lunedì 13 giugno 2016

2023



  Siamo nel 2023, è un bel giorno di sole e Matteo Renzi attende. È teso, nel suo gessato grigio, le dita premono sulla poltrona, il respiro è lento e affannato. Aspetta. Si tocca i capelli grigi, il pizzico di barba che si è fatto crescere. Per un attimo trattiene l’aria, gonfiando l’addome come la pelle di un tamburo. Il quartier generale del PD è in fermento: tutti corrono, scattano e saettano. Qualcuno, di nascosto, fuma una sigaretta. Un paio di pretoriani si avvicinano al Presidente del Consiglio timorosi. I sondaggi danno il partito perdente. «Io non credo nei sondaggi», ripete più volte Renzi. Denis Verdini lo guarda. Maria Elena Boschi, la nuova candidata premier, fa lo stesso. Matteo Renzi sa che non hanno speranze, troppi scandali, un’eccessiva corruzione per niente velata. Le banche, che tanto ha difeso, adesso scappano alla ricerca del nuovo vincente. La stessa candidata non se la passa bene, la storia del denaro riciclato non ha di certo giovato alla sua immagine. Matteo Renzi però sa che gli italiani dimenticano, che sono degli allocchi.
  «Presidente», dice qualcuno. «Abbiamo i risultati».
Dopo la scomparsa del Movimento 5 Stelle un solo nemico è rimasto. È sempre stato lì, tra la gente, nelle piazze, aizzando il mondo contro di lui. Con la vittoria di Donald Trump Matteo Salvini, l’altro Matteo, è diventato una star mondiale, creando assieme a Marine Le Pen la Lega Europea Isolazionista (LEI), a cui si sono aggiunti i partiti di estrema destra di tutta Europa. Sostenuta dagli Stati Uniti d’America LEI si è scagliata contro i poteri forti, l’immigrazione e la sinistra. Decine di muri sono stati innalzati in Europa e la destra è salita al potere.
  Tranne che in Italia, il paese da cui tutto è partito.
  Fino ad oggi.
  «Presidente», ripetono.
Non ascolta.
  Rimane immobile a fissare lo schermo.
Il PD e la candidata premier Maria Elena Boschi hanno perso le elezioni. L’Italia è della Lega Nord.

  Uscire dall’Europa è stato un gioco da ragazzi. L’euro non piaceva più a nessuno e un referendum lampo ha sancito la fine dei giochi. Al suo posto, grazie a LEI, la confederazione degli stati ha creato un proficuo sistema di scambi.
  Putin e Trump hanno guardato con soddisfazione il nuovo corso del vecchio continente. I due, da sempre amici, si sono fatti riprendere più volte assieme al nuovo e popolarissimo leader europeo Matteo Salvini. Tra i tre, per assurdo, Vladimir Putin sembra il più giovane. Salvini invece assomiglia sempre più ad un piccolo salsicciotto e proprio così verrà chiamato dai giornali avversi “Il salsicciotto italiano”.
  L’uscita dall’euro e dall’Europa ha portato in breve tempo ad un tracollo finanziario che ha danneggiato soprattutto la Germania e l’Olanda; anche per questo forse il Nuovo Partito Nazista alle amministrative tedesche ha preso una quantità di voti incredibile. «L’Europa torna unita», ha detto Matteo Salvini.
  In patria l’alleanza con Forza Italia, Fratelli d’Italia, CasaPound e l’Italia s’è Destra, ha dato i suoi risultati. Un vecchissimo Silvio Berlusconi ha proclamato, gonfio di gioia: «Ci riprendiamo l’Italia!», mentre il sindaco di Roma Giorgia Meloni, di nuovo incinta, e da tutti ribattezzata affettuosamente “Mamma Roma”, ha urlato trionfante: «L’Italia agli italiani!»

  Il Tricolore sventola nelle maggiori piazze del paese, il popolo intero è in festa. Matteo Salvini si affaccia dal grande balcone e incita la folla. Sotto, a presidiare le strade, i militanti di CasaPound serrano le file.
  «Sono qui oggi!», urla Salvini agli italiani, «Per mantenere le promesse fatte! Mi avete dato un compito, il privilegio di guidare una grande Nazione! Questa è la nostra vittoria! Ed io la dedico a coloro che hanno fatto la storia di Italia: Umberto Bossi e Gianfranco Miglio!»
  Il popolo è raggiante.

  Le Camicie Verdi, la nuova polizia italiana, marciano sulle strade di Roma. A guidare gli uomini Gianluca Iannone, ex leader di CasaPound e oggi capo della temuta polizia leghista. Marciano rigidi e compatti, in file da otto, i volti seri che non lasciano trapelare emozioni. Camminano finalmente senza avversari, fieri, riabilitati agli occhi della storia. Si fermano solo davanti agli alimentari dei bengalesi per insultare e deridere. Un arabo viene preso a sprangate, partono dei colpi di rivoltella quando tre antagonisti tentano un lancio di uova sul corteo.
  Il bilancio è di tre morti.
Le Camicie Verdi esultano, accolte a braccia aperte a Montecitorio da Matteo Salvini e dal suo staff.

  Nel 2024, a seguito delle dichiarazioni di Calderoli, «Non vogliamo un paese di culattoni», vengono emanate leggi contro gli omosessuali: vietato baciarsi in pubblico, vivere nello stesso appartamento, scambiarsi messaggi amorosi, mangiare con la stessa forchetta.
Subito dopo, la nuova proposta di legge riguardante gli autobus separati (i posti davanti per gli italiani, quelli dietro per i migranti) fa scalpore e il PD ha un fremito di dignità. Unica forza di opposizione in Parlamento tenta in tutti i modi di bloccare la bozza di legge gridando allo scandalo. Uno stanco Matteo Renzi dice, nello storico discorso che prenderà il nome de “Il discorso”: «Il ritorno delle leggi razziali è ormai prossimo, si può solo sperare».
  Ma nessuna speranza blocca il disegno politico dell’altro Matteo, perfettamente spiegato nel suo ultimo saggio, best seller già in tredici paesi, “Salvini sei grande”. “Gli immigrati, la gente di colore e gli zingari sono un problema per la Nazione”, si legge, “(…) Serve controllo e fermezza”.
  Gli autobus vengono così divisi: davanti i figli della Patria, dietro tutti gli altri.
  I movimenti antagonisti giurano battaglia alla Lega Nord.

  Nel frattempo viene eretto il Muro della Legalità, una barriera lunghissima che costeggia il confine italiano. Chilometri e chilometri di cemento e filo spinato pattugliati ventiquattrore su ventiquattro da militari, Camicie Verdi e carabinieri. Per bloccare gli invasori. I lavori si svolgono in tempi record, grazie ai fondi per le grandi opere. Il Muro della Legalità è bellissimo e gli italiani gioiscono, finalmente al sicuro. Lo stesso Donald Trump arriva in Italia per ammirare il lavoro svolto. «Prima o poi» sorride, «riuscirò anche io ad erigere la mia barriera contro i messicani».
  All’inaugurazione ci sono tutti, dal Presidente del Consiglio al Presidente della Repubblica Renato Brunetta. Gianluca Iannone controlla che ogni cosa sia in ordine. La Meloni esulta, Silvio Berlusconi, ormai cieco, si fa raccontare la scena dalla sua nuova fidanzata, una ragazzina di diciotto anni di nobili origini orientali.
  Matteo Salvini alza la forbice e taglia il nastro, accanto a lui il Ministro della Difesa Giancarlo Gentilini dice ai microfoni di tutto il mondo: «Non tollero che l’Italia diventi terra di occupazione.»
  Nessuno può entrare.
  Nessuno può uscire.

  Nel 2025 il Ministro della Difesa dirama un importante comunicato, rivolto ai militari che presidiano le coste: “Bisogna sparare su gommoni e carrette in mare, bisogna puntare ad altezza d’uomo”.
  I militari lo prendono alla lettera. Centinaia di persone vengono uccise, i corpi lasciati a galleggiare in acqua. Si mira alla testa e al cuore. I bambini non vengono risparmiati. Potrebbero essere futuri terroristi mandati dall’Isis, che ha ormai conquistato la Libia.  Diversi militari si rifiutano di eseguire gli ordini e allora vengono condannati per alto tradimento.
  Il 15 agosto del 2025 alcune navi accerchiano un barcone con 500 persone a bordo. Partono le cannonate. Muoiono tutti.

  L’Europa rimane in silenzio.

  Alcuni esponenti del Partito Democratico scelgono di passare tra le file della Lega Nord e di Forza Italia. «C’è bisogno di sinistra», spiegano.
  Dopo poco il PD si scioglie, in Parlamento scompare l’opposizione.  

  L’intervento militare in Libia viene guidato dall’Italia. Le nuove forze armate italiane vengono descritte come feroci e spietate. Qualcuno sussurra sia partita una nuova caccia al petrolio. L’Italia viene più volte denunciata per crimini e violenze contro la popolazione inerme ma la sete di colonialismo è troppo grande e le truppe guidate da De Gennaro, detto anche Lo Squalo, non si fermano davanti a niente. L’Isis risponde con numerosi attentati terroristici. Il Colosseo viene distrutto, al suo posto verrà eretta una lapide verde con su scritto i nomi delle vittime.
  Matteo Salvini decide di aumentare gli allevamenti di maiali. In televisione, su internet, in radio e nei giornali le pubblicità dei piccoli amici rosa scorrono incessanti. Tutti vogliono  il maialino, il miglior amico dell’uomo.
  “Liberi di avere un maiale!”, tuona Il Giornale.
Calderoli spiega, in un messaggio promozionale, come far brucare i maialini per evitare la costruzione di nuove moschee abusive.
  CasaPound chiede la distruzione della moschea di Roma.

  Nel 2026, come stabilito dal programma della Lega Nord e dei suoi alleati, il Ministro dell’Interno Daniela Santanchè dice a Porta a Porta: «…Parliamo di immigrazione di qualità. Cos’è? Semplice. Potranno entrare solo quelli di cui abbiamo bisogno.»
  Per le badanti, i lavapiatti e i pulisci robot comincerà un duro periodo di sfruttamento. Qualunque diritto viene tolto in nome del lavoro. Gli immigrati possono lavorare tutto il giorno e tutta la notte, non possono formare sindacati e non devono ribellarsi. Se denunciano il datore di lavoro vengono rispediti al paese d’origine. Scioperi, assemblee e manifestazioni sono  vietati.
  Sono le badanti le prime a ribellarsi, seguite dagli indiani. Le Camicie Verdi reprimono i cortei nel sangue. I bambini cominciano a chiamare i migranti “bingo bongo”, in onore a Bossi. Nei libri scolastici scompaiono le persecuzioni nazifasciste e i campi di concentramento. Essere fascisti non è più un reato. CasaPound si scioglie. Nasce un nuovo partito: Il Fascio del Terzo Millennio. Il Fascio del Terzo Millennio, ennesimo organo armato del Governo, si occupa dell’educazione dei bambini. In breve tempo vengono sostituiti tutti i maestri considerati di sinistra da figure a favore delle istituzioni, gente con la tessera del partito e simpatizzanti. I bimbi, costretti nelle divise nere, sono educati secondo il nuovo gusto italiano.
  Il Ministro dell’Istruzione Pietro Fontanini dice: «I disabili nelle scuole ritardano lo svolgimento dei programmi scolastici, più utile metterli in percorsi differenziati». Le classi vengono così divise tra chi è considerato normale e chi no.
  Anche la moda ne risente. Sono due i colori che vanno per la maggiore: il verde e il nero. A Milano le sfilate sono affollatissime e per le strade si comincia ad emulare lo stile del Fascio del Terzo Millennio: capello rasato e pantalone attillato. Uomini e donne.
  Le Camicie Verdi si fondono con Il Fascio del Terzo Millennio. La notizia viene riportata dalle maggiori reti nazionali. In tv i cronisti dei telegiornali esultano. Si susseguono immagini di baci & abbracci. È un paese perfetto, appagato. I servizi trasmettono fantastiche parate militari, discorsi di Salvini e di Iannone; trionfi all’estero, famiglie felici, lavoratori mai stanchi, casalinghe perfette, benessere. Il padre della Patria, Silvio Berlusconi, sorride benevolo. Vengono trasmessi solo cartoni animati approvati dal nuovo organo di censura, scelti direttamente dalla Lega Europea Isolazionista. Stessa cosa avviene per le serie televisive e i film. Anche le pubblicità sono controllate, sopravvive quella dell’omino Conad e dei suoi colleghi.
  Gli attentati però non si fermano. Il 12 novembre del 2026 scoppia una bomba nel Varesotto. Matteo Salvini, in ricordo delle vittime, decide di far erigere una statua con le fattezze di Gianluca Buonanno.
  Le persone cominciano ad aver paura. Islamici? Anarchici? Comunisti? Zingari? Gay? Immigrati? Chi sono i terroristi che infestano le strade del paese?
  Salvini, su tutte le furie, urla ai suoi: «Se devo prendere per il collo un delinquente lo prendo! Se cade e si sbuccia un ginocchio, sono cazzi suoi! La polizia deve fare il suo lavoro!»
  In men che non si dica vengono legalizzate le armi, nonostante le timide proteste di una parte dell’apparato cattolico, e reintrodotta la pena di morte. Viene dato inoltre libero mandato di tortura alle guardie. Cambia anche la filosofia del servizio civile per i giovani; Salvini, tramite i suoi, decide di metter su dei corsi pagati dove si insegna a sparare.
  Il 2026 viene anche ricordato come l’Anno delle Ruspe. Ogni campo rom è abbattuto, le baracche distrutte e la gente cacciata. Muoiono due donne ma nessuno se ne cura. Le ruspe arrivano di mattina, senza preavviso, e buttano giù tutto davanti agli sguardi compiacenti degli abitanti del quartiere e gli occhi terrorizzati dei baraccati. I rom vengono cacciati a calci nel sedere. Gentilini sbraita: «Voglio eliminare i bambini che vanno a rubare agli anziani!». Centinaia di persone si trovano senza casa, comincia così un esodo di massa nei giardinetti pubblici. «Scandalo!», sbavano i sindaci delle città. Le panchine vengono smontate. Gli italiani provano ribrezzo per tutta la gente che dorme per strada ma senza campi, lungo il marciapiede, di persone ce ne sono ancora di più. «Non è decoroso», bofonchiano gli anziani. La soluzione la dà proprio un vecchio, in una lettera scritta a La Padania, “Potremmo”, si legge, “aprire dei centri, usando le caserme dismesse, e metterli lì. A lavorare ovviamente”. L’idea piace al Governo che, nell’arco di pochi mesi, inaugura i Villaggi della Solidarietà. Campi chiusi, perduti nelle campagne, avvolti da filo spinato e controllati da telecamere e carabinieri in pensione. Il caldo, si dice, è insopportabile d’estate e il freddo d’inverno altrettanto. Rom e sinti lavorano a ritmo incessante, anche sedici ore al giorno, preparano tappeti, cuciono palloni e avvolgono proiettili.
  Gli italiani sono felici, gli zingari hanno finalmente il loro posto nella catena di montaggio.
  Una volta sgomberati i campi rom è il turno dei pochi centri sociali rimasti. Le ruspe arrivano al Forte Prenestino e al Leoncavallo. Gli attivisti oppongono una fiera resistenza ma soccombono davanti alle truppe guidate da Iannone. Decine di arresti vengono effettuati in tutta Italia. Si sussurra a bassa voce, per non farsi sentire, di esecuzioni sommarie da parte delle forze dell’ordine e di soprusi di ogni genere. Le ragazze vengono violentate nelle caserme e i maschi sono costretti a guardare. O viceversa. “Torture”, pensa qualcuno. Ma nessuno osa parlare.
  Dopo i centri sociali è la volta delle associazioni: scuole di italiano, comitati di quartiere, comunità, cooperative. È storica l’opposizione di una scuola di italiano per migranti autogestita, studenti e insegnati fermi sull’uscio della porta, a bloccare gli sgherri della Lega Nord, le uova lanciate dai balconi del palazzo contro la polizia, le sirene spianate, le camionette sparate a tutta velocità contro gli attivisti.
  Ogni cosa viene spazzata via. Il numero dei feriti non si conta più. Nessuno può farlo.
  Il controllo, nel paese, aumenta.
Qualunque forma di opposizione è bandita. Nelle bettole di periferia, nei luoghi malfamati, tra un bicchiere e l’altro, si sussurra di piccoli gruppi di rivoltosi, «Facinorosi», li chiamano alcuni, «Partigiani», altri.
  Nel 2027 ogni immigrato che entra in Italia viene sottoposto al trattamento “distruggi-germi” nelle apposite docce collettive. Grandi stanzoni dove uomini, donne e bambini, tutti insieme, vengono spogliati, disinfettati e schedati. Subito dopo, in una camera qualunque di una piccola clinica di confine, ad ogni migrante viene inserito un microchip identificativo. «Per poterli monitorare», spiega un dottore ai giornalisti.
  «Prima gli italiani!», urlano le Squadre Nere, le ronde di onesti cittadini difensori della legalità, strenui oppositori al degrado, armati fino ai denti.
  La coalizione alla guida dell’Italia li ascolta e, a colpi di decreti, vengono fermate le vendite di case e di attività commerciali ai migranti.
  Le Squadre Nere infestano le metropoli. Scorrazzano libere per le vie abusando del loro potere. Distruggono vetrine e spaccano ossa. 
  «È inammissibile», dice Davide Boni, paladino della legalità, «che anche in alcune zone di Milano ci siano veri e propri assembramenti di cittadini stranieri che sostano nei giardini pubblici».
  A dar ragione a Davide Boni ci pensano le Squadre Nere: con il beneplacito della polizia pestano gli immigrati ignari che si riuniscono nei parchi.
  Uscire la sera diventa un problema. I cinema cominciano a chiudere, i pub falliscono e le discoteche cercano di correre ai ripari, aprendo il pomeriggio. La gente ha paura. La notte è delle squadracce. Le violenze sono ormai all’ordine del giorno. Si parla di risse e assassinii.
  In compenso le metropoli sono pulitissime, le associazioni di volontariato ingaggiate da Matteo Salvini strappano adesivi e cancellano graffiti. I murales scompaiono dalle città italiane e il bianco decoro torna ad essere elemento fondamentale dell’architettura nostrana.
  Un giorno Gentilini ha una grande idea e, assieme ai tipi del Dipartimento dello Sport, sceglie di inaugurare la caccia all’immigrato: «Bisogna», spiega, «vestirli da leprotti per fare pim pim pim col fucile». I leader del Governo sono entusiasti. Si fanno tornei e scommesse. Come prede vengono usati soprattutto africani e asiatici. Gli africani perché sono grossi, gli asiatici perché sono facili da colpire. È la caccia. Nelle grandi tenute dei proprietari terrieri la domenica si corre sui cavalli, il fucile in mano, a cercare il disgraziato di turno. Gentilini comanda le battute di caccia. Ha un’ottima mira, non c’è dubbio. Piace, ai novelli cacciatori, lo sguardo di terrore delle prede, il sudore, la delizia della carne. Adorano vedere le gambe dei neri muoversi veloci, scattanti e sudate. Amano il fiato corto, il cuore che batte, il proiettile che saetta veloce nell’aria. Godono quando l’uomo cade a terra, colpito a morte, il viso nel fango.
  Trofei.

  Nel 2028 l’Italia è in declino e la gente è stufa. L’opposizione, creduta scomparsa, torna a farsi sentire. Si registrano sporadici casi di flash mob contro il Governo. Qualcuno sorride. L’informazione di regime etichetta le manifestazioni come azioni terroristiche. Un gruppo di femministe si incontra nella Capitale, a Piazza del Popolo, inscenando un bacio collettivo. La polizia blocca il sit in a suon di manganellate. I passanti che provano a difendere le ragazze sono picchiati senza pietà. Nelle borgate vengono stampati volantini clandestini che incitano alla rivolta. Sempre a Roma, nei quartieri di Torpignattara, della Magliana, di San Lorenzo, del Trullo, di Centocelle e della Garbatella sono erette barricate, le staffette in bicicletta corrono da una parte all’altra, tenendo d’occhio la sbirraglia. Matteo Salvini inveisce contro i dimostranti. «Froci, negri e zecche non ci fanno paura!», urlano i suoi aiutanti. Le rivolte non si fermano, gruppi di adolescenti tirano l’elastico delle fionde, lanciando sassi contro le Squadre Nere. I genitori smettono di mandare a scuola i figli. Le città sono in tumulto. A Terracina i lavoratori indiani tendono agguati contro il padrone. A Torino le fabbriche si fermano. A Rosarno i braccianti stranieri che lavorano negli agrumeti incrociano le braccia. A Milano si registrano duri scontri con le forze dell’ordine. A Palermo vengono bruciate le sedi della Lega Nord e di Noi con Salvini. Su internet gruppi di hacker oscurano i siti governativi.
  I partigiani scendono dalle montagne e dai sobborghi delle metropoli. Sono tanti, milioni, e intonano canzoni di guerra. Vengono accolti dai cittadini da eroi. Hanno perso tutto: casa, spazi sociali, diritti, dignità. Sono stati umiliati e violentati. Migranti, antagonisti, omosessuali, schiavi, prede, rom, maestri di strada, semplici cittadini. Provengono dai bassifondi, dalle vie incatramate, dalle città in rovina, dai pub puzzolenti, dalle case dei ricchi. Sono fuggiti dalle gabbie e dalle violenze delle Squadre Nere e della polizia di Iannone.
  Nel 2028 in Italia comincia una lunghissima guerra civile. Una lotta tra parti avverse. Bisogna solo scegliere da che parte stare.

Per scrivere questa storia mi sono ispirato a fatti realmente accaduti e alle affermazioni di alcuni esponenti politici che in Italia hanno molto seguito. Ho passato un paio di mattine a cercare frasi, vicende e dichiarazioni. Ne ho trovate tantissime, troppe; non le ho messe tutte altrimenti usciva un romanzo invece che un racconto; alcune le ho tralasciate, manco ce la facevo a scriverle. Ogni cosa che ho letto è gravissima ed è stata detta con una tranquillità disarmante, con il sorriso in faccia, pronunciata da persone che mi fanno vergognare di appartenere a ‘sta parte del mondo. La più fortunata, non dimentichiamocelo.

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