La verità, Amici & Amiche, è che mi sono rotto.
SUPERSTELLINO DEGLI SNORKY: Nooo! Una
gamba? Un piede? La mano? Il braccio? L’alluce sinistro? Il collo? Un’unghia?
BATMAN: E non ci siamo accorti di
niente!
MASTRO LINDO: Sicuro sarà scivolato…
KARL MARX: Una buccia di banana compagni,
trappole degli sgherri del sistema.
MASTRO LINDO: E’ che le strade di Roma
sono sporche, fanno schifo. Dove andremo a finire? La capitale d’Italia ridotta
ad un colabrodo!
UNA MOSCA: Un colabrodo?
MASTRO LINDO: Eh. Un colabrodo? Hai
presente?
SIGMUND FREUD: Però, voglio dire, mica
ce ne siamo resi conto. Quand’è caduto cioè.
GRANDE PUFFO: Sicuro al joypad con cui
manovriamo Elia c’era Superstellino. Vero?
SUPERSTELLINO DEGLI SNORKY: Non guardate
me. Eccolo lì il colpevole.
YOGI BHAJAN: Impossibile. Meditavo. Non
ero io al comando.
LA VECCHIAIA: Giovanotti, dovreste
accettare il Fatto.
GRANDE PUFFO: Il Fatto? Signora bella,
ignoriamo cosa sia il Fatto.
LA VECCHIAIA: Me. L’adorato invecchia e,
di conseguenza, inciampa. Tempo pochi anni e la sua vista calerà, i capelli
s’imbiancheranno come neve al sole e la gobba (già pronunciata) sporgerà sulla
schiena, come un macigno.
GIACOMO LEOPARDI (che ha sempre la
faccia di Elio Germano): Non parlatemi di gobba! È una vita che ci convivo…
Cioè
a me, che ho pochi soldi, è il discount ad avermi rotto.
GRANDE PUFFO: Ahhh. Quindi n’è che s’era rotto ‘na parte del corpo. Tipo un modo
di dire. Tipo. Tipo che io mi sono rotto che ogni volta che apro il frigo ci
trovo solo le birette scrause, che adesso c’abbiamo pure quelle analcoliche di
Mastro Lindo là. Tipo che ogni volta devo stare a ripetere che non si può
passare la giornata a guardare il vuoto, tipo che dobbiamo dare un senso alla
nostra vita. Tipo.
Gli
scatoloni imballati uno sull’altro, le pareti giallo sporco, il cibo scaduto,
le mele marce, le mozzarelle viola, la verdura fuori tempo massimo, le nonnine
che non arrivano alla mensola degli insaccati.
MASTRO LINDO: Che adesso s’è pure
scoperto che so’ cancerogeni, ‘sti insaccati.
CARL GUSTAV JUNG: Su Facebook non si
parla d’altro. Dopo i gattini decapitati, le buche di Roma, la fiera della
carne di cane e il tale deceduto in circostanze misteriose è il turno del
salame.
OSHO RAJNEESH: L’amore è il nutrimento
per l’anima. Proprio come il cibo lo è per il corpo, così l’amore lo è per
l’anima.
Voglio l’ambiente giovane io. Con tutte le robe buone. Quello con gli
anziani atletici e i punkabbestia che fanno la spesa.
Così un giorno glielo dico a Simone (il mio coinquilino).
«Lo sai che c’è?», gli faccio.
«Che c’è?»
«C’è che mi sono stufato di comprare trentasei hamburger di spinaci a
tre euro e ventidue centesimi».
«Oh, Elia, trentasei hamburger sono tanti, ci mangiamo per trentasei
giorni. Cioè, no. Diciotto giorni. Trentasei diviso due. Fa diciotto trentasei
diviso due sì?»
«Ma non ti rendi conto? Abbiamo bisogno di nutrimento serio! Del cibo
del contadino! Quello senza glutammato!»
«Ma il glutammato ci riempie. Si sa. Per questo andiamo sempre a cena
dal cinese, costa poco e ti rende sazio.»
«Io voglio la bistecca di lupino!»
«Sei un vegetale del cazzo Mangiaboschi».
«Vegetariano prego».
MAESTRO YODA: Grande grande grande
errore fu. Il lato oscuro della Forza si risvegliò. Illuminati noi siamo, non
questa materia grezza!
GRANDE PUFFO: Puoi dirlo forte. Oh, vi
ricordate sì quanto era buona la fiorentina? Ma pure le fettine panate! Da
ragazzino Elia ci stava in fissa, fettine panate e pasta burro & formaggio,
i piatti suoi. Che cazzo di scelta del cazzo. Io c’ho voglia del Big Mac
Cristo. ‘Ste zecche dimmerda. Io BRAMO il Big Mac con le patatine fritte e pure
la Coca-Cola. No vabbè…
«Ti rendi conto Simone? Avvengono cose strane nel mio stato d’animo!
Un’improvvisa voglia di McDonald’s mi sta assalendo!»
«Sporco capitalista! Lo sai sì che fa il McDonald’s nel mondo? Pure
peggio della Coca-Cola!»
«C’ho voglia anche di quella!»
RONALD McDONALD: Ah ah ah! Il Mangiaboschi
sarà mio! Lo farò venire a lavorare in uno dei miei fast food e voi non potrete
niente! S’ingozzerà di cibo avariato, si riempirà di brufoli ed entrerà a far
parte della lunga schiera di soldati obesi! Marceremo insieme alla conquista
dell’Amazzonia!
BATMAN: Io sono già dei tuoi amico
pagliaccio!
«Stai tradendo tutti i tuoi ideali! Fino all’altro ieri a lanciare i
sassi contro le vetrine del Mc e oggi a smaniare per un panino! Reagisci!»
«Simone, l’unica speranza è seguire il Grande Passo…»
Il Grande Passo, noto ai più come G. P., avviene intorno
ai trent’anni e si manifesta negli esemplari di razza umana che tendono politicamente
a sinistra e che, da almeno quindici anni, frequentano centri sociali, rave, movimenti
e un certo ambiente intellettualmente motivato. Il G. P. è tipo una
religione, dove il bio è assurto a caposaldo del sistema nutrizionale.
WILL KEITH KELLOGG (quello che ha
commercializzato i corn flakes): Negli anni il cibo bio ha preso piede, creando
così un divario incolmabile tra chi può e chi non può permetterselo.
GRANDE PUFFO: Sono tipo le robe a
chilometri zero no? O il vino senza solfiti e la birra artigianale.
IL CRICETO: Le cose che piacciono a noi
insomma.
GRANDE PUFFO: A voi! Mica a tutti. C’abbiamo pure le magliette adesso. Vedete?
“IO STO CON McDONALD’S”. Tipo le t-shirt di quel deficiente che sta sempre in
televisione a sparare cazzate. Bella eh?
«Un supermercato bio? Ma tu sei matto? Sai quanto costa?», mi domanda il
coinquilino.
«Tutte leggende. Non ci siamo mai entrati, giusto un paio di volte da
NaturaSì, è vero. Ma oggi è diverso, il cibo buono si sta diffondendo a macchia
d’olio, ho visto pure un servizio al Tg2, su Costume & Società».
«E quindi?»
«Rifletti. Viviamo in una società capitalista, c’è il commercio, la
globalizzazione. Quindi la concorrenza. I prezzi sicuro si sono abbassati.»
«Hai un’idea?»
«Sì. C’è questo amico mio conosciuto su Facebook no? M’ha consigliato un
mercatino bio niente male. Con tutti prodotti etici…»
«Elia, sai quanto ti voglio bene. Siamo amici da tanto ormai e riconosco
che, non di rado, la spesa vai a farla da solo. Ma sai anche che le tue idee
sono strampalate e che spesso ci cacciano nei guai. Sono adulto io, un uomo
fatto e formato, nel curriculum mio c’ho scritto pure ‘bella presenza’ che mica
è ‘na cosa da tutti. La bella presenza. Ora, ad un certo punto nella vita di un
adulto capisci certe cose. Io ho capito che darti spago è una roba sbagliata.
Ricordi sì la storia dei serpenti? O il locale di karaoke? Chiama Anita,
l’amica tua che vive in campagna, mi hai detto che in questi giorni sta a Roma
no? Sicuro lei ti accompagna…»
«Beh certo, Anita è sicuramente una migliore compagnia…»
«Che poi ti piace pure».
UNA MOSCA: Eccome se gli piace…
IL CRICETO: Che dite? La chiamiamo?
CARL GUSTAV JUNG: Chiamiamola
chiamiamola...
Chiamo Anita.
Il supermercato mi accoglie immerso nel verde.
È una struttura rettangolare, di vetro.
Anita è lì, mi sorride.
BATMAN: Oh, ci ha sorriso!
GRANDE PUFFO: Eccerto deficiente, c’ha
visto, ci sorride. Fra umani si fa.
«Ciao Elia, come mai hai scelto di venire qui a fare la spesa?»
SUPERSTELLINO DEGLI SNORKY: Facciamogli
dire che era un buon posto per un appuntamento! Una cosa romantica! Da
cuoricini e stelline!
FEDERICO MOCCIA: E’ tutta ‘na tattica di
rimorchio no? Alle campagnole piace il bio, si sa…
GRANDE PUFFO: No cazzo, Moccia no.
SIGMUND FREUD: Elia è un romanticone in
fondo…
RONALD McDONALD: Era meglio portarla da
me. La ipnotizzavamo con le salse e la facevamo ingozzare di panini… c’avevo
pure l’Happy Meal in offerta. E poi, solo poi, i due piccioncini sarebbero
entrati a far parte del mio esercito…
«Eh, mi sono stufato delle cose scrause. Ecco», rispondo.
Entriamo, la cassiera ci guarda. Ha
tatuaggi ovunque e due occhialini da maestrina niente male. Indossa una
maglietta viola scollata con scritto “FucK Off” che insomma, in qualunque altro
luogo di lavoro l’avrebbero già licenziata. Le unghie sono colorate di nero.
Inspira, sat, espira, nam.
«È
il posto nostro», dico, riconoscendo la profonda respirazione dello yoga.
Anita mi sorride, di nuovo…
IL CRICETO: Ma che è ‘sto suono?
BATMAN: Questo tu tum tu tum?
GRANDE PUFFO: Mi spacca il timpano
quasi…
RONALD McDONALD: Sono gli scarponi del
mio esercito!
FEDERICO MOCCIA: No amici, è il ♥.
Poi, improvvisamente, arriva la canzoncina, un coro stonato dritto
dritto nella capoccia mia, tipo una cosa dell’inconscio.
Dammi tre
parole,
sole cuore
amore.
Dammi un bacio
che non fa parlare.
Fischietto.
Mentre
ci facciamo largo tra gli scaffali.
Mi sento tutto così, tipo friccicorio
smielato. Però poi comincio a guardare le robe che vendono in questo posto.
In un attimo tutto il mio essere cambia.
Osservo Anita, anche il suo sguardo è mutato.
Improvvisamente un fulmine squarcia le
pareti della Stanza dei Bottoni.
RONALD McDONALD: Ve l’avevo detto io.
MICHAIL BAKUNIN: Zitto tu.
KARL MARX: Amico mio, come ci siamo trasformati?
A questo hanno portato i nostri ideali? Così si è ridotta la nostra prole?
ERRICO MALATESTA: Non abbiamo combattuto
per questo.
ERNESTO CHE GUEVARA: Siamo forse morti
invano?
Per un attimo arranco, osservando la clientela. È tutta gente come me.
Sono giovani dai venticinque ai quarant’anni, più qualche sessantenne scappato
da “La meglio gioventù”. Indossano vestiti sportivi ma casual e scarpette da
centotrenta euro. Le braccia sono coperte da tatuaggi e il viso è simpatico,
cordiale. Alcuni parlano di guerra, altri si scambiano impressioni sulla
destrutturazione della società, scervellandosi su quel che già è.
E’ il capo della cooperativa dove lavora
Simone, quello con la foto di Fidel appiccicata nella parete dell’ufficio, il
principale sì, che non lo paga da quattro mesi; è il tipo che abita in centro e
viene a blaterare di periferie e di quanto è bello vivere in mezzo
all’immondizia, tra i topi e il grigio e il cemento; ché pensa che la borgata è
San Lorenzo e il Pigneto e non s’è mai fatto un giro a Magliana, a Tor Bella o
ai Ponti. È il radical chic di sinistra insomma.
L’intellettuale.
Il ricco.
Il borghese.
Lo snob.
Quello che ha capito tutto, che legge
tanti libri e compra solo fumetti d’autore, che se una cosa va di moda
automaticamente fa schifo. Il tizio che quando parla non si capisce niente e
usa solo paroloni per fare il fico. È il compagno mio.
Sudo freddo osservando i prodotti in vendita.
- Il
pancarré (venti fette) costa tre euro e venti.
- La
crema biologica di nocciola (la Nutella per capirci) quattro euro e dieci.
- Le
bacche di goji (che non so manco che cazzo so’) sette euro e cinque.
- Gli
spaghetti di timila integrali bio bio tre euro e sessanta.
- Gli
spaghetti al prezzemolo quattro euro e sessantuno.
- Le
pennette tre euro e ottantatre.
- I taralli quattro euro e ottantanove.
- Le
alghe dieci euro.
GRANDE PUFFO: Le alghe?
KARL MARX: Eh. Le alghe.
Qui ci sono tutti prodotti strani, assurdi, cari.
Ascolto due tizi che parlano: «Ho
assaggiato questi fusilli d’avena integrale Ambrogio… sai, con un buon sughetto
sono fa-vo-lo-si!»
«Oh sì… ma dovresti provare l’affettato di seitan… eccolo…»
Il mio sguardo segue il dito di Ambrogio
e si posa là, nel reparto vegetariano.
- Hamburger agli spinaci (quattro pezzi) sette euro e novantatre.
- Hamburger al radicchio (quattro pezzi) sette euro e novantatre.
- Polpettine alle olive cinque euro e quaranta.
- Fettine di tofu sei euro e venti.
- Bistecca di lupino nove euro.
- Impanate vegetali cinque euro e tre.
- Bastoncini di verdure quattro euro e novantanove.
- Tiramisù vegan otto euro e ventidue.
Qui mi sale tutto il sangue alla testa.
LA VECCHIAIA: L’adolescenza è ormai un
periodo superato! Non lasciatela passare!
L’ADOLESCENZA: Ah! Sono tornata amici,
come butta?
GRANDE PUFFO: Ma guarda chi c’è! Oh, non
sai quanto ci sei mancata.
MICHAIL BAKUNIN: Compagni. Qui tocca
fare qualcosa.
LA VECCHIAIA: Vi prego, fate togliere le
dita dal naso ad Elia, è in pubblico… e c’è pure Anita. Superstellino, togliti
dai comandi!
Giocherello con la caccola, poi la appiccico sulla farina di farro (nove
euro e trentadue a sacchetto).
La verità è che m’avete rotto il cazzo con le vostre spese a chilometri
zero e i prodotti che solo i ricchi se li possono permettere, con ‘ste facce da
cazzo pulite e patinate manco foste un disco di platino. M’avete rotto con i
vostri visi spocchiosi da So tutto io e tu non c’hai capito un tubo. Mi sono
stufato che gente tipo quelli della Lega si possono permettere di dire che
noialtri siamo tutti figli di papà con la puzza sotto al naso. Che per colpa
vostra le persone pensano che ce ne stiamo chiusi nei nostri salottini del
centro imbrattati di poster finiti a discutere dei mali del mondo e il mondo
manco lo conosciamo. Che se ci parli con la fruttivendola di Magliana ti dice
proprio questo, lei che a vent’anni era un’autonoma e la casa se l’è occupata e
per difenderla dalla sbirraglia c’ha pure fatto a botte, con la sbirraglia dico.
Voi sì, che pensate solo al vostro corpo e alle calorie che consumate e al cibo
a chilometri zero che poi il contadino se si sveglia alle quattro voi manco lo
sapete. Gente che compra le arance bbbuone
perché dietro le arance del discount ci sono le mafie e che poi gli immigrati
però è meglio se continuano a vivere nella borgata, in dieci in una casa. Io ce
l’ho con voi perché avete rovinato noi.
Che siete i ricchi e fate finta di essere poveri, che vi potete permettere di
spendere cinquanta euro per due bistecche vegane e una boccia di vino.
Io vorrei una società dove tutti guadagnano uguale. Qualunque lavoro
fai, c’hai un tetto massimo, di più non sfori. Una società dove lo spazzino
prende quanto il calciatore, dove l’operaio ha la stessa grana
dell’imprenditore, dove non c’hai bisogno di rubare e la casa non te la devi
prendere, perché tutti hanno una casa.
Quindi sì.
Visto che questa è un’utopia
KARL MARX: Rivoluzione!
MICHAIL BAKUNIN: Sabotaggio!
Io qui dentro ci faccio la spesa proletaria. Che quello sono io. Un
proletario. E le cose me le prendo.
Basta uno sguardo veloce tra me e
Anita. Poi apriamo gli zaini. Arraffiamo tutto, come tornati
adolescenti. Ci prendiamo ogni cosa, qualunque stramberia, comprese le bacche
di goji. Strappiamo i codici a barre, spulciamo eventuali placche magnetiche e
ci appropriamo di quel che ci spetta di diritto. È un esproprio. Noi siamo i
poveri, rubiamo ai ricchi, pure se i ricchi fanno finta di capirci, di essere
come noi, di starci vicino. Voi per me siete come quelli con lo yacht e con
l’orologio di diamanti, stessa feccia. Io c’ho l’odio di classe che mi scorre
nelle vene, è un sangue caldo e bello rosso e m’arriva veloce dritto al cuore.
Ogni tanto qualcuno ci guarda indignato, ma nessuno osa denunciarci.
Mi prendo pure le sfogliatine di farro senza lievito, ché tengo alla
linea io.
Anita è ancora più veloce di me, bellissima in ogni movimento, una dea
del saccheggio. Si muove con grazia e sensualità, guardando a destra e a
sinistra.
FEDERICO MOCCIA: E noi l’amiamo.
GRANDE PUFFO: Ahe, mo non esagerare eh. C’abbiamo ‘na cotta. Tutto qui.
MICHAIL BAKUNIN: Compagni, non
distraetevi. Guardate il Che come muove il joypad. È un mostro Cristo.
GESU’ CRISTO: Sempre detto io che è un
bravo ragazzo.
Siamo tipo una squadra, ci copriamo a vicenda. Prendiamo ogni cosa. Miglio
decorticato, amaranto senza glutine, patatine fritte non fritte.
E ridiamo.
Poi siamo davanti alle casse con un
pacchetto di gomme da masticare senza zucchero (due euro e novantuno) in mano.
La cassiera tatuata ci guarda un secondo.
Il cuore smette di battere.
Tutta la forza mia del piccolo
sabotatore combattente svanisce in un batter d’occhio.
Sudo freddo.
Il braccio sinistro pulsa.
Paura.
Osservo il supermercato alla ricerca di
telecamere nascoste.
C’ho lo zaino con almeno quattrocento euro di roba rubata dentro.
‘Cazzo gli dico ai miei se mi beccano?
Rimango immobile.
«Ecco a lei», sorride Anita porgendo i soldi alla ragazza per le gomme.
Poi mi prende per mano con naturalezza, come se fossimo una coppia che sta
insieme da anni.
Usciamo.
Il sole ci colpisce.
È una giornata bellissima, con un bel
cielo blu e zero nuvole. Un pappagallo vola in lontananza.
Anita mi guarda. Per un attimo rimaniamo in silenzio, mentre tutto il
resto scompare.
FEDERICO MOCCIA: Si perde nei suoi
occhi.
Mi perdo nei suoi occhi.
FEDERICO MOCCIA: Nella bocca.
Nella bocca.
FEDERICO MOCCIA: Che sa di miele.
Che sa di miele.
FEDERICO MOCCIA: Tre metri sopra il
cielo.
GRANDE PUFFO: E no cazzo, questo no!
Torno in me.
Apriamo gli zaini. C’ho la spesa fatta per un mese. Simone sarà
felicissimo.
Così ci allontaniamo baciati dai raggi, moderni Robin Hood in un mondo
che non ci appartiene.
RONALD McDONALD: E mentre ammiriamo
questa scena che va a dissolversi lungo la via della vita prendiamo finalmente
la giusta decisione. Portiamo Elia al Mc. Cioè da me. E lo facciamo ingurgitare
tutte le robe mie, fino a che non si convertirà alla giusta causa. Ché in fondo
l’avete detto pure voi no? È da me che ci vengono a mangiare quelli senza
soldi, in un certo senso sono io che sfamo il proletariato. C’ho pure le case
famiglie, se dai un piccolo contributo alla cassa aiuti i bambini orfani,
quelli con le pance gonfie. Che dite? Grande Puffo, m’appoggi?
GRANDE PUFFO: Tiè, riprenditi ‘sta
maglietta va’, che mi sta pure stretta.
KARL MARX: Che mo vabbè che vabbè, però
sempre un pagliaccio bastardo rimani. Americano, tra l’altro.
GRANDE PUFFO: E a noi gli americani ci
stanno proprio qui.
LA VECCHIAIA: E poi il cibo tuo fa male.
Diciamocelo.
MICHAIL BAKUNIN: E anche tu, fai male al
mondo intero. Ché c’hai traffici strani Ronald.
GRANDE PUFFO: Beh, a ‘sto punto, se
siamo tutti d’accordo, buttiamo il pagliaccio inquietante dal dirupo. Vediamo
che fine fa. Super stellino, ci pensi tu?
SUPERSTELLINO DEGLI SNORKY: Però sempre
io ‘ste cose noiose. Dai signor McDonald muoviamoci…
RONALD McDONALD: Pazzi! Che volete fare?
Lasciatemi!
L’ADOLESCENZA: E poi un giorno, se
c’avete voglia, andiamo a lanciare due cosette contro le vetrine del Mc? Eh?
Eddai…
Il problema, in fin dei conti, è che la testa mia c’ha una cifra di
dubbi e un bel po’ di sfaccettature, quindi, Amici & Amiche, cercate di
capirmi. Che comunque, in qualunque dei casi, ora sto con Anita, e vi voglio a
tutti bene. cioè, quasi a tutti.
GANESH: Oh, nota importante: il prossimo
raccontino di Elia esce martedì 17 novembre, ci vediamo tra due settimane… pace
& bene fratelli.
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