Radical chic
Agg. e s. m. e f. [compl.
dell’ingl. radical «radicale» e del
fr. chic «elegante»], iron. – Che o
chi, per moda o per convenienza, professa idee anticonformiste e tendenze
politiche radicali; sempre posposto: opinioni
radical chic; come sost.: è una
borghesuccia che fa la radical chic.
Buonismo
s. m. [der. di buono]. – Ostentazione di buoni
sentimenti, di tolleranza e benevolenza verso gli avversari, o nei riguardi di
un avversario, spec. da parte di un uomo politico; è termine di recente introduzione
ma di larga diffusione nel linguaggio giornalistico, per lo più con riferimento
a determinati personaggi della vita politica.
Enciclopedia
Treccani
Che poi, a guardare bene ‘ste definizioni beh, io non è che ci capisco
molto.
«No Elia, è che tu in generale
non è che ci capisci molto», mi fa Ganesh.
«Sarà amico mio ma sai, le parole sono importanti».
«Pesano come macigni», dice Giacomo Leopardi.
Ecco, come macigni.
Ultimamente va di moda no? Nelle home
dei social network, nei salotti televisivi, in strada e sui giornali. Lo dicono
tutti. Al supermercato ad esempio, tra il reparto frutta e quello carne, la
tizia che parla con l’altra tizia, «Fanno i buoni ma poi c’hanno le ville ai
Parioli», oppure, l’altro giorno alla stazione, «Intanto mica hanno come vicini
di casa la famiglia di bengalesi che gli cucina tutte quelle schifezze
speziate».
Ecco.
Una cosa così.
Poi accendi la tv e c’è quel cretino che
se ne va in giro con le magliette con scritto “Roma ladrona”, “W Roma”, “Abbasso
i richiedenti asilo”, “Abbasso la scuola”, “Gli zingari sono brutti” che dice
le stesse cose: «La gente di sinistra o è radical chic o è buonista!»
A
me ‘sta storia m’ha stufato.
GRANDE PUFFO: Bene. Oggi andrà così, lo
sapete sì?
GANESH: Dovremo stare attenti.
IL CRICETO: Dite che è carenza di
affetto?
SIGMUND FREUD: Sono gli zuccheri. E il
sesso.
LA VOCE DI DIO: Avrà le sue cose.
SUPERSTELLINO DEGLI SNORKY: Secondo voi
se infilo la bottiglia di vodka nel tubo mi fa?
ELIA: Posso continuare?
KARL MARX: Continua figliolo, continua…
Preparatevi
dunque al:
FANTASTICO
SFOGO DI ELIA MANGIABOSCHI
[Ovvero come sfatare il mito dell’Uomo/Donna
Di Sinistra Che Se E’ Di Sinistra E’ Raical Chic & Buonista]
Prima di tutto mi presento, io sono Elia Mangiaboschi, ho trent’anni e
vivo a Trigoria, ridente periferia della Capitale.
GANESH: Adesso non è che ci devi
raccontare tutta la vita tua eh…
ELIA: Shhh, fa parte del saggio.
GANESH: Del saggio?
ELIA: Eh, un trattato sullo sfogo.
Proseguo:
A Trigoria, per chi non lo sapesse, ci si
allena la Roma e questo, Amici & Amiche, rende il nostro quartiere
piacevole meta di pellegrinaggio per i tifosi giallorossi e per i turisti
olandesi. A Trigoria c’è pure il Campus Bio-Medico…
SUPERSTELLINO DEGLI SNORKY: Oscure
leggende si narrano sul Campus Bio-Medico… dicono sia sorto dalle ceneri di un
vecchio rifugio di alchimisti massoinicocristiani e che, nelle cantine più buie,
vengano perpetuati esperimenti sulla vita eterna e sulla clonazione di
gamberetti.
…e c’è pure casa mia. Ho un coinquilino, Simone, che sta senza lavoro da
diverso tempo e che non ha più un euro.
«Cosa che, a lungo andare, intacca sul tuo
(già esiguo) capitale», annuisce Ganesh.
«Sì testa d’elefante, ma soprattutto sui miei buoni pasto».
Ho fatto l’università, è vero, ma giuro
che ho sempre lavorato, fin da quando ho diciotto anni, o forse diciassette.
Oggi, per l’appunto, lavoro per Meccanic. A, una nota azienda governata da
loschi figuri che tutto possono. Non guadagno molto, anzi, guadagno poco, così
poco da potermi permettere un affitto in una casa piccola in un quartiere
lontano dal grande centro di Roma (dove, per inciso, vivono molte delle persone
che odio). I miei capi abitano invece all’Eur, loro sì sono ricchi, hanno belle
macchine, bei figli, belle case e frequentano belle scuole (private), si curano
in strutture di lusso e fanno (o meglio si fanno fare) la spesa nei
supermercati dove ogni cosa costa quattro volte di più del normale. I miei capi,
Fratelli & Sorelle, che dovrebbero, secondo la nuova fisionomia del finto
proletario comunista dettata dai poveri proletari di destra -vedi il tipo con
le magliette piene di scritte-, essere di sinistra, in quanto radical chic (la
nipote va addirittura alla scuola steineriana) invece hanno, ta-dan, sempre votato a destra, prima
Berlusconi (perché facciamoli ‘sti cazzo di nomi) e poi coso, quello con le
magliette, com’è che si chiama? Ahhh.
S – A – L – V – I – N – I.
GRANDE PUFFO: Ma non è il concorrente di
Doppio Slalom, la trasmissione?
GANESH: Però Grande Puffo, che memoria…
Scusate la digressione.
Torniamo
a noi.
Alcuni di voi, ne sono sicuro, conoscono
la mia infanzia, ma per chi (spero pochi) ne fosse all’oscuro vi racconto
brevemente da dove vengo: io sono nato a Magliana, che non so se l’Uomo delle
Magliette la conosce -che poi riflettendo per tutte ‘ste magliette c’avrà speso
un sacco di soldi- ma Magliana ‘nsomma, non è proprio i Parioli. Pensate un
po’, Magliana sta al di sotto del livello del Tevere, fino a qualche anno fa
non c’era manco un lampione e i ragazzini, quando pioveva, facevano
direttamente il bagno nelle fogne. A Magliana, Fratelli & Sorelle, ci vive
tutta la mia famiglia: i miei nonni (che sono emigrati a Roma parecchi anni
fa), i miei genitori e il gatto dei miei genitori. Mio papà faceva l’operaio e
mia mamma l’impiegata. L’appartamento dei miei confina con quello di una
famiglia di indiani e anche al piano di sopra ci abitano dei bengalesi e a
quello di sotto, se non ricordo male, un gruppo di rumeni. Eppure i miei sono
di sinistra, anzi no, sono comunisti. Nonostante gli odori delle cucine
orientali. Oh, mia madre gli chiede pure le spezie, ché adora il pollo tutto
piccante.
Io, Uomo delle Magliette, sono cresciuto nella borgata, a Roma, in mezzo
alla strada, eppure sono di sinistra. Ma non quella dei partiti eh, macché
proprio sinistra sinistra, quella vera insomma.
GANESH: Oddio no! Adesso comincia!
SUPERSTELLINO DEGLI SNORKY: La sacra
furia di Elia Mangiaboschi si abbatterà su di noi!
IL CRICETO: Moriremo tutti!
Eppure ‘sta cosa dei radical chic prende il sopravvento, ogni giorno di
più. Se stai con gli immigrati poi, allora sei anche buonista.
Ora, citando il Signor Manfredi (il meccanico di fiducia di papà): «Io
non so’ buonista. Se potessi ve butterei ar mare a voi, ‘ste testedecazzo».
Ecco, questo è il punto. Secondo me se c’è una carretta in mare va
soccorsa e difesa, le persone portate in salvo. Dirò di più, fosse per me farei
entrare tutti. A me gli immigrati piacciono, non credo nei confini, nelle
barriere e in tutte le cazzate messe apposta per creare stati e ricchezze e bla bla bla. Già già, a me della patria
non me ne frega niente. Anzi, la patria mi sta antipatica. Ecco, proprio
antipatica. Non la tollero, non la sopporto, è una cosa da furbi, da paraventi.
L’inno, le bandiere, le dogane. Ma apriamole ‘ste porte. Sono secoli che
andiamo a rubare petrolio diamanti persone negli altri paesi.
«Veramente, ai confini non ci crede».
«Ehi Ganesh, non posso farci niente».
Non penso che i migranti vengano a
rubarci il lavoro, credo che il lavoro lo tolgano i potenti, i ricchi, gli
uomini con le magliette, i politici e i capi. Non credo che un pakistano venga
a scipparmi lo stipendio. Anzi. Io voglio unirmi al pakistano per combattere
chi mi dissangua. Siamo una massa di sfruttati precari sottopagati e continuano
a prenderci in giro. Ci aizzano l’uno contro l’altro e, voi che ci chiamate
buonisti, ci cascate con tutti i piedi, anzi, rotolate proprio e vi fate
prendere a calci. Cristo alzate la testa, guardate chi è il vostro nemico, la
scarpetta da mille euro che vi sta umiliando, non vi fate prendere per il culo.
E invece usate le loro stesse parole, perché in fondo, sotto sotto, alle volte
vi piacerebbe essere come loro. Bramate l’auto di lusso, il cellulare da
duemila euro e la villa con il giardino e la piscina tutto compreso. Non ce
l’ho i pensieri disneyani, della serie: “E vissero tutti felici e contenti”.
Macché. Però so che a me la casa non me la rubano gli zingari, la casa me la
ruba il palazzinaro, quello che non vende sogni ma solide realtà. Me la ruba
chi mette l’affitto a mille euro per una camera un bagno una cucina, chi
specula sulla mia vita. Io non so’ buonista. Io nei barconi ci metterei tutti
‘sti ricconi che se ne approfittano. E poi, se continuare a sperare nelle bombe
contro gli immigrati, vi ci metterei pure a voi. Un paio di giorni, partendo
dalla Libia, dopo essere stati in un campo di concentramento del nord Africa,
torturati al punto giusto. Vi farei affrontare il mare, possibilmente
d’inverno, con le onde alte dieci metri, vi farei vedere le persone che
affogano, i vostri amici e i vostri figli, in Italia vi ci farei arrivare, come
no, per essere rinchiusi dentro un CIE, giusto per assaporare cos’è un carcere
(senza che però venga chiamato carcere). Così, solo qualche giorno eh. Poi di
nuovo a casa vostra, dove ci sono le guerre. Per farvi capire. Vedete? Non sono
buonista. A me ‘sta cosa m’ha rotto. E pure radical chic. Io lo so che c’è una
sinistra da salotto, perdente, con la puzza sotto al naso, impaccata di soldi,
che vive nei quartieri bene e che si entusiasma se vede una ragazza con il velo
che sa spiccicare due parole di italiano. Lo so. E non li tollero; gli ex capi
del coinquilino mio ad esempio, quelli della cooperativa, il macrobiotico come
unica cucina possibile, mi fanno schifo. Rovinano tutti noi, noi che viviamo
per strada, noi cattivi e disoccupati e incazzati, noi operai, ricevinsulti dei
call center, operatori per disabili, educatori allo sbaraglio, insegnanti
precari, spazzini, lavavetri, impiegati e disimpegnati. Quelli che chiamate
“fannulloni” insomma. Ci rovinano cazzo perché quella no, non è sinistra. La
sinistra la trovi nella borgata, al centro sociale o nell’associazione di
quartiere, fa i corsi di italiano per gli stranieri e i picchetti antisfratto,
la sinistra è quella che scende in piazza, quella che incrocia le braccia,
quella che urla «No» senza vergogna. Quella che si incazza sì. Ci puoi vedere
ancora oggi, facciamo i lavori più umili, alle volte lavoriamo nel sociale, o
siamo impiegati come voi. Occupiamo spazi abbandonati per restituirli al
quartiere, i nostri centri sono sempre aperti, ci sono laboratori rivolti a
tutti, che costano pochissimo. Ci divertiamo, c’abbiamo il sorriso stampato in
faccia e un diavolo per capello; attacchiniamo di notte i manifesti dei cortei,
abbiamo passione e voglia di lottare. Non c’entriamo niente con i giornalisti
da salotto. Noi di ragazze con il velo che parlano italiano ne conosciamo
tante, mica una. Anzi, ad essere proprio onesto l’italiano non lo parlano, no
no, loro parlano romano. Il dialetto, la lingua nostra. Noi parliamo sporco,
tutti quanti. Aborriamo la scuola privata, ci piace stare in mezzo alle
persone. Non ci chiudiamo mica nei salotti con i lampadari di cristallo. Io non
c’ho niente da spartire con i radical chic di sinistra e i lampadari di
cristallo mi fanno cacare. Per me manco sono sinistra, sono tipo nulla (i
radical chic, ma anche i lampadari). Ma il mio nemico, a dir la sincera verità,
non sono solo loro. Io non tollero i razzisti, i fascisti, i leghisti. Che poi
sono tutti la stessa razza. Ecco, a voi non vi sopporto.
GRANDE PUFFO: Manco io vi sopporto.
SUPERSTELLINO DEGLI SNORKY: Pure io oh.
Non vi posso vede’.
KARL MARX: Vabbè, la mia opinione pare
scontata…
Quindi
vi prego, una volta per tutte, basta con ‘sti appellativi. E pure te, Uomo
delle Magliette, c’hai i soldi che ti escono dal culo, smettila di fare l’amico
del popolo, con noi non c’hai niente da spartire.
In fin dei conti quindi scusate.
Scusate lo sfogo.
Mi sa che questa non era una storiella.
Era più voglia di buttare fuori quel che ho dentro.
Buona giornata a tutti.
Che la forza sia con voi.
Alla faccia di chi ci vuole male.
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