Siamo nel 2023, è un bel giorno di sole e Matteo Renzi attende. È teso,
nel suo gessato grigio, le dita premono sulla poltrona, il respiro è lento e
affannato. Aspetta. Si tocca i capelli grigi, il pizzico di barba che si è
fatto crescere. Per un attimo trattiene l’aria, gonfiando l’addome come la
pelle di un tamburo. Il quartier generale del PD è in fermento: tutti corrono,
scattano e saettano. Qualcuno, di nascosto, fuma una sigaretta. Un paio di
pretoriani si avvicinano al Presidente del Consiglio timorosi. I sondaggi danno
il partito perdente. «Io non credo nei sondaggi», ripete più volte Renzi. Denis
Verdini lo guarda. Maria Elena Boschi, la nuova candidata premier, fa lo
stesso. Matteo Renzi sa che non hanno speranze, troppi scandali, un’eccessiva
corruzione per niente velata. Le banche, che tanto ha difeso, adesso scappano
alla ricerca del nuovo vincente. La stessa candidata non se la passa bene, la
storia del denaro riciclato non ha di certo giovato alla sua immagine. Matteo
Renzi però sa che gli italiani dimenticano, che sono degli allocchi.
«Presidente», dice qualcuno. «Abbiamo i risultati».
Dopo la scomparsa del Movimento 5 Stelle
un solo nemico è rimasto. È sempre stato lì, tra la gente, nelle piazze,
aizzando il mondo contro di lui. Con la vittoria di Donald Trump Matteo
Salvini, l’altro Matteo, è diventato
una star mondiale, creando assieme a Marine Le Pen la Lega Europea
Isolazionista (LEI), a cui si sono aggiunti i partiti di estrema destra di
tutta Europa. Sostenuta dagli Stati Uniti d’America LEI si è scagliata contro i
poteri forti, l’immigrazione e la sinistra. Decine di muri sono stati innalzati
in Europa e la destra è salita al potere.
Tranne che in Italia, il paese da cui tutto è partito.
Fino ad oggi.
«Presidente», ripetono.
Non ascolta.
Rimane immobile a fissare lo schermo.
Il PD e la candidata premier Maria Elena
Boschi hanno perso le elezioni. L’Italia è della Lega Nord.
Uscire dall’Europa è stato un gioco da ragazzi. L’euro non piaceva più a
nessuno e un referendum lampo ha sancito la fine dei giochi. Al suo posto,
grazie a LEI, la confederazione degli stati ha creato un proficuo sistema di
scambi.
Putin e Trump hanno guardato con soddisfazione il nuovo corso del
vecchio continente. I due, da sempre amici, si sono fatti riprendere più volte
assieme al nuovo e popolarissimo leader europeo Matteo Salvini. Tra i tre, per
assurdo, Vladimir Putin sembra il più giovane. Salvini invece assomiglia sempre
più ad un piccolo salsicciotto e proprio così verrà chiamato dai giornali
avversi “Il salsicciotto italiano”.
L’uscita dall’euro e dall’Europa ha portato in breve tempo ad un
tracollo finanziario che ha danneggiato soprattutto la Germania e l’Olanda;
anche per questo forse il Nuovo Partito Nazista alle amministrative tedesche ha
preso una quantità di voti incredibile. «L’Europa torna unita», ha detto Matteo
Salvini.
In patria l’alleanza con Forza Italia, Fratelli d’Italia, CasaPound e
l’Italia s’è Destra, ha dato i suoi risultati. Un vecchissimo Silvio Berlusconi
ha proclamato, gonfio di gioia: «Ci riprendiamo l’Italia!», mentre il sindaco
di Roma Giorgia Meloni, di nuovo incinta, e da tutti ribattezzata
affettuosamente “Mamma Roma”, ha urlato trionfante: «L’Italia agli italiani!»
Il Tricolore sventola nelle maggiori piazze del paese, il popolo intero
è in festa. Matteo Salvini si affaccia dal grande balcone e incita la folla.
Sotto, a presidiare le strade, i militanti di CasaPound serrano le file.
«Sono qui oggi!», urla Salvini agli italiani, «Per mantenere le promesse
fatte! Mi avete dato un compito, il privilegio di guidare una grande Nazione!
Questa è la nostra vittoria! Ed io la dedico a coloro che hanno fatto la storia
di Italia: Umberto Bossi e Gianfranco Miglio!»
Il popolo è raggiante.
Le
Camicie Verdi, la nuova polizia italiana, marciano sulle strade di Roma. A
guidare gli uomini Gianluca Iannone, ex leader di CasaPound e oggi capo della
temuta polizia leghista. Marciano rigidi e compatti, in file da otto, i volti
seri che non lasciano trapelare emozioni. Camminano finalmente senza avversari,
fieri, riabilitati agli occhi della storia. Si fermano solo davanti agli
alimentari dei bengalesi per insultare e deridere. Un arabo viene preso a
sprangate, partono dei colpi di rivoltella quando tre antagonisti tentano un
lancio di uova sul corteo.
Il bilancio è di tre morti.
Le Camicie Verdi esultano, accolte a
braccia aperte a Montecitorio da Matteo Salvini e dal suo staff.
Nel 2024, a seguito delle dichiarazioni di Calderoli, «Non vogliamo un
paese di culattoni», vengono emanate leggi contro gli omosessuali: vietato
baciarsi in pubblico, vivere nello stesso appartamento, scambiarsi messaggi
amorosi, mangiare con la stessa forchetta.
Subito dopo, la nuova proposta di legge
riguardante gli autobus separati (i posti davanti per gli italiani, quelli
dietro per i migranti) fa scalpore e il PD ha un fremito di dignità. Unica
forza di opposizione in Parlamento tenta in tutti i modi di bloccare la bozza
di legge gridando allo scandalo. Uno stanco Matteo Renzi dice, nello storico
discorso che prenderà il nome de “Il discorso”: «Il ritorno delle leggi
razziali è ormai prossimo, si può solo sperare».
Ma nessuna speranza blocca il disegno politico dell’altro Matteo,
perfettamente spiegato nel suo ultimo saggio, best seller già in tredici paesi,
“Salvini sei grande”. “Gli immigrati, la gente di colore e gli zingari sono un
problema per la Nazione”, si legge, “(…) Serve controllo e fermezza”.
Gli autobus vengono così divisi: davanti i figli della Patria, dietro
tutti gli altri.
I movimenti antagonisti giurano battaglia alla Lega Nord.
Nel frattempo viene eretto il Muro della Legalità, una barriera
lunghissima che costeggia il confine italiano. Chilometri e chilometri di
cemento e filo spinato pattugliati ventiquattrore su ventiquattro da militari,
Camicie Verdi e carabinieri. Per bloccare gli invasori. I lavori si svolgono in
tempi record, grazie ai fondi per le grandi opere. Il Muro della Legalità è
bellissimo e gli italiani gioiscono, finalmente al sicuro. Lo stesso Donald
Trump arriva in Italia per ammirare il lavoro svolto. «Prima o poi» sorride,
«riuscirò anche io ad erigere la mia barriera contro i messicani».
All’inaugurazione ci sono tutti, dal Presidente del Consiglio al
Presidente della Repubblica Renato Brunetta. Gianluca Iannone controlla che
ogni cosa sia in ordine. La Meloni esulta, Silvio Berlusconi, ormai cieco, si
fa raccontare la scena dalla sua nuova fidanzata, una ragazzina di diciotto
anni di nobili origini orientali.
Matteo Salvini alza la forbice e taglia il nastro, accanto a lui il
Ministro della Difesa Giancarlo Gentilini dice ai microfoni di tutto il mondo:
«Non tollero che l’Italia diventi terra di occupazione.»
Nessuno può entrare.
Nessuno può uscire.
Nel 2025 il Ministro della Difesa dirama un importante comunicato,
rivolto ai militari che presidiano le coste: “Bisogna sparare su gommoni e
carrette in mare, bisogna puntare ad altezza d’uomo”.
I militari lo prendono alla lettera. Centinaia di persone vengono
uccise, i corpi lasciati a galleggiare in acqua. Si mira alla testa e al cuore.
I bambini non vengono risparmiati. Potrebbero essere futuri terroristi mandati
dall’Isis, che ha ormai conquistato la Libia.
Diversi militari si rifiutano di eseguire gli ordini e allora vengono
condannati per alto tradimento.
Il 15 agosto del 2025 alcune navi accerchiano un barcone con 500 persone
a bordo. Partono le cannonate. Muoiono tutti.
L’Europa rimane in silenzio.
Alcuni esponenti del Partito Democratico scelgono di passare tra le file
della Lega Nord e di Forza Italia. «C’è bisogno di sinistra», spiegano.
Dopo poco il PD si scioglie, in Parlamento scompare l’opposizione.
L’intervento militare in Libia viene guidato dall’Italia. Le nuove forze
armate italiane vengono descritte come feroci e spietate. Qualcuno sussurra sia
partita una nuova caccia al petrolio. L’Italia viene più volte denunciata per
crimini e violenze contro la popolazione inerme ma la sete di colonialismo è
troppo grande e le truppe guidate da De Gennaro, detto anche Lo Squalo, non si
fermano davanti a niente. L’Isis risponde con numerosi attentati terroristici.
Il Colosseo viene distrutto, al suo posto verrà eretta una lapide verde con su
scritto i nomi delle vittime.
Matteo Salvini decide di aumentare gli allevamenti di maiali. In
televisione, su internet, in radio e nei giornali le pubblicità dei piccoli
amici rosa scorrono incessanti. Tutti vogliono
il maialino, il miglior amico dell’uomo.
“Liberi di avere un maiale!”, tuona Il Giornale.
Calderoli spiega, in un messaggio
promozionale, come far brucare i maialini per evitare la costruzione di nuove
moschee abusive.
CasaPound chiede la distruzione della moschea di Roma.
Nel 2026, come stabilito dal programma della Lega Nord e dei suoi
alleati, il Ministro dell’Interno Daniela Santanchè dice a Porta a Porta:
«…Parliamo di immigrazione di qualità. Cos’è? Semplice. Potranno entrare solo
quelli di cui abbiamo bisogno.»
Per le badanti, i lavapiatti e i pulisci robot comincerà un duro periodo
di sfruttamento. Qualunque diritto viene tolto in nome del lavoro. Gli
immigrati possono lavorare tutto il giorno e tutta la notte, non possono
formare sindacati e non devono ribellarsi. Se denunciano il datore di lavoro
vengono rispediti al paese d’origine. Scioperi, assemblee e manifestazioni
sono vietati.
Sono le badanti le prime a ribellarsi, seguite dagli indiani. Le Camicie
Verdi reprimono i cortei nel sangue. I bambini cominciano a chiamare i migranti
“bingo bongo”, in onore a Bossi. Nei libri scolastici scompaiono le
persecuzioni nazifasciste e i campi di concentramento. Essere fascisti non è
più un reato. CasaPound si scioglie. Nasce un nuovo partito: Il Fascio del
Terzo Millennio. Il Fascio del Terzo Millennio, ennesimo organo armato del
Governo, si occupa dell’educazione dei bambini. In breve tempo vengono
sostituiti tutti i maestri considerati di sinistra da figure a favore delle
istituzioni, gente con la tessera del partito e simpatizzanti. I bimbi, costretti
nelle divise nere, sono educati secondo il nuovo gusto italiano.
Il Ministro dell’Istruzione Pietro Fontanini dice: «I disabili nelle
scuole ritardano lo svolgimento dei programmi scolastici, più utile metterli in
percorsi differenziati». Le classi vengono così divise tra chi è considerato normale
e chi no.
Anche la moda ne risente. Sono due i colori che vanno per la maggiore:
il verde e il nero. A Milano le sfilate sono affollatissime e per le strade si
comincia ad emulare lo stile del Fascio del Terzo Millennio: capello rasato e
pantalone attillato. Uomini e donne.
Le Camicie Verdi si fondono con Il Fascio del Terzo Millennio. La
notizia viene riportata dalle maggiori reti nazionali. In tv i cronisti dei
telegiornali esultano. Si susseguono immagini di baci & abbracci. È un
paese perfetto, appagato. I servizi trasmettono fantastiche parate militari,
discorsi di Salvini e di Iannone; trionfi all’estero, famiglie felici,
lavoratori mai stanchi, casalinghe perfette, benessere. Il padre della Patria,
Silvio Berlusconi, sorride benevolo. Vengono trasmessi solo cartoni animati
approvati dal nuovo organo di censura, scelti direttamente dalla Lega Europea
Isolazionista. Stessa cosa avviene per le serie televisive e i film. Anche le
pubblicità sono controllate, sopravvive quella dell’omino Conad e dei suoi colleghi.
Gli attentati però non si fermano. Il 12 novembre del 2026 scoppia una
bomba nel Varesotto. Matteo Salvini, in ricordo delle vittime, decide di far
erigere una statua con le fattezze di Gianluca Buonanno.
Le persone cominciano ad aver paura. Islamici? Anarchici? Comunisti?
Zingari? Gay? Immigrati? Chi sono i terroristi che infestano le strade del
paese?
Salvini, su tutte le furie, urla ai suoi: «Se devo prendere per il collo
un delinquente lo prendo! Se cade e si sbuccia un ginocchio, sono cazzi suoi!
La polizia deve fare il suo lavoro!»
In men che non si dica vengono legalizzate le armi, nonostante le timide
proteste di una parte dell’apparato cattolico, e reintrodotta la pena di morte.
Viene dato inoltre libero mandato di tortura alle guardie. Cambia anche la
filosofia del servizio civile per i giovani; Salvini, tramite i suoi, decide di
metter su dei corsi pagati dove si insegna a sparare.
Il 2026 viene anche ricordato come l’Anno delle Ruspe. Ogni campo rom è
abbattuto, le baracche distrutte e la gente cacciata. Muoiono due donne ma
nessuno se ne cura. Le ruspe arrivano di mattina, senza preavviso, e buttano
giù tutto davanti agli sguardi compiacenti degli abitanti del quartiere e gli
occhi terrorizzati dei baraccati. I rom vengono cacciati a calci nel sedere.
Gentilini sbraita: «Voglio eliminare i bambini che vanno a rubare agli
anziani!». Centinaia di persone si trovano senza casa, comincia così un esodo
di massa nei giardinetti pubblici. «Scandalo!», sbavano i sindaci delle città.
Le panchine vengono smontate. Gli italiani provano ribrezzo per tutta la gente
che dorme per strada ma senza campi, lungo il marciapiede, di persone ce ne
sono ancora di più. «Non è decoroso», bofonchiano gli anziani. La soluzione la
dà proprio un vecchio, in una lettera scritta a La Padania, “Potremmo”, si
legge, “aprire dei centri, usando le caserme dismesse, e metterli lì. A
lavorare ovviamente”. L’idea piace al Governo che, nell’arco di pochi mesi,
inaugura i Villaggi della Solidarietà. Campi chiusi, perduti nelle campagne,
avvolti da filo spinato e controllati da telecamere e carabinieri in pensione.
Il caldo, si dice, è insopportabile d’estate e il freddo d’inverno altrettanto.
Rom e sinti lavorano a ritmo incessante, anche sedici ore al giorno, preparano
tappeti, cuciono palloni e avvolgono proiettili.
Gli italiani sono felici, gli zingari hanno finalmente il loro posto
nella catena di montaggio.
Una volta sgomberati i campi rom è il turno dei pochi centri sociali
rimasti. Le ruspe arrivano al Forte Prenestino e al Leoncavallo. Gli attivisti
oppongono una fiera resistenza ma soccombono davanti alle truppe guidate da
Iannone. Decine di arresti vengono effettuati in tutta Italia. Si sussurra a
bassa voce, per non farsi sentire, di esecuzioni sommarie da parte delle forze
dell’ordine e di soprusi di ogni genere. Le ragazze vengono violentate nelle
caserme e i maschi sono costretti a guardare. O viceversa. “Torture”, pensa
qualcuno. Ma nessuno osa parlare.
Dopo i centri sociali è la volta delle associazioni: scuole di italiano,
comitati di quartiere, comunità, cooperative. È storica l’opposizione di una
scuola di italiano per migranti autogestita, studenti e insegnati fermi
sull’uscio della porta, a bloccare gli sgherri della Lega Nord, le uova
lanciate dai balconi del palazzo contro la polizia, le sirene spianate, le
camionette sparate a tutta velocità contro gli attivisti.
Ogni cosa viene spazzata via. Il numero dei feriti non si conta più.
Nessuno può farlo.
Il controllo, nel paese, aumenta.
Qualunque forma di opposizione è
bandita. Nelle bettole di periferia, nei luoghi malfamati, tra un bicchiere e
l’altro, si sussurra di piccoli gruppi di rivoltosi, «Facinorosi», li chiamano
alcuni, «Partigiani», altri.
Nel 2027 ogni immigrato che entra in Italia viene sottoposto al
trattamento “distruggi-germi” nelle apposite docce collettive. Grandi stanzoni
dove uomini, donne e bambini, tutti insieme, vengono spogliati, disinfettati e
schedati. Subito dopo, in una camera qualunque di una piccola clinica di confine,
ad ogni migrante viene inserito un microchip identificativo. «Per poterli
monitorare», spiega un dottore ai giornalisti.
«Prima gli italiani!», urlano le Squadre Nere, le ronde di onesti
cittadini difensori della legalità, strenui oppositori al degrado, armati fino
ai denti.
La coalizione alla guida dell’Italia li ascolta e, a colpi di decreti,
vengono fermate le vendite di case e di attività commerciali ai migranti.
Le Squadre Nere infestano le metropoli. Scorrazzano libere per le vie
abusando del loro potere. Distruggono vetrine e spaccano ossa.
«È inammissibile», dice Davide Boni, paladino della legalità, «che anche
in alcune zone di Milano ci siano veri e propri assembramenti di cittadini
stranieri che sostano nei giardini pubblici».
A dar ragione a Davide Boni ci pensano le
Squadre Nere: con il beneplacito della polizia pestano gli immigrati ignari che
si riuniscono nei parchi.
Uscire la sera diventa un problema. I cinema cominciano a chiudere, i
pub falliscono e le discoteche cercano di correre ai ripari, aprendo il
pomeriggio. La gente ha paura. La notte è delle squadracce. Le violenze sono
ormai all’ordine del giorno. Si parla di risse e assassinii.
In compenso le metropoli sono pulitissime, le associazioni di
volontariato ingaggiate da Matteo Salvini strappano adesivi e cancellano
graffiti. I murales scompaiono dalle città italiane e il bianco decoro torna ad
essere elemento fondamentale dell’architettura nostrana.
Un giorno Gentilini ha una grande idea e, assieme ai tipi del
Dipartimento dello Sport, sceglie di inaugurare la caccia all’immigrato:
«Bisogna», spiega, «vestirli da leprotti per fare pim pim pim col fucile». I leader del Governo sono entusiasti. Si
fanno tornei e scommesse. Come prede vengono usati soprattutto africani e
asiatici. Gli africani perché sono grossi, gli asiatici perché sono facili da
colpire. È la caccia. Nelle grandi tenute dei proprietari terrieri la domenica
si corre sui cavalli, il fucile in mano, a cercare il disgraziato di turno. Gentilini
comanda le battute di caccia. Ha un’ottima mira, non c’è dubbio. Piace, ai
novelli cacciatori, lo sguardo di terrore delle prede, il sudore, la delizia
della carne. Adorano vedere le gambe dei neri muoversi veloci, scattanti e
sudate. Amano il fiato corto, il cuore che batte, il proiettile che saetta
veloce nell’aria. Godono quando l’uomo cade a terra, colpito a morte, il viso
nel fango.
Trofei.
Nel
2028 l’Italia è in declino e la gente è stufa. L’opposizione, creduta
scomparsa, torna a farsi sentire. Si registrano sporadici casi di flash mob
contro il Governo. Qualcuno sorride. L’informazione di regime etichetta le
manifestazioni come azioni terroristiche. Un gruppo di femministe si incontra nella
Capitale, a Piazza del Popolo, inscenando un bacio collettivo. La polizia
blocca il sit in a suon di manganellate. I passanti che provano a difendere le
ragazze sono picchiati senza pietà. Nelle borgate vengono stampati volantini
clandestini che incitano alla rivolta. Sempre a Roma, nei quartieri di
Torpignattara, della Magliana, di San Lorenzo, del Trullo, di Centocelle e
della Garbatella sono erette barricate, le staffette in bicicletta corrono da
una parte all’altra, tenendo d’occhio la sbirraglia. Matteo Salvini inveisce
contro i dimostranti. «Froci, negri e zecche non ci fanno paura!», urlano i
suoi aiutanti. Le rivolte non si fermano, gruppi di adolescenti tirano
l’elastico delle fionde, lanciando sassi contro le Squadre Nere. I genitori
smettono di mandare a scuola i figli. Le città sono in tumulto. A Terracina i
lavoratori indiani tendono agguati contro il padrone. A Torino le fabbriche si
fermano. A Rosarno i braccianti stranieri che lavorano negli agrumeti
incrociano le braccia. A Milano si registrano duri scontri con le forze
dell’ordine. A Palermo vengono bruciate le sedi della Lega Nord e di Noi con
Salvini. Su internet gruppi di hacker oscurano i siti governativi.
I partigiani scendono dalle montagne e dai sobborghi delle metropoli.
Sono tanti, milioni, e intonano canzoni di guerra. Vengono accolti dai
cittadini da eroi. Hanno perso tutto: casa, spazi sociali, diritti, dignità.
Sono stati umiliati e violentati. Migranti, antagonisti, omosessuali, schiavi,
prede, rom, maestri di strada, semplici cittadini. Provengono dai bassifondi,
dalle vie incatramate, dalle città in rovina, dai pub puzzolenti, dalle case
dei ricchi. Sono fuggiti dalle gabbie e dalle violenze delle Squadre Nere e
della polizia di Iannone.
Nel 2028 in Italia comincia una lunghissima guerra civile. Una lotta tra
parti avverse. Bisogna solo scegliere da che parte stare.
Per scrivere questa storia mi sono
ispirato a fatti realmente accaduti e alle affermazioni di alcuni esponenti
politici che in Italia hanno molto seguito. Ho passato un paio di mattine a
cercare frasi, vicende e dichiarazioni. Ne ho trovate tantissime, troppe; non
le ho messe tutte altrimenti usciva un romanzo invece che un racconto; alcune
le ho tralasciate, manco ce la facevo a scriverle. Ogni cosa che ho letto è
gravissima ed è stata detta con una tranquillità disarmante, con il sorriso in
faccia, pronunciata da persone che mi fanno vergognare di appartenere a ‘sta
parte del mondo. La più fortunata, non dimentichiamocelo.
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