Caro Pesto di Pistacchio,
mi è venuto da scriverti perché a me
piaci proprio. Pure se sei in scatola, te lo volevo dire, spacchi. Sei il
meglio pesto che conosco. Anche contro Pesto di Rucola (e sì che io lo so fare
molto bene), vinci. Pesto di Melanzane poi te spiccia casa, è un fatto.
A me quando ti mangio mi pare quasi un orgasmo, con tutto ‘sto sapore in
bocca che mi lasci. Mischiato agli spaghetti, bello cremoso, mi sembra proprio
di avere l’eros nella bocca. Ché io lo so, amico mio, mia delizia personale,
gusto sopraffino, che sei anche afrodisiaco. Lo so per certo perché quella
volta in tenda, dopo averti mangiato, ho fatto l’amore per tutta la notte.
D’altra parte si dice che nell’antica Persia gli innamorati avevano l’abitudine
di incontrarsi sotto gli alberi tuoi per ascoltare il crepitio dei frutti che
si schiudevano alla luce della luna. E ci credo! Sai essere molto romantico,
nonostante tu sia un pesto. Ma mica un pesto qualunque. Macché. Quando trovo un
pistacchio tuo tra i denti, dopo una bella abbuffata, io lo tengo da parte, per
gustarlo nei momenti di magra. Co’ gli altri non c’è storia. So’ dei rosiconi,
diciamocelo. La tua pianta è bellissima, a me piace proprio, può raggiungere i
dodici metri d’altezza e arrivare a vivere trecento anni! Ah! Quanta sapienza nelle radici! Hai visto la storia, quando
ancora non eri pesto… un semplice pistacchio arrivato da noi tanto tempo fa,
grazie agli arabi, in Sicilia; oh, i siciliani
c’hanno capito tutto e si sono messi a coltivarti con passione. D’altronde in
Cina al frutto tuo lo chiamano “Il seme felice” mentre in Iran “Il seme che
sorride”, un motivo ci sarà. È citato anche nella Bibbia, Giacobbe lo usò come
dono pregiato. L’hanno amato tutti il pistacchio: in Palestina si dice sia
usato da oltre diecimila anni, la regina di Saba aveva una grande piantagione e
Nabucodonosor li faceva coltivare per l’amore della vita sua, Amytis, nei
giardini pensili di Babilonia.
Non c’è storia.
Io quando ero piccolo e mia nonna mi
invitava a cena a te ti amavo proprio. Mia nonna lo sai non è siciliana, però
ti cucina che è un piacere, è una mezza strega e le cose buone le sa fare
tutte. Ero bimbetto, Pesto di Pistacchio, e mi perdevo proprio a guardarla
impastare e sgusciare e amalgamare. La cucina è una magia, una roba alchemica
che unisce le persone. Quindi sì, mi ci sedevo accanto, piccolo piccolo e con
la bava alla bocca, e l’osservavo in silenzio, questa donna già avanti con
l’età, le mani callose di chi ne ha sopportate tante. E lei con sguardo sapiente
ti preparava, sapendo che il nipotino suo la guardava con ammirazione. A me
sembrava proprio una danza tra i fornelli, come in un cartone animato, una cosa
bellissima e speciale rivolta solo a me, ché sono il suo nipote preferito e ho
gli occhi di mamma, figlia adorata. Metteva sul fuoco la pentola colma d’acqua
che subito bolliva ed io mi immaginavo i vulcani sotto al mare e mi domandavo
come facevano le sirene, in mezzo a quel casino, a sopravvivere. Però poi mi
rispondevo anche, ché ero un bamboccino intelligente, e pure noi c’abbiamo i
vulcani e papà ce lo diceva sempre che sopra i vulcani, pure se la lava è
bellissima così tutta rossa, uno mica ci può stare, perché prendi a fuoco e poi
muori. Nonna versava i pistacchi sgusciati come nei sacrifici che facevo di
nascosto a casa, quando dovevo fargliela pagare a Skeletor; li cuoceva per
cinque minuti (non a Skeletor, ai pistacchi proprio) e poi scolava il tutto ed
io che viaggiavo sempre con la fantasia c’avevo paura per quei poveri frutti
che non ce la facevano e finivano dentro al lavandino e poi giù lungo i tubi
incrostati per arrivare nelle fogne. E sapevo pure che nelle fogne c’erano i
coccodrilli e le grandi piantagioni di pistacchio e gli uomini delle fogne ci
facevano le coltivazioni dei pistacchi verdi che poi rivendevano al mercato, di
giorno, a noialtri sprovveduti. Nonna eliminava la buccia con dita sapienti e
raccoglieva i pistacchi in una bella ciotolina. A me piaceva tanto quando
mescolava tutto, come il vortice di cui mi parlava sempre papà, quello forte
che girava nella fabbrica dove lavorava, fatto di fuoco & fiamme; mischiava
l’olio d’oliva, mezzo spicchio d’aglio, la scorza sbriciolata del limone, il
formaggio grattugiato e i pistacchi appunto. Frullava tutto e versava l’acqua. Poi
non contenta ci metteva un pochetto di pepe, un po’ di sale e azionava di nuovo
le lame impietose fino ad ottenere una bella (ma che dico bellissima!) crema
omogenea. Uscivi tu, Pesto di Pistacchio, e quando nonna ti mischiava con gli
spaghetti io impazzivo proprio e scattavo a tavola urlando «Nonno nonno è
pronto!» e pure nonno correva più veloce della luce e più veloce anche di
Superman e insieme ti mangiavamo, sperando che ci fosse anche il bis, a
sorriderci tutti felici felici ché c’eri tu a farci compagnia.
Oh sì, caro Pesto di Pistacchio, è stato
amore a prima vista, con quel verde favoloso che sa di crema.
Io lo so, fai pure bene, hai tantissime proprietà e anche le vitamine.
Sei adorabile. Abbassi il colesterolo, proteggi il cuore e gli occhi, apporti
benefici alla pelle, sei un ottimo antibatterico e sembra pure tu possa
prevenire il tumore ai polmoni. Avicenna, filosofo e medico, che pure lui
t’amava, nel suo “Canone della medicina” -القانون في
الطب- definiva il
frutto tuo ottimo rimedio contro le malattie del fegato. D’altronde sei ricco
di vitamina A, B ed E, di ferro e di fosforo. ‘Nsomma, sei troppo forte. Io
t’ho adorato pure in Sicilia qualche anno fa, quando ero partito con quella
ragazza che amavo proprio, e dopo quella notte (di cui ho parlato poc’anzi) eri
diventato il piatto nostro, il cibo preferito, l’afrodisiaco naturale. Ci
piaceva cucinarti la sera, dopo la giornata al mare, davanti alla tenda, la
luce della luna a farci compagnia, il suono delle onde a distrarci dal
silenzio. Ti preparavamo così, preso già pronto dall’alimentari vicino al
campeggio, buono e naturale, e ti mischiavamo con la pasta e mentre
aspettavamo, lei sdraiata sull’amaca io concentrato sul fornello a gas, ci
guardavamo negli occhi ed era bellissimo, perché non avevamo bisogno d’altro.
Ci bastavi tu, la tenda e le stelle per essere felici. E allora ci sorridevamo
un attimo, prima di tornare a fissare la fiamma del fornello, e ci amavamo
ancora di più.
Sì, ti voglio ringraziare per tutti i momenti belli passati insieme. Con
te ho tanti ricordi ed ognuno è speciale. Pure col coinquilino Simone, quando
non abbiamo voglia di cucinare un barattolo tuo c’è sempre. E per tutti e due è
una gran festa vederti! Interrompiamo addirittura la partita al videogioco per
te. Anche il pinguino amico che dimora al cesso esce dal bagno per ammirarti e
tutti e tre, davanti a quel bel verde, ci fermiamo un attimo, l’acquolina alla
bocca, e ti mangiamo con gli occhi.
È sì, Pesto di Pistacchio, tu non è che sei solo buono, tu sei il meglio
del meglio del meglio. Quasi come un amico e se potessi ti inviterei a cena,
per automangiarti e farti capire cosa si prova. Ti voglio bene, m’hai dato tanto,
fin da quando ero alto così. Sei stato forse il mio primo amore e, sono sicuro,
se ti applicassi un po’ di più grazie a te finirebbero le guerre. T’hanno
portato gli arabi fino a qui, dovresti andarlo a spiegare a qualche politico
nostro che usa il colore tuo per rompere le scatole a noi. Ecco, a loro
potresti andare di traverso, lasciando un pistacchio bello grosso integro
bloccato in gola. Risolveresti tanti problemi e noi bravi ragazzi saremmo tutti
più felici.
Credo di amarti.
Per questo ti rubo. Faccio la spesa proletaria. Vado nei supermercati
dei ricchi, specialmente da NaturaSì dove fanno gli acquisti tutti gli snob co’
la puzza sotto al naso, e t’arraffo.
Lo so lo so, non dovrei. Sei molto coscienzioso Pesto di Pistacchio.
Ma io certe cose non posso
permettermele, quindi me le prendo. Si chiama spesa proletaria per questo. È giusto
che sia così. C’è un bel gusto, mio caro amico, a rubare in certi posti. Te ne
stai lì con lo sguardo accorto e, veloce come un fulmine, prendi il barattolino
agognato (quello che ti contiene!) e lo infili in tasca, solo dopo aver tolto
il codice a barre certo. Poi alla cassiera sorridi felice, ché casomai lei lo
sa pure che tu rubi eh, però in genere non dice niente; c’abbiamo ‘st’accordo
noi, un tacito accordo tra compagni e straccioni.
Pesto di Pistacchio, vali troppo per essere comprato, co’ te solo spesa
proletaria. Perché pure il proletario c’ha bisogno dell’affetto tuo.
Che altro dire?
Mi manchi, è una settimana che non ti mangio e c’ho bisogno che mi
cresce nello stomaco. Sei come una droga, la mia droga preferita. Ti stimo. A
presto.
Con
affetto
Elia Mangiaboschi
Il prossimo raccontino esce martedì 15 novembre. Restate collegati!