Un
anno è passato da quando ho aperto ‘sto diario. Un racconto a settimana, ogni
settimana, (quasi) tutte le settimane. Alle volte, non lo nego, la pagina
bianca mi ha terrorizzato, altre volte invece le parole sono scese giù, come
una pioggia che ben presto si trasforma in acquazzone.
Alcuni racconti mi hanno fatto sorridere (mentre scrivevo dico, mi
veniva da ridere da solo), altri mi hanno fatto star male. Alle volte non sono
stato soddisfatto; sempre ho romanzato, ricavando una storia da episodi spesso
insulsi. E allora ho scoperto che niente è banale, che ogni attimo e ogni
respiro sono importanti. Quindi ho continuato, le dita che non volevano saperne
di fermarsi.
A
P
D
V
T
R
S
Premevo.
DITO: Ciao, sono Dito e pigio sui tasti
del computer fulmineo come la luce.
SUPERMAN: Manco io sono così veloce.
KARL MARX: E’ ‘na cosa di kryptonite,
‘scolta a me.
GANESH: Fatelo continuare il ragazzo, si
sta commuovendo… non vedete com’è serio?
MASTRO LINDO: Macché, ennesima crisi… ha
bevuto troppo ieri sera e non gli esce ‘na storia decente…
GRANDE PUFFO: E così scrive le robe
stucchevoli, da Bacio Perugina, tutto smielato e zuccheroso.
IL CRICETO: Shhh… vediamo dove vuole andare a parare…
Mi sono trovato spia del mio mondo, sbirciando tra le storie altrui e
scavando nei ricordi che credevo perduti.
Ho
scoperto di essere un pettegolo e di appassionarmi a tutte le vicende che mi
vengono narrate.
Tipo:
«Oh, lo sai che Pino s’è messo con quella, con la tipa là… com’è che si
chiama?»
«Rosa, era la donna mia un tempo…»
«E da quant’è che si frequentano?»
«Da quando l’ho invitato a casa mia, lo stronzo…»
Ho osservato e poi ho scritto. Cinque
ore passate a scervellarmi per trovare la parola giusta, quella che si abbina
bene con l’altra.
Sono belle le parole.
Ci servono.
Io le amo, tutte quante.
«Quasi tutte, tipo ‘sobrietà’
ti fa cagare», dice Ganesh.
Le parole formano i racconti. Di
racconti io mi nutro, da sempre.
Un anno è passato da quando ho iniziato a scrivere il mio blog.
KARL MARX: Che poi non è un blog
compagni, ad Elia gli stanno pure sul cazzo i blog. È un diario, ma mi sa che
l’ha già detto… mi sa.
Come quando ero bambino e gettavo frasi sulla pagina bianca del diario
segreto, descrivendo ogni piccolo fatto, qualunque avvenimento, comprese le ore
passate seduto a ruttare e a infilarmi le dita nel naso.
Mi è sempre piaciuto scrivere.
Ma il diario mi piace ancora di più.
Chi è Elia Mangiaboschi?
Io non lo so chi sono. Però con i
raccontini del martedì mi psicanalizzo tipo. Mi studio da fuori, come se quel
che scrivessi non mi riguardasse.
SIGMUND FREUD: E invece ti riguarda
ragazzo mio, eccome se ti riguarda. Un bisogno primordiale di accettazione, la
richiesta di essere riconosciuto dalla comunità internazionale.
PIERO ANGELA: Dalla scienza...
GIANNI MORANDI: E dal mondo della
musica.
Io scrivo e basta.
Chi è Elia Mangiaboschi?
Forse non lo conoscete, sicuro non
sapete che aspetto ha, però è lì, potrebbe essere accanto a voi in qualsiasi
momento, in ogni istante, sul sedile accanto nel vagone della metropolitana, al
bancone del bar sorseggiando il caffè, sotto cassa a ballare, al supermercato a
fare la spesa. È uno qualunque.
Forse vi siete scontrati l’altro ieri, in fila alle Poste.
Probabilmente l’avete visto sfrecciare sulla sua bicicletta,
sgattaiolando in mezzo al traffico.
Perché Elia la vita se la gioca così, come tutti.
Vabbè, faccio i ringraziamenti ché qua
sto iniziando a parlare in terza persona, e io odio chi parla di sé in terza
persona.
IL CRICETO: Nooo! I ringraziamenti no…!
Grazie quindi a voi, a chi il martedì,
seduto sulla tazza del cesso, legge il mio raccontino; a chi non ha il senso
dell’orientamento; a chi va al lavoro ogni giorno tutti i giorni, cinque euro
l’ora; a chi non lavora; a chi lavora poco; a chi lo odia il suo lavoro; a chi
lo ama. Grazie a quelli che, nonostante tutto, sanno ancora divertirsi,
cogliendo il lato bello delle cose; a chi ride a squarciagola il lunedì
mattina; a chi inforca gli occhiali e via, lungo le discese, pedalando a più
non posso; a chi non si arrende mai, anche se il nostro paese fa schifo,
diciamolo una volta per tutte, l’Italia è un paese dimmerda; a chi sbrocca al
proprio capo, sputandogli in un occhio mandandolo ‘affanculo rompendogli il
muso. Grazie ai giovani e ai vecchi (ma non ai vecchi rompipalle); alla
generazione nostra che c’ha trent’anni e tutti a dire siamo la generazione
perduta ma io rispondo anche no grazie; a chi rimane in Italia e organizza i
cortei contro ‘sto governo; a chi si infuria; a chi ha un gatto o anche due; a
chi legge e a chi non legge; a chi adora il cinema; a chi insegna; a chi
viaggia e poi torna per raccontare il suo viaggio. Grazie a chi ha attaccato
gli adesivi miei dall’altra parte del mondo. Grazie ad Anita e ai suoi occhi; a
Simone, il coinquilino mio, che m’ha sopportato per tutto ‘sto tempo. Grazie a
chi ha corretto tutti, ma proprio tutti, i miei raccontini; a chi li ha letti
ad alta voce con me davanti, solo per il gusto di sentire l’intonazione. Grazie
quando ti si è spezzata, la voce dico. Grazie ad alcuni in particolare, che
adesso non mi metto ad elencare perché non ne ho voglia, casomai manco ci siamo
conosciuti dal vivo e però è come se fossimo amici, ché c’abbiamo la scrittura
come passione comune. Grazie a chi non c’è più, io vi penso spesso, non sempre
ma spesso, e prima o poi scriverò anche di voi. Grazie a Lola e ad Anda. Grazie
alla famiglia mia, mi avete insegnato a sognare e a non perdere mai la
speranza, pure nei momenti difficili, affrontare tutto a testa alta a costo di
sembrare infantili agli occhi dei più. Grazie a quelli che dentro so’ ancora
ragazzini, ché non c’hanno voglia di abbrutirsi e diventare grigi grigi grigi,
a voi, uomini grigi, non vi tollero proprio e manco vi ringrazio. Grazie ai
folli, ai fattoni, a voi che state leggendo, ai compagni, agli ubriaconi, agli
idealisti, alle pecore nere, ai somari, a chi acchitta spazi nei quartieri di
periferia, ad alcuni cittadini di Majana, ai sognatori, agli illusi, ai
fumatori, agli utopisti, ai lettori compulsivi, ai visionari, ai rivoluzionari.
Io sono voi, voi siete me.
Infine, grazie agli abitanti della testa mia, al buon Ganesh e al
simpatico Criceto, senza di voi oggi non starei qui a scrivere ‘ste quattro
stronzate. Nonostante tutto, vi voglio bene.
Ci vediamo martedì prossimo, come sempre.
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