Non
sento
niente.
Bloccato.
Immobile.
Il viso contratto in una smorfia.
Il tubo di plastica nelle narici.
La testa è piena, gonfia.
L’orecchio sinistro è andato.
Qualcuno parla, mi volto.
Nulla.
Apro la bocca, sussurro. Il suono
echeggia nella mia testa, amplificato cento mille volte.
Rimbomba.
Mi accascio.
La
Macchina è lì.
E mi osserva.
«Amici & Amiche, oh voi! Fidi lettori delle storielle del martedì,
voi! Che avete sopportato, scusate,
supportato Elia Mangiaboschi! È proprio a voi che devo, con profondo
dispiacere, comunicarvi il triste evento. Il suddetto sta per intraprendere un
lungo viaggio…»
«G… Ganesh…», lo imploro.
«Ammiratelo… guardate come prova ad avvicinarsi al sottoscritto. La mano
tremante che si allunga sulla mia proboscide».
«G… Ganesh…»
«Un viaggio che lo porterà ai confini del tempo, per arrivare là dove
nessuno è mai giunto prima…»
GRANDE PUFFO: Signor Spock siamo pronti?
SIGNOR SPOCK: Raggi temporali attivati.
SIGMUND FREUD: Lacrime?
SIGNOR SPOCK: Azionate.
KARL MARX: Battito cardiaco?
SIGNOR SPOCK: Regolare.
GRANDE PUFFO: Dobbiamo sbrigarci, della
Stanza dei Bottoni ormai non è rimasto quasi niente. Galleggiamo in questo mare
da tanto e la balena è sempre più vicina. Se anche il joypad…
CAPITANO ACHAB: Non lasciatevi
intimorire dalle gialle onde… resistiamo!
KARL MARX: E’ la fine compagni. In molti
ci hanno già lasciato.
PIERO ANGELA: Come è cominciato tutto
questo?
UNA MOSCA: Non potevamo sapere…
GRANDE PUFFO: E’ colpa tua! Solo tua!
JOHN LOCKE (quello di Lost): Moriremo
tutti!
SIGMUND FREUD: No, se decidiamo di
attivare la Macchina.
GRANDE PUFFO: Okay. Basta che Elia
spinga il pulsante. Sarò io a manovrarlo. Il futuro della Stanza dei Bottoni
dipende da me… per tutti i puffi! Avrei bisogno di un cicchetto, se solo avessi
la forza di bere. Tre, due, uno. Motore a curvatura pronto.
Muovo il braccio.
Spingo il pulsante.
Fssssssssssssssssssssssssssssssssssssssssss,
geme la Macchina.
Quattro
giorni prima
Immobile, osservo i miei colleghi, hanno la
faccia strana, opaca quasi. Gli occhi a mezz’asta mi scrutano ogni tanto, ma lo
fanno senza un reale interesse, anzi. Più che scrutarmi mi trapassano, come se
non esistessi.
L’Uomo-Che-Parla-Con-La-Stampante si volta allungando le braccia in
avanti, sbatte contro il compagno e si rialza.
Sono i piedi a colpirmi, piedi che si trascinano uno dopo l’altro, in un
percorso continuo.
Mi tocca. «Elia…», sbava. «Elia».
Mille gocce di saliva mi raggiungono in
un attimo; le vedo, una ad una, trafiggermi il volto, come proiettili in un
duello.
CARL GUSTAV JUNG: Oh ma che schifo!
BATMAN: Dai, tanto tutti i portelloni
sono stati chiusi. Al joypad ci sta un asso. Cioè, stiamo parlando della
Vecchiaia, sai che esperienza ha quella?
MASTRO LINDO: Io comunque una rassettata
veloce qui dentro la darei, dovesse attaccarci qualcosa. Chi si offre
volontario?
GRANDE PUFFO: Io lo farei pure… ma
Superstellino come al solito mica li ha comprati gli stracci eh. E qui noi
puliamo solo con roba pulita. Ricordate sì l’ultima volta che abbiamo dato
un’ordinata? Prima di capodanno dico.
MASTRO LINDO: Molto prima.
GRANDE PUFFO: Vabbè, fa lo stesso. Sotto
al divano dove bivacca la Kundalini non si sa che schifo c’era. I microbi
cazzo. Dei mostri grandi quanto la capoccia mia. E tutto per colpa degli
stracci sporchi. Pulire con lo straccio sporco è inutile. A ‘sto punto non
facciamo niente. Piuttosto, la birra dov’è?
IL MICROBO: Su! Tutti in piedi! Ci
siete? E via con la danza! Microbotechnoraveparty!
MASTRO LINDO: Guardate che gira
l’influenza ed Elia non ha fatto il vaccino. E quelli ballano, non vorrei dire
ma a me sembrano sempre di più.
MICHAIL BAKUNIN: Il ragazzo è cresciuto.
È un uomo ormai. Che vaccino e vaccino, a sponsorizzare così le aziende
farmaceutiche.
YOGI BHAJAN: L’ho sempre detto io,
questa volta ha ragione l’anarchico. Dovremmo cominciare a far curare l’adorato
con l’omeopatia. Ora respiriamo tutti insieme.
GRANDE PUFFO: Zuccherini manco
zuccherati.
Respiro.
Guardo l’orologio. Anche oggi è andata.
Sgattaiolo veloce in bicicletta superando auto e motorini. Poi
d’improvviso mi blocco. Una nube di smog si abbassa prepotente sulla metropoli.
Mi avvolge.
SUPERSTELLINO DEGLI SNORKI: Ma voi
vedete qualcosa?
MASTRO LINDO: Un tubo, c’abbiamo tutti i vetri appannati.
MASTRO LINDO: Un tubo, c’abbiamo tutti i vetri appannati.
SUPERSTELLINO DEGLI SNORKI: E se non
vediamo niente…
KARL MARX: …Cosa facciamo fare ad Elia?
MATRO LINDO: Basterebbe pulirli. N’è che
ci vuole molto, un paio di vecchi giornali, un po’ di alcol e il gioco è fatto.
Come dice sempre Anita, più a dirlo che a farlo.
GRANDE PUFFO: Giammai! Che ne sa Anita
della vita in città, vive in campagna quella…
Rimango fermo, tossisco, poi la nebbia si dirada.
E il mondo
ha di nuovo i colori sbiaditi della
metropoli.
Non
lo noto subito, solo dopo un po’, quando riprendo a pedalare. C’è qualcosa di
diverso che non riesco a mettere a fuoco.
Cosa sta succedendo?
MASTRO LINDO: Se non gli lacrimassero
gli occhi forse vedrebbe.
GRANDE PUFFO: Oh, fate spengere la
musica a ‘sti cretini per favore? Già mi stanno dando ai nervi, microbetti da
strapazzo…
UNA MOSCA: Ma sono così carini,
adorabili…
MASTRO LINDO: Ripeto, a me sembrano
sempre di più.
IL MICROBO: Salsa!
Sono
le persone. Le vedo camminare come fossero morti viventi, le braccia tese, lo
sguardo perso, la lingua che sguscia dalla bocca e i tre diavoletti del
raffreddore che martellano la capoccia, quelli della pubblicità sì. Io non li
tollero.
Mi infettano.
Ma ancora non lo so.
IGNAZ PHILIPP SEMMELWEIS: Salve, mi presento,
sono il dottor Semmelweis, scopritore della principale causa della febbre
puerperale. Le cose semplici, ahimè, sono le più complicate da comprendere.
Come ora, adesso. Il signor Mangiaboschi non sa ad esempio che, per merito
dello smog e delle classiche influenze di stagione, è stato appena contagiato.
Tempo mezza giornata e il suo corpo verrà colpito da forte tremolio. Inoltre,
cosa ben più grave, il signor Mangiaboschi ha contratto quel che viene
comunemente chiamato raffreddore.
GRANDE PUFFO: E come possiamo noi
evitare tutto questo? Odiamo l’influenza…
IGNAZ PHILIPP SEMMELWEIS: E’ molto
semplice. Non potete. Ormai è fatta. Il signor Mangiaboschi è ammalato. Ma, vi
assicuro, la febbre non è niente rispetto a qual che succederà subito dopo.
Cazzo.
«Che?», mi fa Ganesh.
«Mi sento parecchio giù di tono».
«Oh oh».
«Vabbè, ho preso freddo… mi sa. Un’aspirina e torno come nuovo».
«Dici?»
«No?»
«Hmmm. E se fosse… che ne so,
febbre gialla? Con la febbre gialla diventi giallo… credo. O, ancora peggio,
mucca pazza».
«Sono vegetariano».
«Carota pazza, cipolla pazza, mozzarella pazza, mozzarella blu,
mozzarella viola, mozzarella verde, cavolfiore pazzo. E che ne sai… mica mangi
bio tu».
«Ma no…»
«Ma sì! O forse la SARS! Oh Dio Elia! Morirai!»
«La SARS in Italia mica ci arriva…»
«E che ne sai? Sporco capitalista da quattro soldi! Casomai il portatore
sei tu! Hai visto oggi l’Uomo-Che-Parla-Con-La-Stampante? T’ha sputato addosso,
‘stammerda… t’avrà contagiato. Dov’è che è andato in vacanza?»
«Anzio».
«Eh. Il mare… si sa.»
«Dici?»
«Avoja! Come ti senti? I sintomi ci sono tutti… febbre, tosse…»
«La tosse non ce l’ho… e manco la febbre, credo».
«Perché usi quel cazzo di termometro elettrico del cazzo! Stolto umano,
avete abolito il mercurio! Dipendete sempre più dalle macchine… c’hai presente
Terminator no? O anche il libro che stai leggendo adesso, molto bello, se
posso…»
«Ed io», si intromette Mercurio, «ormai non conto più niente…»
«La SARS, lo sapevo… è roba tua… come ti senti Elia?»
«Mi manca un po’ l’aria Ganesh…»
«Dispnea!»
«E che è?»
«Ma che ne so, l’ho letto ora su Wikipedia…»
«Fame d’aria ignoranti», ci fa il signor Wikipedia.
«Scusi signor Wikipedia… c’ho una divinità incompetente come amico
immaginario… che dice, potrei essere malato?», domando.
«Potrebbe sì, ma non demorda. Risolveremo il suo caso».
«Corri sciocco! Vai da Simone, fatti aiutare!»
Il coinquilino è in salotto, sprofondato
sul divano, la tuta di due settimane imbiancata di gesso.
«Ehi, perché sei sporco di gesso?»
«È una lunga storia… ma… mio Dio Elia, che hai? Sei bianco come un
cencio...»
«Ma poi», dice Cencio, «non è che io sia così bianco. Anzi.»
«Simone… sono malato. Tutta colpa dell’Uomo-Che-Parla-Con-La-Stampante e
di questo inquinamento che uccide.»
«No eh. Ambientalista no Cristo. Tutto ma non ambientalista. Okay
antifascista, okay antirazzista, okay difensore degli ultimi, sabotatore &
comunista, paladino dell’Uomo delle Nevi e di Babbo Natale, amico del quarto Re
Magio deceduto in circostanze misteriose e di tutti i vermi che popolano di
nascosto ‘sto pianeta marcio. Ma ambientalista no. Quasi peggio degli
animalisti. No. Vabbè. Come non detto, peggio degli animalisti no. Lo sai che
c’è? A te mancano le vitamine della carne, vegetale da strapazzo! L’Omega 3! Te
lo dico io! Che sei pure anemico. Andiamo a mangiarci una bella bistecca al
sangue dai!»
«Il lato oscuro della Forza si sveglia in te, mio giovane jedi,
combatterlo tu devi», mi sussurra il maestro Yoda.
«Mai! Guarda la tua mano! È nera! E poi t’ammalerai te prima o poi! Con
la mucca pazza! Assassino maledetto mangiacapretti».
GRANDE PUFFO: Elia si sta scaldando.
MASTRO LINDO: Così suda.
GRANDE PUFFO: Uh?
MASTRO LINDO: Dico, così suda!
GRANDE PUFFO: Non sento niente! Fate
abbassare la musica a ‘sti microbi! Superstellino fai qualcosa!
SUPERSTELLINO DEGLI SNORKI: Non posso,
sono troppi…
UNA MOSCA: Lasciamoli ballare… uniamoci
a loro.
KARL MARX: Compagni, non notate niente
di strano?
LA VECCHIAIA: ?
KARL MARX: Le pareti della Stanza dei
Bottoni, stanno diventando gialle.
Ho un mancamento. Crollo a terra. I diavoletti del raffreddore mi
circondano, martellando sul cranio.
«Aho».
«Aiuto…»
«Ma che non lo vedi? Sono sul divano, in procinto di accendere la Play.
Alzarmi sarebbe un gesto di grandissima amicizia nei tuoi confronti. E noi,
ricordalo bene, viviamo insieme, mica siamo amici.»
Allungo la mano verso Simone. «Un’aranciata», gemo.
«Guarda che l’aranciata ti fa male a quest’ora. Poi non la digerisci, te
lo dico io. Meglio uno spino no?»
Tre
giorni prima
Ho
trentotto di febbre. Anita mi ha detto al telefono che a lei è durata un giorno
e che poi però la mattina dopo stava bene, un grillo, ha detto. Le ho chiesto
di venirmi a trovare ma lei, gentilmente certo, ha declinato l’invito. Ben più premurosa
si è dimostrata mia madre. Si è presentata con ottantanove pacchi di Aspirina,
tredici scatole di Moment, ventiquattro flaconcini di Benagol, sessantadue
bustine di Tachifludec più una siringa bella grossa, del disinfettante e tutte
le cose per curare i calcoli. «Che non si sa mai», m’ha fatto. È avanzata
bardata dalla testa ai piedi, con una tuta anticontagio di quelle bianche e mi
ha obbligato a mettermi al letto (io odio stare al letto) con Simone dietro che
trotterellava tutto contento, come un gatto che fa le fusa. Mamma mi ha
preparato anche:
- La spremuta d’arancia;
- La minestrina al brodo vegetale;
- Il pesce.
Il pesce io ho detto che non lo mangio e lei, visibilmente colpita, mi
ha risposto: «Ma il pesce mica è carne…»
Poi, altrettanto velocemente, è andata via. Dopo cinque minuti mi ha
telefonato. «Come ti senti?», mi ha chiesto. «Come prima», ho risposto. Le
chiamate si sono ripetute ad intervalli di sette minuti e dodici secondi esatti
per tutto il giorno.
«Avercela ‘na mamma così», mi ha sorriso il coinquilino accendendosi una
sigaretta e sputando tutto il fumo nella stanza.
«Non è che fumeresti di là?»
«Sei pazzo? Hai bisogno di rinforzi, di anticorpi, lo faccio per il tuo
bene. Non cambieremo le nostre abitudini, facendoci governare dalla paura. Non
ci avranno mai!»
Ogni tanto credo Simone mi odi.
Due
giorni prima
Simone ha sigillato la mia stanza con il nastro rosso e bianco della
municipale. Ha messo un bel cartello giallo con scritto “QUARANTENA” sulla
porta. Si presenta da me completamente coperto e con una maschera antigas in
testa. Non parla più, mi porta solo il rancio riscaldato e un’aranciata con due
cucchiaini di zucchero, nonostante a me piaccia naturale, senza zucchero
insomma.
La stanza è ridotta un cesso, ci sono cartacce in ogni angolo,
fazzoletti sbracati di muco e macchie gialle alle pareti.
Mi
affaccio alla finestra.
Una macchina nera è ferma sulla strada
da ieri sera, un uomo e una donna (giacca & cravatta lui, tailleur nero
lei) ogni tanto escono e guardano verso la mia finestra, indicandola.
«È l’FBI», mi fa Ganesh. «Americani. Mulder e Scully secondo me. Ti
stanno controllando, ti spiano. Sicuro sei un soggetto interessante. Ad Anita
la febbre è passata in un giorno, a te peggiora. Prova a tirare su con il naso.
Bravo. Vedi? È impossibile, tutto otturato. Guarda a terra, fazzoletti ovunque.
I diavoletti del raffreddore stanno facendo un casino. Sei pieno di moccio. Sei
contagiato ormai. Perso. Una nuova malattia, un virus creato in laboratorio,
probabile nell’Area 51, che mica si trova negli Stati Uniti, quello solo gli
sciocchi lo pensano. No. È qui in Italia, a Centocelle. Ti stai trasformando in
una mosca. O in uno zombie, fai tu».
UNA MOSCA: Sarà bellissimo! Tipo che gli
cascano le unghie come nel film, che si riempie di occhi e gli vengono pure le
ali!
GRANDE PUFFO: Eh?
UNA MOSCA: LE ALI!
GRANDE PUFFO: Oh, io non sento più un
cazzo.
KARL MARX: Un cornetto è quello che fa
per te.
GRANDE PUFFO:Come?
KARL MARX: UN CORNETTO!
GRANDE PUFFO: Non ho voglia di gelato,
ho freddo.
KARL MARX: Un cornetto per le orecchie,
mica un gelato. Quello per sentire insomma…
GRANDE PUFFO: E’ ‘sta musica! E i
microbi che ballano! Sono miliardi ormai! Guarda! Ovunque!
KARL MARX: Sono piccoletti ‘sti
bastardi. Difficile stanarli…
GRANDE PUFFO: Stanno rosicchiando tutti
il quartier generale…
KARL MARX: Che?
GRANDE PUFFO: Eh?
SIGMUND FREUD: Tutti sordi qui dentro…
MATRO LINDO: Osservate le pareti, sono
giallo muco…
YOGI BHAJAN: La Stanza dei Bottoni sta
mutando…
BATMAN: Non la sentite la puzza?
CARL GUSTAV JUNG: Affacciamoci, nei
profondi abissi dell’Io…
YOGI BHAJAN: No… qui è tutto attorno…
non viene da sotto…
GIACOMO LEOPARDI (che ha sempre la
faccia di Elio Germano): E’ anche difficile manovrare Elia… vorrei farlo
arrivare al fazzoletto, ha il naso pieno di moccio.
Mi muovo, le ossa doloranti. Raccolgo il fazzoletto da terra e mi soffio
il naso.
Poi, improvvisamente, si crea la Bolla.
LA
BOLLA
[Una bolla venne creata dalle divinità del
male, una bolla di muco e schifo… e da molti venne chiamata la BOLLA]
PIERO
ANGELA: Buongiorno. Nell’episodio di oggi vi narreremo le gesta del buon
Mangiaboschi, nostro diletto, e del suo corpo. Assisteremo quindi ad un
incredibile viaggio ai confini del muco, materiale di cui è composta la Bolla, creata…
ROBERTO GIACOBBO: Lascia fare a me. Ci
addentreremo insieme attraverso questo incredibile materiale che grazie ad un
permesso speciale dato dalla direzione siamo riusciti ad ottenere, il permesso
dico. Di girare. Nella Bolla. Siete pronti?
Il viaggio sta per cominciare…
La Bolla mi avvolge. Cammino piano,
totalmente pieno. Non sento niente, non capisco niente. Arriva Simone, parla.
«Scusa?», domando.
La mia voce.
Rimbomba.
GRANDE PUFFO: Dobbiamo far qualcosa!
IL CRICETO: Portiamolo in farmacia.
Decido di uscire, devo andare in farmacia.
Cammino in strada, la Bolla gialla, sempre più densa e solida, mi
avvolge nel suo abbraccio mortale.
Mi sento come…
lo spazio sì.
Io
nuoto
nel
muco.
Entro. Ad accogliermi il farmacista, un uomo in camice bianco e la
parlantina facile, con i capelli tirati e impregnati di gel e la riga da una
parte (a sinistra); mi osserva un attimo, analizzandomi con i suoi occhialetti
tondi, squadrati, spessi.
«Lei non sta bene.»
«Eh?»
«Lei non sta bene…»
«Eh?»
«LEI-NON-STA-BENE!»
«No… sono tutto otturato! Non sento niente!», urlo.
«Sintomi?»
«Non ho capito…»
«SINTOMI!»
«Ah… ho un dolore forte che parte dal naso e arriva all’orecchio, e mi
fa pure male la bocca, mi tirano i denti. E anche la guancia. Cioè, mi tira la
guancia. Mi tira. La guancia dico. Non sa quanto mi t5ra.»
«T5ra?»
«Errore di battitura, mi scusi. Volevo dire “tira”».
«Lei ha un tubo ostruito. Dobbiamo operare!»
«Come?»
«O-PE-RA-RE! Le infileremo una sonda biomeccanica nell’orecchio e
asporteremo via tutto! Altrimenti il muco si impadronirà di lei!»
GRANDE PUFFO: Diventeremo schiavi del
muco!
JOHN LOCKE (quello di Lost): Moriremo
tutti!
I MICROBI (tutti insieme): Mu-co! Mu-co!
«È pericoloso?»
«Potrebbe perdere l’udito. E la vista. Se il dottore sbagliasse, Dio ce
ne scampi, rischia la paralisi totale.»
«Scusi?»
«LA PARALISI TOTALE!»
«Io non sento niente! Ma non voglio morire!»
«Mette in dubbio la mia parola?»
Il vento si alza improvviso nella
farmacia, i clienti di colpo si bloccano, l’aria si fa densa, come il burro ancora
da spalmare.
Stringo gli occhi. Il farmacista non mi avrà.
Il camice bianco si leva nell’aria.
Da dietro la capoccia dell’uomo i
diavoletti del raffreddore spuntano malvagi.
«Non ti fidare umano», mi dice Ganesh. «Lo controllano, vedi? Si sono
impadroniti di lui.»
«Ascolta il tuo amico immaginario, potrebbero anche essere alieni.
Potrebbero. Guarda la pelle del farmacista. È un Visitors! Scappa finché sei in
tempo. Fuggi!», urla Giacobbo.
Corro via, mentre tutti, con dita esperte, cominciano a strapparsi la
pelle dalle guance.
BATMAN: Osservate le pareti, sono
viscide…
GRANDE PUFFO: Mi puffa ammetterlo ma
dobbiamo far qualcosa. Non ho manco più voglia di bere.
SUPERSTELLINO DEGLI SNORKI: Cosa?
KARL MARX: L’unica speranza è distruggere
la Bolla.
MASTRO LINDO: Ma come?
I MICROBI (tutti insieme): Abbiamo noi
la soluzione! Vi aiuteremo…
IL CRICETO: In che modo?
I MICROBI (tutti insieme): Aspirate.
Aspirate la Bolla e tutto vi apparirà
finalmente chiaro.
IL CRICETO: Che dite, ci fidiamo?
OSHO RAJNEESH: Ciò che deve accadere
accadrà e tu hai una scelta: andarci insieme o andarci contro.
UNA MOSCA: Ma certo… fidiamoci, sono
adorabili…
Okay. Prima soffio, poi tiro su con il naso.
Tiro forte.
UNA MOSCA: Di più!
Ancora.
La Bolla
implode.
L’aspiro dall’interno, entra tutta nella
narice sinistra, una grande pippata di muco.
Ora è in me.
Vive.
Un
giorno prima
Non sento.
Il mio cervello è avvolto dal moccio.
Completamente.
La Bolla che
circondava il mio corpo è qui, dentro, e avvolge le pareti.
CAPITANO ACHAB: Le pareti della Stanza
dei Bottoni sono andate!
PETER PAN: Siamo perduti! È un mare in
tempesta quello che ci circonda!
GRANDE PUFFO: Superstellino…
Superstellino dove sei?
SIGNOR SPOCK: Alcuni non hanno
resistito, ma non si preoccupi. Superstellino ha il tubo.
UNA MOSCA: Guardate che onde… sono
altissime!
MASTRO LINDO: E fanno pure parecchio
schifo, così tutte gialle e viscose...
PETER PAN: Appiccicose.
KARL MARX: Dobbiamo metterci in salvo…
SERGENTE HARTMAN: Forza smidollati! Non
demordete! Capitano Achab, la barca è pronta?
CAPITANO ACHAB: Definirla barca mi
sembra un po’ azzardato sergente… ma sì, è pronta…
SERGENTE HATMAN: Veloci allora! Tutti a
bordo prima di morire affogati… di corsa palle di lardo!
KARL MARX: Il joypad, non scordate il
joypad!
Sono otturato. Vorrei avere uno sturacesso, metterlo nell’orecchio e
tirare.
«Così di te non rimarrebbe più niente. Un mio amico l’ha fatto e certo,
il moccio l’ha pure tirato via, ma assieme c’era pure il cervello e le ossa e
tutte schifezze che galleggiavano. Cioè, una roba assurda. Si è autosucchiato.
Invece tu te ne resti qui al letto a guardare i film muti. Tanto ti piacciono
no?»
«Ma Cristo Ganesh, guarda!», dico aprendo il fazzoletto pieno di
materiale giallo, alieno.
«Ohhh, cosa sono quelli?»
«E che ne so, vengono da dentro».
«Guarda… sembrano vivi, vedi come fanno ciao ciao con la manina?»
«Dici che mi devo preoccupare?»
«Ad avere forme di vita nella tua testa, estranee a te? Ma no! Sai
quanti parassiti ci sono che manco te ne accorgi? Va tutto bene Elia,
rilassati…»
«Forse sarebbe il caso di chiamare la dottoressa. È gratis».
«Mai fidarsi dei dottori! Chiedi a Simone piuttosto!»
Raccolgo la campana con cui chiamo il
coinquilino.
Dlin dlin
[per gli ignoranti, dlin dlin è il suono della campana]
Simone si presenta vestito da palombaro cyberpunk, ‘sta tuta gliel’ho
già vista addosso, mi domando dove la nasconda. Respira a fatica, poi prende il
cellulare e mi invia un messaggio: “D qui dntr nn pss parlare”, c’è scritto,
nel tipico linguaggio da SMS, “ke vuoi? Sn mlt impegnato. ☺”
«Aiutami… sto morendo. Chiamo la dottoressa?»
“La dtt? 6 mtt! T cr io!”
Poi va di là, torna cinque minuti dopo
con un bibitone rosso.
«Che è?»
“Sc d pmdr”.
Lo bevo, poi chiamo la dottoressa.
GRANDE PUFFO: Navighiamo a vista!
KARL MARX: Guardate laggiù, cos’è?
CAPITANO ACHAB: Sono i microbi, si sono
uniti tutti insieme… sembra… oh mio Dio, è una balena! Ci divorerà!
JOHN LOCKE (quello di Lost): Moriremo
tutti!
PIERO ANGELA: Presto presto!
SERGENTE HATMAN: Senza paura, incontro
alla morte!
UNA MOSCA: E’ troppo grande!
GRANDE PUFFO: Fai silenzio! È tutta colpa
tua! Adorabili i microbi eh? Guardali ora!
CAPITANO ACHAB: Come una tigre feroce
che smaniando nella giungla schiaccia i propri cuccioli, così il mare
scaraventa contro gli scogli persino le balene più possenti e lì le abbandona
fianco a fianco coi relitti frantumati delle navi.
GRANDE PUFFO: E quindi?
CAPITANO ACHAB: L’oceano senza padrone
invade il globo.
Oggi
Molti di voi, Lettori & Lettrici, conoscono la Macchina. Alcuni
sicuramente l’avranno usata da bambini, quando ancora c’erano papà e mamma a
pensare alla vostra incolumità, altri l’avranno scoperta più in là, nella
solitudine della camera da letto, al buio, ascoltando il suo lamento monotono e
ripetitivo.
Certo ricorderete la lentezza incredibile, lo scorrere del tempo che
pare infinito, le lancette dell’orologio, il lungo tik tak, eterno e assordante.
In molti, ne sono sicuro, avranno rinunciato alle sue cure, terrorizzati
dalla lentezza della Macchina.
I
più intraprendenti e i più malati avranno però ceduto, scegliendo così di
intraprendere il lungo viaggio nel tempo.
La Macchina può infatti portarvi più in là, avanti di dieci venti cento
anni. La Macchina può tutto, basta inserire i giusti ingredienti.
Si dice sia stata inventata da uno scienziato rapito dagli alieni
(sempre loro) e riportato sulla Terra solo per poter diffondere la Macchina. In
molti hanno provato a distruggerla e durante la Guerra Fredda si pensa sia
stata usata come mezzo di tortura dai servizi segreti americani. Chi ne parla
purtroppo non è mai più tornato.
Si dice anche che la Macchina possa far viaggiare nel tempo, ma solo in
avanti.
È bianca.
Negli anni è andata a rimpicciolirsi.
I casi di suicidio documentati sono
molti, il tempo infatti perde di senso una volta collegati e tanti uomini sono
impazziti.
Ma è l’unica soluzione.
La Morte mi scruta minacciosa proprio
accanto al letto.
KARL MARX: E la balena è sempre più grande.
Guardo la Macchina e il suo tubo trasparente, lungo come la coda di un
mostro futuristico.
Preparo gli ingredienti, studiando bene il flaconcino alla luce della
lampada elettrica.
Sono io, Signori & Signore, solo io. Il pazzo, il folle, l’uomo di
scienza, l’erudito, il chimico. Colui che può.
Non ho più paura.
Se così deve essere.
Così sia.
Sono pronto per il viaggio nel tempo.
Clenil (mezza fiala), Fluimucil (una
fiala), Narhinel (quindici gocce).
L’odore di zolfo si leva nell’aria, i diavoletti del raffreddore fanno
un passo indietro.
Mastico la gomma alla fragola, come mi
ha consigliato la dottoressa.
Muovo
il braccio.
Spingo il pulsante.
Fssssssssssssssssssssssssssssssssssssssssss,
geme la Macchina.
Un colpo, poi un altro.
GRANDE PUFFO: Guardate! Cosa succede?
KARL MARX: Sembra di stare alle terme…
CAPITANO ACHAB: La balena! Si sta
rimpicciolendo! I microbi cadono in mare!
UNA MOSCA: E anche il muco… guardate
come scende, come se fosse risucchiato da un vortice.
Il tempo.
Il tempo scorre attorno a me. Minuti, giorni, mesi, anni.
Attaccato alla Macchina osservo i miei
cari morire e le loro ossa farsi polvere. Immobile, seduto sul divano, l’intero
pianeta cambia fisionomia. Vedo le automobili mutare e le ruote scomparire.
Scopro nuove architetture, nuovi palazzi, tecnotorri più alte del cielo, zoo
popolati da animali robot, uomini fermi sempre più grassi, orti verticali,
mutanti, androidi e cyborg. Ancora, unito alla Macchina dal tubo di plastica,
scorgo un mondo incredibile. Poi vedo la fine del genere umano e rimango solo
in mezzo alla natura. In pochissimo tempo le piscine diventano stagni, le
radici degli alberi spuntano dal cemento e le zanzare prendono il sopravvento;
le centrali atomiche esplodono e la vita, così come la conosciamo, cessa.
Ancora più avanti, la Macchina lenta e il suo moto continuo, perpetuo; il
futuro mi appare radioso e nuovi esseri nascono, incredibili e bellissimi, il…
GRANDE PUFFO: Vabbè, mo basta. Elia si è
addormentato. ‘Sto cazzo di aerosol è lento che è una cosa incredibile. E il
muco mica se n’è andato tutto eh.
PIERO ANGELA: La dottoressa l’ha detto
però, è una sinusite bella forte, ci vorrà un mesetto per farla passare.
Bisogna armarsi di santa pazienza.
GRANDE PUFFO: Ma quanto dobbiamo tenerla
accesa la Macchina?
PIERO ANGELA: Lo sai, l’aerosol è
eterno, la storia dei viaggi temporali non è del tutto errata.
GRANDE PUFFO: Guarda là, il sergente
Hatman li sta fucilando tutti, uno ad uno, ‘sti microbi dimmerda. Forse però
dovremmo fermarlo, non siamo pacifisti noialtri?
UNA MOSCA: Dopo quello che hanno fatto?
Ci stavano distruggendo tutti! Dai un’occhiata, osserva la Kundalini svaccata
sul divano, è piena di muco…
GRANDE PUFFO: E mica si muove.
Incredibile.
MASTRO LINDO: Forza, bando alle ciance.
La Stanza dei Bottoni fa schifo. ‘Sta botta la puliamo tutti insieme, ecco le
scope.
BATMAN: Io sono già pronto!
SIGMUND FREUD: Nel frattempo però
facciamo svegliare l’adorato, ha il naso che gli sta andando a fuoco.
Mi sveglio, la Macchina ancora attiva, tolgo il tubicino dal naso, non ce
la faccio più, aerosol del cazzo. Poi mi alzo, alla ricerca del coinquilino.
Vago per casa. «Simone», chiamo. «Simone!»
Niente.
Camera sua è vuota.
In
vestaglia (da quando ho una vestaglia?) spalanco la porta dell’appartamento.
E
al posto del pianerottolo
un’immensa balena di microbi neri
governata dai diavoletti del raffreddore mangia i palazzi ormai distrutti dell’umanità
estinta.
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