E se poi l’appuntamento è alle nove del mattino, in montagna, per allegro trekking tra giovani marmotte è ancora peggio», dice Ganesh.
  Mi alzo, stirando bene la schiena. Arranco in cucina ad occhi chiusi, preparo il caffè.
LA VECCHIAIA: Va troppo lento, troppo lento! Deve sbrigarsi se vuole arrivare in orario! Sembra uno zombie!
  Le braccia si tirano in alto, gli occhi si abbassano. Zoppico. Ogni pensiero sfuma.
CARL GUSTAV JUNG: Fase REM! Presto, correte ai comandi!
KARL MARX: Chi è che sta manovrando l’adorato? Chi c’è al joypad?
MASTRO LINDO: Giacomo Leopardi! Sempre stato sfigato con le donne… qui ci serve uno tosto, dobbiamo far colpo una volta per tutte sulla giovane Anita.
UNA MOSCA: Chi chiamare però… serve un uomo vero, che metta ad Elia il giusto brio ma che, contemporaneamente, crei ansia. Per fare le cose di fretta dico.
IL CRICETO: Ho io la persona che fa al caso nostro!
  Improvvisamente ‘na botta di adrenalina mi colpisce, costringendo la spina dorsale a sollevarsi. Gli occhi si spalancano, iniettati di sangue. Allungo i bicipiti. Guardo l’orologio. Cazzo.
  Cazzo
  Cazzo
  Cazzo
MITCH DI BAYWATCH: Tranquilli, con me alla guida andrà tutto bene.
FEDERICO MOCCIA: Ohhh, ma è proprio lui! Posso avere l’autografo? Posso?
  Ho in mente la canzoncina di Baywatch mentre bevoilcaffèfumolasigarettamifiondoinbagno.
Tatatan-tatatan
Tatatatata
Tatatan-tatatata-ta-tan
  «Che è?», mi chiede Ganesh.
  «Come che è. La sigla no? Hai presente?»
  Mi guardo allo specchio, ammicco. Bei muscoli. Bel fisico. Mica magro, slanciato. Dovevo fare il bagnino. Per un attimo solo penso a Pamela Anderson con il costumino rosso tutto attillato.
  Sorrido.
  Devo cacare.
Mi volto verso la tazza e lo vedo. No. Il pinguino no.
  Il grande pinguino che ha occupato il bagno di casa nostra mi guarda ebete. E non si muove.
  «Ehi, devo fare la cacca, posso?»
Niente.
Mi osserva e muove un poco il becco.
Ondeggia.
  Corro da Simone (il coinquilino).
  «Aho», lo strattono.
  «Elia, è presto, è domenica. Che vuoi?»
  «Ci sta ancora ‘sto cazzo di pinguino al cesso. Io devo farla».
  «E caccialo no?»
  «Ma come faccio? Sei stato tu a dirgli di rimanere. Farò tardi! Ho un appuntamento con Anita!»
  Simone sbruffa e si volta dall’altra parte. «Cresci», sbadiglia, «non starò sempre con te. Sii uomo.»
  Torno in bagno. «Pinguino», dico, «devo cacare.»
Il pinguino si fa più in là, ma non si sposta, ‘sto stronzo squatter dimmerda.
Okay.
  Mi chino sulla tazza e la faccio osservando bene l’animale mentre scoreggio.
MITCH DI BAYWATCH: Adesso devo farlo vestire, giusto? Io me ne intendo più di costumi da bagno ad essere sinceri. Però con la montagna me la cavo. Ci sono i laghi. Ecco, che ne dite?
GIANNI VERSAGE: L’accostamento nero blu non mi fa impazzire, e neanche i calzini viola a righe verdi con un piccolo ma significativo foro sotto la pianta. D’altra parte amici non è stato forse il Mangiaboschi a rifiutare lo shopping postnatalizio? Quello dei saldi? Non è forse lui, illustri colleghi, il più scaltro tra gli straccioni? Come posso io riuscire nell’impresa, quando per vestirlo al posto mio viene chiamato Ernesto Che Guevara, che sarà stato anche un rivoluzionario ma, mio Dio, in fatto di moda non è che ci capisca molto. Affidiamoci dunque alle cure del bagnino burino. Continuiamo così. Rimpiangerete il giorno in cui mi avete bistrattato.
MICHAIL BAKUNIN: Aho, e basta un po’! Elia pure se volesse manco se li potrebbe permettere gli stracci tuoi! Al massimo i pantaloni dai cinesi si compra, a Piazza Vittorio.
KARL MARX: Come quando va dal parrucchiere no? Sette euro al taglio. ‘Na bomba ‘sto proletariato.
GIANNI VERSAGE: E si vede.
BATMAN: Li scusi signor Versage, lei ha ragione. Sono dei pezzenti. Sono circondato da pezzenti ahimè.
IL CRICETO: Pardon, non erano meglio i pantaloni con i tasconi?
  Mi guardo allo specchio: jeans, felpa e giaccone. Come al solito insomma. Il pinguino annuisce. Inforco gli occhiali da sole e il cappellino di lana comprato in Thailandia. Ecco, così sì, sembro proprio un montanaro metropolitano. Glielo faccio vedere io come si scala la collinetta, a ‘sti burini.

  Diciassette minuti di ritardo, tra persone normali, non sono niente. A Roma (è tipo ‘na legge) il ritardo è d’obbligo. Se non arrivi tardi non sei nessuno. Ce l’abbiamo nel sangue noi romani, ‘sta storia del ritardo. La impariamo da piccoli, sulle nostre spalle, quando stiamo sotto la pioggia davanti alla fermata ad aspettare per ore prima l’autobus e poi l’amico ritardatario. Da noi il ritardo è proprio una filosofia. Quindi ‘nsomma, diciassette minuti non sono niente. Niente.
  Parcheggio la macchina (prestata dai miei) dietro una jeep. In lontananza scorgo un gruppetto di persone, più o meno una quarantina, in cerchio.
  «Eccomi!», urlo mezzo trafelato, col fiatone, per far vedere che ho corso.
  Gli sguardi si alzano all’unisono.
Ottanta occhi mi scrutano come se volessero mangiarmi.
  «Tu sei?», mi fa uno, il più vecchio, la guida mi sa.
  «E… Elia».
  «La tabella di marcia. Guarda su».
Seguo il suo dito, osservando un cielo limpido e azzurro, macchiato da una piccola nuvoletta tonda, quasi tenera.
  «La vedi quella?»
  «…»
  «Non bisogna mai sottovalutarle, mai».
CAPITANO ACHAB: Ha ragione il vecchio. Le nuvole nascondono celati misteri, misteri di morte!
GRANDE PUFFO: Ecco. E già la prima figura di merda l’abbiamo puffata.
BATMAN: Possiamo ancora recuperare, guardate: è il momento della cartina geografica.
IL MOMENTO DELLA CARTINA GEOGRAFICA
PIERO ANGELA: Il Momento della Cartina Geografica è, per ogni uomo, l’attimo essenziale in cui viene affermata la supremazia rispetto agli altri componenti di sesso maschile del branco. Saper leggere una cartina è vitale per la sopravvivenza; il vero maschio alfa, con fare scaltro e astuto, si cimenta con le cartine, per far colpo sulle femmine del gruppo. Ahimè, il nostro Elia non ha senso dell’orientamento ma ora, comandato da Mitch Buchannon, prode maschio della fortunata serie televisiva di bagnini, non può fare a meno di erigersi a sommo conoscitore delle cartine geografiche, siano esse di terra, di mare o di spazio.
  Mi avvicino al gruppo, ignorando gli sguardi ostili degli altri. Tiro su la schiena e sorrido ad Anita. «Ciao», mi fa. Le rispondo con un gesto veloce, una lieve increspatura degli occhi che non lascia trasparire nessuna emozione. Da uomo. Da uomo vissuto.
  «Scusa», sorrido, «do un’occhiata alla cartina. Voglio capire bene il tragitto». Poi guardo il cielo, come a voler consultare il sole.
  Mi avvicino alla guida che sta indicando un punto agli altri. Osservo la cartina.
  Hmmm. Quello dovrebbe essere il nord. Dovrebbe.
  «Allora Elia, che ne dici. Bel giro no?», mi fa il tizio, il vecchio, la guida là.
  «Ottimo», annuisco osservando i segni oscuri dipinti sulla carta. Milioni di linee che si concentrano una sull’altra, di tutti i generi e colori. Masse di onde e nomi e tracce.
MASTRO LINDO: Non ci sta capendo niente! Se Anita lo nota è la fine!
IL CRICETO: Piano, senza farci scoprire. Diventiamo piccoli piccoli e facciamo brevi passi indietro.
MITCH DI BAYWATCH: Tranquilli ragazzi. Ho combattuto contro squali, mostri tropicali e sirene ammalianti, non sarà certo una montagnetta a farmi paura. A guidare i nostri passi sarà il sole.
  «Elia».
  «Anita… ehi, ciao. Scusa, stavo guardando la cartina».
  «Visto che percorso?»
  «Piccolo».
  «Beh, venti chilometri di cui dieci in salita non sono proprio pochi. Hai visto la cartina no?»
Cristo. Venti chilometri. E chi ce la fa. Io ci muoio su ‘sta montagna. «Sì sì. Però dai, non sono tanti. C’è di peggio.»
  «Dormito bene?»
Uno schifo. «Come un sasso. Sei sola?»
  «No, con un paio di amici. Vieni che te li presento… ecco, lei è Maria, lui è Alessandro e lei è Anna. Ah, lui è… già vi conoscete se non sbaglio.»
  Stringo la mano all’uomo davanti a me. I nostri sguardi si incrociano per un attimo di troppo. La potenza del super saiyan mi scorre nelle vene. Certo che ci conosciamo. Mi ricordo di te. Artemio. Lurido bastardo.
  [Nella notte dei tempi, in un passato oscuro e lontano, risalente più o meno all’anno scorso, Artemio ed Elia si sfidarono in un duello senza esclusione di colpi per conquistare il cuore di Anita].
  «Come no? Siamo andati a cogliere asparagi insieme», dice Artemio.
Cogliere. Pfui. Abbiamo gareggiato. Mica abbiamo colto. Coglione. È stata una battaglia dura. E tu giocavi anche in casa. Io manco lo sapevo com’era fatto un asparago. Maledetto.
SUPERSTELLINO DEGLI SNORKY: Avete visto com’è vestito? Che bei pantaloni da trekking che ha? E osservate le scarpe! E la giacca!
FEDERICO MOCCIA: Non abbiamo speranze! Ha i bastoni ultratecnologici!
SUPERSTELLINO DEGLI SNORKY: E il contapassi che si collega al cellulare che si collega al satellite che si collega alla luna che si collega ai raggi gamma che si collegano alla velocità della luce che si collega alle onde gravitazionali! Siamo perduti!
JOHN LOCKE (quello di Lost): Moriremo tutti!
  «Ti sei vestito bene», mi fa, «guarda che là su farà freddo».
Seguo il suo dito e la vedo.
LA GRANDE MONTAGNA INNEVATA
  «È piena di neve», dice Anna.
LA VOCE DI DIO: E’ sveglia la ragazza.
ERRICO MALATESTA: Perspicace.
  «Si vede. Già».
Credo che le scarpe da ginnastica non andranno troppo bene.
GRANDE PUFFO: Io lo sapevo che dovevamo andare da Decathlon. Oh, mai nessuno che mi dà ascolto in questo buco di cervello. E mo? Come la puffiamo la montagna dello yeti del cazzo? Eh? Ché manco c’abbiamo il sanbernardo con la fiaschetta al collo! Il liquore per tutti i puffi! A noi non ci rianima nessuno se sveniamo! Scommetto ‘sti scalatori qua, ‘sti montanari c’hanno minimo minimo ‘na boccia di grappa negli zaini.
KARL MARX: E che zaini.
MITCH DI BAYWATCH: Lasciate fare a me. ‘Scoltate un po’ che risposta diamo allo stronzetto.
  «Io non c’ho freddo. A me un paio di jeans mi bastano per riscaldarmi. E quello», rispondo indicando il sole.
  Che cazzo di frase.
  Che. Cazzo. Di. Frase.
Artemio mi osserva confuso.
  Prossima volta giuro vado da Decathlon.

  «In marcia!», urla la guida.
Io già mi sento in Revenant, il film che ha fatto vincere l’oscar a DiCaprio.
LEONARDO DICAPRIO: Noi abbiamo girato a meno quaranta gradi, con gli orsi veri, sotto la pioggia. Mica cazzi. Se non stavo a morì l’oscar col fischio che me lo davano.
  Osservo a sinistra e a destra, guardando bene che non ci siano orsi nelle vicinanze. Anche se, riflettendo, una lotta contro l’orso aumenterebbe di non poco i punti miei per diventare il maschio alfa, sarei tipo la star della spedizione e finirei pure in tv e Anita stravedrebbe per me, alla faccia di coso lì, dell’omino da trekking, Asdrubale, Artemio o come si chiama.
  Ecco, guarda un po’. Due passi e già stanno vicini vicini, i piccioncini. Cribbio sono arrivato fino a qua per starmene per conto mio? A me la montagna manco mi piace. Me ne restavo a casa, a fare le partite domenicali alla Play con il coinquilino e il pinguino. Tranquilli tranquilli, una paio di canne, ‘na biretta e il gioco è fatto.
  Ma guardali.
Ha occhi solo per lui.
  Eccerto, saranno le scarpe che ha.
  O la giacca.
  O le racchette, le bacchette, ‘nsomma, i bastoni tecnologici. I così con la punta alla fine. Esagerato. Adesso non è che è tutta ‘sta montagnona. Come i ciclisti della domenica. Paro paro. E io li odio i ciclisti della domenica.
MAESTRO YODA: La gelosia colpendo ti sta. Osservare tu devi. La grandezza non conta, guarda me: giudichi forse me dalla grandezza? Non dovresti farlo infatti, perché mio alleato è la Forza, ed un potente alleato essa è!
MASTRO LINDO: Ha ragione il maestro. Siamo appena partiti.
LEONARDO DICAPRIO: Dovete farvi notare. Muovete Elia a casaccio.
  Saetto in avanti ed inizio una fitta conversazione con la guida. Mi parla di tutto, della pendenza, della montagna, delle stelle, del sole, dell’orientamento, dei fiori, della terra e dell’acqua. Finisce che so tutto di montagna. Poi attacca a parlarmi di sua sorella, sposata ad un contadino senza gambe.
  «Come senza gambe?»
  «Eh. Senza gambe. Furono i lupi a strappargliele, trent’anni fa, in piena notte. Un branco impazzito che tutte le sere veniva a disturbare il sonno dei contadini, mangiando le galline e uccidendo le mucche. Alcuni dicono non fosse un lupo».
  «E cosa allora?»
  «C’era un uomo sempre solo, viveva nel bosco, lontano da tutti. Di notte, ogni tanto, quando i giovani andavano a pomiciare tra la natura, si sentivano strani versi. Ululati. Ma umani. A mozzare le gambe al contadino dicono sia stato un lupo mannaro. E si aggira ancora qui, nei boschi della montagna. Meglio non rimanere soli Elia».
  «Maddai un lupo mannaro», mi fa Ganesh, «non t’avrà mica messo paura vero?»
  «E che ne sai? Casomai è vero. Io ho un amico immaginario con la testa d’elefante, per dirne una».
GRANDE PUFFO: Secondo me ci pija per il culo. Poi fate un po’ voi. Tanto si sa che l’adorato ci crede a ‘ste cose.
KARL MARX: Macché, neanche ascolta. Guardate, con la coda dell’occhio osserva Anita.
LA VECCHIAIA: Che brutta bestia la gelosia.
SIGMUND FREUD: Vedete cari amici, l’adorato vuole, come dire, essere sempre al centro dell’attenzione. L’appiglio per la fanciulla, il punto di riferimento, il consigliere. Quello a cui aggrapparsi, il primo con cui ballare, il ragazzo guardato quando comincia una canzone d’amore, quello a cui si sorride un attimo prima di sorridere agli altri. Vuole essere il primo. Il primo pensiero, il primo gioco. Anche quando ci sono altre persone, non solo quando sono soli. Sempre. Per lui è così. Se c’è Anita sono i suoi occhi che va a cercare, poi quelli degli altri. Sa che non tutti ragionano come lui, ma non può farci niente.  Ripeto, il diletto vuole essere il punto di riferimento. E non un punto di riferimento. È semplice. Deriva dalla sua insicurezza. Dal non sentirsi a suo agio nelle situazioni. Elia brama essere essenziale per qualcuno. Indispensabile. Psicologia spiccia, se posso.
FEDERICO MOCCIA: Tipo al centro del cuore, tipo.
SIGMUND FREUD: Tipo.
  «Oh, guardatevi dalla gelosia, mio signore. È un mostro dagli occhi verdi che dileggia il cibo di cui si nutre. Beato vive quel cornuto il quale, conscio della sua sorte, non ama la donna che lo tradisce, ma oh, come conta i minuti della sua dannazione chi ama e sospetta; sospetta e si strugge d’amore!», mi fa il perfido Iago, astuto nemico di Otello.
  Arranco, osservando i due piccioncini, mentre la montagna si fa più ripida.
  Un passo dietro l’altro.
Annaspo.
  Sudo che è una bellezza.
Rallento.
KARL MARX: Se rallenta tutti capiranno che Elia non è portato per la montagna, diventerà lo zimbello della spedizione, sarà la fine! Faranno i poster con la faccia sua e lo chiameranno George McFly!
  Già li vedo gli sguardi di ‘sta gente, come ridono di me.
Che poi io dico: mi inviti qui sulla montagna e manco mi fili. Come se arrivo io un giorno e ti dico di venire ad un concerto con me e poi sto tutto il tempo con un’altra ragazza. Eh. Un minimo di tatto.
  «Giusto!», dice Iago. «Uguale. La fanciulla non vi merita. Mio signore, osservate attentamente come scruta il giovane contadino suo amico. È lui la fonte di ogni informazione, il suo punto di riferimento. È a lui che pone domande e da lui attende risposte, pendendo dalle sue labbra. Voi siete solo un contorno, un puntino nel vuoto. Il terzo incomodo quasi. Ripeto, non vi merita.»
  Gli occhi si macchiano di sangue.
  Odio la gelosia.
MITCH DI BAYWATCH: Non molliamo, non possiamo. Ne va della nostra virilità. Ecco qua. Avviciniamoci.
  Mi avvicino alla coppia.
  «Elia», dice Anita, «ti piace?»
  «Che?», sbuffo, la rabbia che sale come un mostro infuriato.
  «La natura, la montagna».
  «Già Elia, che ne pensi di questi pini? Degli alberi secolari? Dei fiori? Vedi, guarda a terra, li riconosci?», mi domanda Artemio.
  «Eh. Margherite.»
  «Le avete anche voi in città?»
  «Quante ne vuoi. Le vendiamo pure, tante ne abbiamo».
Tiè. Elia 1 – Artemio 0
  «Deve essere così dura vivere in una grande metropoli. Io non potrei mai.»
  «Io neanche», cinguetta la ragazza.
  «È una congiura contro di voi!», mi sussurra Iago all’orecchio.
  «Svegliarsi presto», comincia Artemio, «il canto del gallo, gli uccellini che cinguettano, la passeggiata di prima mattina nei boschi, le piante, il manto di stelle la notte, la luna, la vita di paese, una vita tranquilla, fatta di piccole cose. Vero cara?»
  «…»
  «Come fai a vivere senza stelle? Il cielo viola avete, neanche la luna si vede più tanto è l’inquinamento. E il cibo poi… tutti quei prodotti del supermercato. Scommetto che non hai mai assaggiato un pomodoro, coltivato da te…»
E infatti, il pomodoro mica l’ho mai assaggiato. Stronzotestadicazzo. Ma la soddisfazione qui mica te la do. Scrivo io, c’ho fantasia da vendere. «L’ho assaggiato eccome. Mica uno… ho passato un’estate intera nei campi, sotto il sole cuocente, a fare l’orto, nelle aride terre del sud. Tutte le mattine sveglia all’alba, pagato tre euro al giorno. Pomodori, peperoni, insalata. Tutta roba bio. E gli abbiamo pure fatto la rivolta nei campi, a ‘sti sfruttatori.»
  «Ripeto, è una questione di inquinamento. Non di rivoluzioni. E so che vai pure in bicicletta.»
Anita abbassa la testa. Adesso l’hai capito che è una sfida.
  «C’ho la mascherina.»
La mascherina è l’orgoglio mio, ché sembro un fottutissimo ninja affetta contadini.
  «Qui non c’è bisogno di mascherina. Respira Elia, a pieni polmoni, fai la scorta per il ritorno», ride.
  Rimango in silenzio.
  «Fiatone?», mi fa.
Cristo sono stanchissimo. Altro che fiatone, qui svengo. «Ah bello, n’è che solo in campagna c’avete le cose fiche eh. Fatti un giro per Roma, tipo al Trullo, vatti a guardare le robe sui muri. Nei paesini vostri ce l’avete ‘ste cose?»
SUPERSTELLINO DEGLI SNORKY: Oh no! Corriamo ai ripari, gli sta uscendo il lato coatto!
IL LATO COATTO: Ciao, so’ er Lato Coatto. E vengo da Majana.
GIANNI VERSAGE: Borgataro senza speranze. Incivile.
FEDERICO MOCCIA: E anche un pizzico infantile, se posso.
  «Pausa!», urla la guida.
Riprendo fiato. È il momento di una bella sigaretta a polmoni aperti.
  La giro veloce e poi l’accendo.
Ahhh. Che goduria.
  Un silenzio innaturale cala sulla valle. Tutti mi osservano scandalizzati, qualcuno abbassa lo sguardo.
  Oh oh.
Le sacre regole del bravo scalatore sono state infrante per sempre.
  «Che fai?» mi domanda Artemio.
Tiro forte. «Secondo te?», rispondo buttandogli il fumo in faccia.
  Questa sì che è stata una gran mossa. ‘Sto salutista da quattro soldi. Ti farei vedere come vivo io che ho pure il pinguino al cesso e l’amico mio che fa yoga e gioca con l’energia come fosse ‘na palla da bowling.
GRANDE PUFFO: Ma infatti, per vincere questa gara tra maschi, forse dovremmo svegliare la Kundalini, il sacro serpente, altro che il bagnino.
SUPERSTELLINO DEGLI SNORKY: Come facciamo? Guardatela, svaccata sul divano. L’abbiamo ridotta ad una larva bioenergetica. Circondata da bottiglie di amaro e posaceneri stracolmi di spinelli.
GRANDE PUFFO: Tentiamo. Ne va della vita di Elia…
YOGI BHAJAN: Mi duole ammetterlo ma Grande Puffo ha ragione. Preghiera è quando tu parli con Dio, meditazione è quando Dio parla con te.
  Sat
  Nam
Trattengo il fiato.
  Per il potere di Grayskull…!
Apnea positiva.
  …A me il potere!
Concentrazione al terzo occhio.
Le vene sulla fronte formano la sacra V di Voltron.
  Improvvisamente, tutti i chakra si aprono.
E lo sento, il potere che scorre in me.
KUNDALINI: Sono stata obbligata da voi, miseri esseri, ad alzarmi.
IL NEURONE: Oh potente divinità. Con te alla guida ogni cosa apparirà semplice, perfetta.
KUNDALINI: Mia è la Forza.
MITCH DI BAYWATCH: Riconosco che il serpente qui spacca il culo.
  Spalanco gli occhi. Osservo la mano. Orrore. La sigaretta. La getto schifato. Poi la raccolgo e me la infilo in tasca, per non inquinare.
  La stanchezza fugge via.
Olio.
  Le gambe si innalzano al cielo.
Ogni cosa è chiara.
Limpida.
  I muscoli si gonfiano.
  Se solo volessi potrei lanciare l’onda energetica contro il nemico e farlo fuori una volta per tutte.
  Quando riprendiamo a camminare ogni fatica è scomparsa. Sono il primo, davanti a tutti e posso tutto. Osservo le piante e i fiori, ammiro il paesaggio bellissimo, le cime innevate e il falco che volteggia libero. Annuso l’aria, assaporando la vita. Parlo con tutti, felice di essere qui. Ora. Vivendo il presente. Iago, terribile nemico, lo affondo giù, relegato negli angoli reconditi del cervello: improvvisamente mi rendo conto che la gelosia è un mostro feroce che non ti fa gustare le cose belle, che ti chiude, bloccando l’energia in fondo alla colonna vertebrale.
  Mi sento libero, forte, pieno.
GRANDE PUFFO: Con la Kundalini al comando l’adorato diventa invincibile. Un vero yogi senza paura. New age quasi.
  La vista si accentua, dividendo i colori in categorie e sottocategorie. Posso vedere la forza dell’albero, del fiore, del sasso, delle persone.
  Parlo con tutti, nessuno escluso. Con Alessandro che ieri sera s’è preso una tortorata incredibile, con il vigile venuto fino a qua per gustarsi la montagna, con la ragazza madre che non può permettersi una vacanza, con la ballerina di danza classica che ha smesso di ballare perché troppo vecchia, con il bambino in fissa con i videogiochi.
  E con Anita.
  Che in un attimo è mia.
E anche con Artemio. Così piccolo, così nulla.
  Quasi piango di fronte alla bellezza di Madre Natura. Vorrei spogliarmi nudo nonostante il freddo e ballare e ridere e fare l’amore.
KARL MARX: Compagni, Elia si sta trasformando in un hippie. Dobbiamo fare attenzione, ricordate cosa è successo quando la Kundalini prese i comandi? L’adorato rischiò di diventare un salutista figlio dei fiori!
  Il giallo il blu il verde.
  Mettete un fiore nei vostri cannoni.
  Vorrei cantare.
MASTRO LINDO: Sì… però ascoltate la forza interiore! Il diletto può tutto!
  Poi mi fermo di colpo.
  Mi blocco.
  E piango.
La montagna si apre in due e ogni cosa diventa bianca.
Cotanto candore mi lascia inebetito.
  Bianco è il colore del kundalini.
  Bianca è l’energia.
Le scarpe affondano sulla neve.
I piedi si bagnano.
Ma non sento freddo.
  Mi chino toccando il soffice manto innevato.
  «Tieni», mi sorride Anita porgendomi un piccolo batuffolo di neve. «Bevi».
  Avvicino la bocca alla sua mano, le labbra si posano delicate sulla neve. Sorseggio. Anita mi guarda. Ha occhi bellissimi.
  Ci voltiamo.
Siamo arrivati in cima.
La spedizione si libera dagli zaini e tutti, all’unisono, cominciano a  lanciare grandi palle di neve, come tornati bambini.
  Faccio finta di niente.
  Anita è ancora qui, davanti a me.
Ogni cosa scompare.
Rimaniamo soli lei ed io.
In mezzo al bianco.
Tra le montagne.
  Per un attimo abbasso lo sguardo.
  Lei fa lo stesso.
Le bocche, ora insicure ora esperte, si avvicinano.
  Posso sentire il suo fiato posarsi sulle mie labbra.
Ci sono.
  Chiudo gli occhi.
Una palla di neve mi colpisce.
  Cazzo.
GRANDE PUFFO: Kundalini, dove vai?
KUNDALINI: Quel che dovevo fare l’ho fatto. Torno al mio divano sgualcito, ho bisogno di riposo.
FEDERICO MOCCIA: E noi come faremo? Mancava tanto così al grande bacio!
SERGENTE HARTMAN: Senza paura palle di lardo! Mi metto io ai comandi! Se guerra vuole… guerra avrà!
  Mi volto di scatto. Una botta di stanchezza improvvisa mi colpisce, lasciandomi per un attimo tramortito e senza forze. I piedi bagnati mi fanno male. Tutta l’energia positiva è sfumata via improvvisamente. Cazzo. Cazzo m’ha tolto il momento romantico ‘sto stronzo. Formo una grande palla di neve, Anita mi imita, nel suo sguardo lo stesso odio mal nascosto.
  Poi carichiamo. Artemio ci osserva pallido prima di essere colpito dalla valanga di neve.
SERGENTE HARTMAN: Lotta armata!
  Ed è guerra, Signori & Signore, una bellissima guerra di palle di neve fatta di urla, risate e molotov.

  «Ehi, sei zuppo», mi fa Simone quando rientro a casa, «com’è andata?»
  «La stavo per baciare».
  «E poi?»
  «E poi niente. Mica l’ho fatto. È finita a palle di neve. Abbiamo pure costruito un pupazzo. Con la carota.»
  «Ah. Fico. E la montagna? Bella?»
  «Avoja. Ti ci devo portare. È tutta verde. Aria pura. Ma che ne vuoi sapere tu? Sei un metropolitano senza speranze, la natura mica la capisci. Pure se fai yoga. C’hai la colata di cemento nelle vene. Comunque… che hai combinato oggi?»
  «Guarda. Mica roba da poco. Sono riuscito a sconfiggere il mostro.»
Mi metto davanti alla Play, tra il coinquilino e il pinguino gigante, visibilmente colpito dalla vittoria di Simone. Afferro il joypad, la canna appena accesa e gioco, felice di essere tornato a casa. Concentratissimo non faccio caso all’SMS che mi arriva sul cellulare, una piccola frase, molto semplice e per nulla retorica; c’è scritto più o meno così: “Sono stata benissimo oggi. Sei il mio scalatore preferito (e anche il più simpatico). Nella guerra di neve sei stato un ottimo compagno, grazie di avermi protetta. Non vedo l’ora di rivederti, veramente. A presto”, firmato Anita. 


 [Il prossimo raccontino esce martedì 22 marzo]

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